Cosa chiedere realmente il terzo quesito del referendum sul Lavoro 2025 su contratti a termine e causali e quali sarebbero gli effetti di una vittoria del sì o del no
Si vota domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15 sui quattro referendum abrogativi sul Lavoro, che chiedono ai cittadini se sono favorevoli a eliminare una legge o una parte di esse. C’è anche un quinto quesito su cui si deve votare e che riguarda la cittadinanza italiana, con la modifica dei requisiti di residenza necessari da avere per richiederla.
Si punta a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza in Italia per poter chiedere la cittadinanza, unitamente sempre ai requisiti già richiesti per legge.
Sono ammessi al voto per i referendum tutti i cittadini italiani che abbiano compiuto 18 anni e risultino iscritti alle liste elettorali italiane. Gli aventi diritto dovranno recarsi ai seggi muniti di tessera elettorale e documento di identità in corso di validità. Ci occupiamo di seguito di analizzare il terzo quesito del referendum e le conseguenze del voto.
In particolare, il primo quesito chiede di abrogare un punto del Jobs Act che riguarda i licenziamenti, con l’obiettivo di cancellare le disparità di trattamento tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015 in caso di licenziamento illegittimo. Se oggi chi viene assunto prima di tale data può essere reintegrato, chi è stato assunto successivamente a tale data non ha diritto al reintegro sul posto di lavoro ma solo ad avere un indennizzo.
Il secondo quesito riguarda i risarcimenti senza limiti nelle piccole imprese, con l’obiettivo di eliminare il tetto massimo del risarcimento per i licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti, fissato attualmente a 6 mensilità di stipendio, e di dare al giudice di competenza la facoltà di determinare l'importo senza limiti predefiniti.
Il terzo quesito chiede l'abrogazione delle norme sui contratti di lavoro a tempo determinato sulla durata massima e sule condizioni per proroghe e rinnovi con la reintroduzione delle causali.
Il quarto quesito riguarda, infine, la responsabilità solidale negli appalti e chiede l'abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell'appaltatore e del subappaltatore nei casi di infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
Il terzo quesito del referendum sul lavoro (Scheda 3 grigia), riguarda, come accennato, i contratti a termine e le relative causali, la cui indicazione è generalmente importante perché permette al lavoratore di contestare la validità del contratto e chiedere al giudice di convertirlo in un contratto a tempo indeterminato se proprio la causale non è valida.
Il referendum chiede ‘l’abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi’: chi ha indetto il voto chiede che, quando la durata del rapporto di lavoro risulta pari o inferiore ai dodici mesi, sia obbligatorio per i datori di lavoro indicare nel contratto il motivo della proroga, oggi non richiesta.
Il voto punta a limitare il ricorso ai contratti a termine rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato, incitando sempre a riportare una motivazione tra quelle valide secondo la legge e i contratti collettivi nazionali per i contratti a termine.
Attualmente, i datori di lavoro possono stipulare contratti a tempo determinato, prorogarli o rinnovarli fino a dodici mesi senza alcuna causale giustificativa, che viene richiesta solo se i contratti superano i dodici mesi e fino al limite massimo di durata di ventiquattro mesi.
Una vittoria del no, non implicherebbe alcuna modifica rispetto a quanto attualmente previsto, per cui si continuerebbero a stipulare contratti a termine senza obbligo di causali.
La situazione cambierebbe con la vittoria del sì: in questo caso, infatti, per assumere un lavoratore con un contratto a termine bisognerà (di nuovo) sempre indicare una motivazione e questo rinnovato meccanismo potrebbe limitare il ricorso ai contratti a termine e, quindi, la precarietà lavorativa.
Tuttavia, la vittoria del sì tanto da un lato avrebbe un effetto positivo di lotta alla precarietà quanto dall’altro potrebbe avere un effetto negativo sulle assunzioni, considerando che le prime, soprattutto per i più giovani, passano sempre da almeno uno o anche più contratti a termine.