Cosa chiede effettivamente il primo quesito del referendum sul Lavoro 2025 e le reali conseguenze della vittoria del sì o del no
Il primo quesito del Referendum sul Lavoro 2025, per cui si vota domenica 8 e lunedì 9 giugno, riportato sulla scheda verde, propone di abrogare uno dei decreti legislativi del Jobs Act, la riforma sul lavoro promossa nel 2015 da Matteo Renzi, che riguarda le tutele per i lavoratori in caso di licenziamento.
L'obiettivo è ripristinare la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro, in tutti i casi di licenziamento illegittimo. Vediamo cosa significa nel dettaglio.
La differenza vale per chi ha iniziato a lavorare prima o dopo il 7 marzo 2025: oggi esistono, infatti, disparità di trattamento tra i lavoratori assunti prima e dopo tale in caso di licenziamento illegittimo.
Stando a quanto previsto dall’attuale normativa, infatti, gli assunti prima di questa data possono essere reintegrati a lavoro nei casi di licenziamenti ingiustificati ma chi è stato assunto dopo può ottenere solo un indennizzo e non il reintegro a lavoro.
Se dovesse vincere il no al voto del prossimo week end nulla cambierebbe rispetto ad oggi ma una eventuale vittoria del sì, precisiamo, non riporterebbe le cose a come erano disciplinate dallo Statuto dei lavoratori del 1970, ma a come previsto nel 2012 dal governo di Mario Monti.
Più precisamente, lo Statuto dei lavoratori prevedeva che, quando un giudice riteneva illegittimo il licenziamento di un lavoratore da un’azienda con oltre 15 dipendenti, il datore di lavoro era costretto a riassumerlo e a riconoscergli un indennizzo.
Se, invece, l’azienda aveva meno di 15 dipendenti, il lavoratore licenziato in modo illegittimo doveva essere o riassunto o risarcito con un indennizzo tra 2,5 e 14 mensilità calcolate sull’ultima retribuzione ricevuta.
Nel 2012 la Legge Fornero ha stabilito, però, che solo nei casi più gravi scatta l’obbligo del reintegro da parte del datore di lavoro, per le imprese con più di 15 dipendenti, mentre negli altri casi il lavoratore ha diritto ad un risarcimento da calcolare in base a vari parametri, ma che può variare tra le 12 e le 24 mensilità.
Se dunque vincesse il sì al Referendum, tornerebbe ad aumentare il numero dei casi in cui i lavoratori licenziati possono ottenere il reintegro, estendendo tale diritto anche ai lavoratori coinvolti nei licenziamenti collettivi, e sarebbero abolite norme vigenti che hanno eliminato per le lavoratrici e i lavoratori con più di 15 dipendenti, assunti dopo il 7 marzo 2015, la possibilità di essere reintegrati a lavoro nei casi di licenziamento illegittimo, senza cioè un valido motivo.