Coloro che si recano per un'urgenza o un malessere improvviso si trovano spesso a dover fare i conti con tempi di attesa che possono superare le otto o dodici ore, generando frustrazione ed ansia. “Dopo la registrazione mi è stato assegnato un codice verde. Ho atteso quasi quattro ore, mentre altre persone arrivate dopo di me sono entrate prima”, racconta una delle testimonianze più comuni. Questo scenario, tuttavia, non è il risultato di una mancanza di attenzione agli utenti, ma dipende da complesse dinamiche organizzative e mediche che regolano l'accesso alle cure d'emergenza.
In Italia si registra una vera e propria emergenza attesa, accentuata nelle aree metropolitane e nei periodi di picco influenzale quando la pressione sulle strutture diventa insostenibile. La situazione impone una riflessione anche alla luce delle disuguaglianze territoriali e dei dati ufficiali che parlano di milioni di accessi annuali e percentuali crescenti di casi non urgenti.
Come funziona il triage: criteri di priorità e codici di accesso
La gestione dell'afflusso al Pronto Soccorso avviene secondo un sistema di priorità clinica denominato triage, fondamentale per garantire la sicurezza e la tempestività d'intervento per i casi più gravi. Al momento dell'ingresso, ciascun paziente viene valutato da un infermiere appositamente formato: il triage serve a determinare l'urgenza delle condizioni e non il semplice ordine di arrivo:
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Codice Rosso: Emergenza assoluta, accesso immediato poiché la vita è a rischio.
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Codice Arancione: Urgenza potenzialmente evolutiva, rischio di peggioramento rapido.
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Codice Giallo: Urgenza differibile; situazione seria ma stabile.
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Codice Verde: Non urgente; attesa potenzialmente lunga.
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Codice Bianco: Condizione lieve e non urgente.
È dunque normale che
pazienti arrivati dopo altri possano essere visitati prima se la loro condizione lo richiede. Questo criterio di priorità è riconosciuto sia dalla normativa sanitaria nazionale che dalle linee guida internazionali, tutelando la salute pubblica. È previsto che, qualora le condizioni del paziente peggiorino in sala d'attesa, lo stesso abbia diritto a una
rivalutazione del triage. Questo meccanismo consente di intervenire tempestivamente qualora una situazione inizialmente considerata secondaria diventi più seria.
Il personale di accettazione è tenuto a fornire informazioni chiare e comprensibili sui motivi che hanno determinato il codice assegnato, sullo stato di afflusso e sulle stime dei tempi di attesa. Il rispetto di queste procedure è garantito anche da normative come il decreto legislativo 124/1998 e dai regolamenti regionali che tutelano il diritto dei cittadini alla trasparenza e alla sicurezza in percorsi di emergenza.
I motivi delle lunghe attese: sovraffollamento e organizzazione
I fattori che causano attese prolungate sono molteplici e frutto di una struttura ospedaliera spesso sotto pressione. Il sovraffollamento dei Pronto Soccorso è una delle cause principali e deriva da diversi elementi:
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Accessi non urgenti: Circa il 73% delle visite sono per condizioni con bassa priorità, quali codici verdi e bianchi, come emerso dai dati Agenas. Questo utilizzo improprio intasa le risorse pensate per l'emergenza reale.
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Carico assistenziale elevatissimo: Esempio emblematico è il caso di Pescara, con una media di 300 accessi giornalieri in Pronto Soccorso, rendendolo uno dei poli più trafficati del Paese.
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Mancanza di personale: A livello nazionale si stima la carenza di 4.500 medici e 10.000 infermieri, con una situazione aggravata dopo la pandemia.
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Riduzione dei posti letto: La chiusura di reparti o la carenza di strutture dedicate alla degenza prolungata impediscono un'efficace dimissione e ricovero, costringendo i pazienti a rimanere più a lungo nella sala emergenze.
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Inefficienza nei servizi territoriali: Dove il medico di base, la guardia medica o i servizi ambulatoriali sono carenti, aumenta l'afflusso di casi non urgenti nei reparti d'emergenza.
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Disuguaglianze regionali: Le differenze territoriali segnano profondamente la gestione delle attese: alcune regioni rispettano i livelli essenziali di assistenza (LEA), altre no.
Il
sistema ospedaliero italiano si trova così ad operare in una situazione di stress sistemico, dove una crescente domanda di prestazioni non urgenti genera ritardi anche per chi ha realmente bisogno di cure tempestive. L'ampliamento dei posti letto, come sperimentato in alcune regioni, contribuisce a decongestionare i reparti, ma la soluzione passa anche da una
maggiore integrazione con la medicina territoriale e un efficiente utilizzo delle risorse umane e tecnologiche.
