Il pericolo non arriva solo dalle aggregazioni societarie. A rendere più fragile la posizione di migliaia di bancari è l'avanzare della digitalizzazione dei servizi finanziari.
Mentre i profitti delle banche volano a livelli record, con ricavi che nel 2024 hanno superato i 64 miliardi di euro per i primi dieci gruppi del Paese, sul fronte del lavoro si prefigurano scenari critici. Le operazioni di fusione e acquisizione in corso, in particolare quelle che coinvolgono colossi come UniCredit, Banco BPM, Mediobanca, Monte dei Paschi di Siena, BPER e Popolare di Sondrio, hanno conseguenze su oltre 100.000 dipendenti, secondo le stime della Federazione autonoma bancari italiani.
A preoccupare sindacati e associazioni di categoria è la concentrazione del mercato, che oltre a ridurre la concorrenza rischia di tradursi in una riduzione degli sportelli fisici e conseguenti esuberi. Tra il 2019 e il 2024, il settore è passato da 22 a 18 gruppi bancari e ha perso 20.000 lavoratori. La nuova ondata di fusioni potrebbe minare la stabilità occupazionale in un settore colpito da profonde riorganizzazioni negli ultimi anni. Vediamo i dettagli:
Il rischio è che le fusioni servano anche da occasione per accelerare questa trasformazione, con la compressione dei costi del lavoro attraverso prepensionamenti incentivati, riduzioni del personale e riorganizzazioni silenziose, spesso lontane dai riflettori dell'opinione pubblica.
Secondo quanto emerso durante l'ultimo convegno Fabi servirebbe un quadro normativo che imponga clausole sociali obbligatorie affinché ogni operazione di fusione preveda garanzie per chi lavora.
La geografia bancaria italiana è attraversata da almeno cinque operazioni che ridisegnano l'assetto del credito nel Paese. La più importante è l'offerta pubblica di scambio di UniCredit su Banco BPM, su cui pende il giudizio del governo attraverso lo strumento del Golden Power. Un altro asse strategico è quello tra BPER e Popolare di Sondrio, mentre sul fronte del risparmio gestito si sta profilando la fusione tra Banco BPM e Anima Holding. Infine, anche Mediobanca e MPS possono presto trovarsi nella stessa orbita.
Queste operazioni coinvolgono decine di migliaia di lavoratori, molti dei quali con contratti a tempo determinato, part-time o prossimi alla pensione. Le modalità di riorganizzazione fanno leva su prepensionamenti volontari e uscite incentivati, presentati come soluzioni indolori ma che, nella sostanza, riducono le tutele e il potere contrattuale dei lavoratori. La centralizzazione delle sedi operative può infine costringere molti a trasferimenti forzati o a scegliere tra famiglia e lavoro, con costi personali invisibili ma pesanti.