Tempi medi di attesa nei Pronto Soccorso italiani: dati e differenze
Secondo l'ultimo report Agenas relativo al 2023, nei Pronto Soccorso italiani si registrano mediamente attese superiori alle 8 ore per una quota di pazienti, soprattutto in alcune strutture delle grandi città e nel Mezzogiorno. I dati mostrano una realtà frammentata, con poli che offrono percorsi rapidi ed efficienti e altri invece soggetti a ritardi strutturali:
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Ospedale
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% pazienti con attesa >8h
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Policlinico Tor Vergata, Roma
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25%
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Policlinico Giaccone, Palermo
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21,9%
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Cardarelli, Napoli
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20,4%
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Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello, Palermo
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20,7%
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Ospedale S. Carlo, Potenza
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5,8%
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Ospedale di Perugia
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5,5%
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In alcune regioni del Nord, come Lombardia e Umbria, i tempi risultano più contenuti, con percentuali sotto il 6% di pazienti con attese superiori alle 8 ore. Nel Sud e nelle metropoli, invece, la situazione peggiora sensibilmente, coinvolgendo anche la qualità delle cure e l'esperienza dei pazienti. È importante sottolineare che, nonostante qualche recente miglioramento grazie all'apertura di nuovi posti letto e a piani aziendali di razionalizzazione, nelle regioni meno efficienti i fattori che pesano sono carenza di personale, inefficienza organizzativa e sovraffollamento cronico.
A livello nazionale i dati raccontano anche una realtà di abbandoni volontari: fino al 25% nelle strutture più in crisi, soprattutto quando il tempo di attesa diventa insostenibile.
Quando l'attesa supera le 8 ore: conseguenze, rischi e abbandoni
Attendere oltre 8 ore nelle sale d'aspetto non rappresenta solo un disagio logistico, ma comporta rischi rilevanti per la salute e per la tenuta del sistema. Le indagini recenti di Agenas sottolineano conseguenze ben precise:
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Aumento del rischio clinico: La permanenza prolungata in Pronto Soccorso, specie per chi necessita di un ricovero, può aumentare la probabilità di complicanze e ritardare interventi urgenti.
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Perdita della fiducia nel servizio pubblico: Tempi troppo lunghi generano senso di abbandono nei cittadini e sfiducia nell'intero sistema sanitario nazionale.
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Abbandoni volontari: Le percentuali raggiungono il 24,7% in alcune strutture, con pazienti che lasciano il percorso di cura prima della visita o dell'osservazione.
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Disuguaglianze territoriali: Nelle regioni con servizi territoriali fragili, l'accesso inappropriato d'emergenza e i conseguenti abbandoni segnano la distanza tra i bisogni di salute e le reali possibilità di risposta.
L'indice di abbandono non rappresenta solo un problema individuale, ma un
fallimento di sistema che colpisce tutta la collettività. La situazione più critica si osserva soprattutto nelle aree metropolitane del Sud, dove sono carenti alternative territoriali per gestire bisogni non urgenti, accentuando la sproporzione tra domanda e capacità di risposta del Pronto Soccorso.
Cosa aspettarsi durante l'attesa: assistenza, diagnosi e rivalutazione
Il tempo trascorso in Pronto Soccorso non è solo attesa passiva. Nei DEA più avanzati (Dipartimenti di Emergenza-Urgenza) ogni fase della permanenza viene utilizzata per attività di diagnosi, monitoraggio e presa in carico. Le principali azioni svolte durante la permanenza comprendono:
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Monitoraggio continuo dei pazienti: Chi attende viene sottoposto a controlli periodici, con possibilità di accesso a procedure di rivalutazione del triage se le condizioni variano.
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Indagini diagnostiche: In caso di necessità si eseguono esami bioumorali, radiografie o ulteriori accertamenti.
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Inizio di terapie adeguate: Se la gravità lo impone, viene avviato il trattamento anche in fase di osservazione, senza aspettare il ricovero vero e proprio.
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Supporto e informazioni: Il personale ha l'obbligo di informare i pazienti su tempi, modalità, evoluzione della situazione e diritto alla rivalutazione.
La gestione dell'attesa, se ben organizzata, può rappresentare
un percorso di cura strutturato che consente sia la sicurezza del paziente sia la migliore allocazione dei posti letto, soprattutto in caso di patologie tempo-dipendenti come infarto o ictus. Le procedure operative garantiscono anche che la trasparenza sulle informazioni venga mantenuta in ogni fase del percorso.