Il licenziamento per giusta causa può essere disposto quando si verifica un fatto così grave da rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro
Anche se il comportamento di un dipendente fuori dall'orario lavorativo è considerato una questione personale, ci sono circostanze in cui certe azioni possono avere conseguenze dirette sul rapporto di lavoro, fino a giustificare il licenziamento per giusta causa. In Italia, la normativa e la giurisprudenza hanno chiarito i confini entro cui la condotta extraprofessionale può incidere il contratto di lavoro.
Le aziende, soprattutto quelle con un elevato profilo pubblico o con ruoli di responsabilità, hanno interesse a tutelare la propria immagine e a garantire che il rapporto fiduciario con i dipendenti rimanga intatto. In questo contesto, alcune condotte extralavorative sono un rischio, portando a provvedimenti disciplinari fino al licenziamento immediato:
Per giustificare un licenziamento, il comportamento deve avere ripercussioni dirette sull'azienda, danneggiandone l'immagine, violando norme contrattuali o minando la fiducia tra datore di lavoro e dipendente. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in determinati casi, il comportamento extralavorativo può influire sul rapporto contrattuale, soprattutto quando le azioni di un dipendente risultano incompatibili con il ruolo ricoperto o creano un pregiudizio per l'azienda.
Un caso emblematico riguarda un lavoratore che, al di fuori dell'orario lavorativo, ha pubblicato sui social media contenuti offensivi nei confronti della propria azienda. La Corte ha confermato la legittimità del licenziamento e considerato il comportamento lesivo dell'immagine aziendale e incompatibile con il rapporto di lavoro.
Un altro esempio è il coinvolgimento in attività criminali. Anche se commesso al di fuori dell'orario di lavoro, un reato può avere conseguenze dirette sul contratto. Se un dipendente viene arrestato per un crimine grave, soprattutto se legato a frodi, violenze o reati finanziari, l'azienda può revocare immediatamente il contratto per perdita di fiducia.
L'utilizzo dei social network ha introdotto nuove problematiche nel rapporto tra dipendenti e aziende. L'opinione pubblica può influenzare la reputazione di un marchio, e i datori di lavoro hanno iniziato a prestare particolare attenzione a ciò che i loro dipendenti pubblicano online.
La giurisprudenza ha più volte affermato che offendere il proprio datore di lavoro su Facebook, Twitter o Instagram può giustificare il licenziamento per giusta causa. Le frasi diffamatorie, i post polemici o i commenti che screditano l'azienda possono essere considerati come una violazione del dovere di fedeltà, sancito dall'articolo 2105 del Codice Civile.
Un caso recente ha visto il licenziamento di un lavoratore che aveva condiviso insulti contro la dirigenza su un gruppo WhatsApp aziendale. La Corte di Cassazione ha confermato che il licenziamento era legittimo, poiché il comportamento era tale da compromettere il rapporto fiduciario.
Un altro esempio riguarda la pubblicazione di contenuti razzisti, sessisti o violenti da parte di un dipendente. Se i contenuti diventano virali e vengono associati all'azienda, il datore di lavoro può decidere di interrompere il rapporto per evitare danni reputazionali. Q
Anche partecipare a eventi pubblici controversi può portare a conseguenze sul lavoro. In alcuni casi, dipendenti fotografati durante manifestazioni estremiste o coinvolti in episodi di violenza sono stati licenziati perché il loro comportamento risultava incompatibile con i valori aziendali.
La giurisprudenza ha analizzato diversi casi in cui la condotta extralavorativa ha giustificato il licenziamento. Tra le sentenze che hanno creato precedenti, alcune hanno chiarito i limiti entro cui un'azienda può intervenire.
Un lavoratore è stato licenziato dopo essere stato sorpreso a svolgere un secondo lavoro in concorrenza con il proprio datore di lavoro. Anche se l'attività era svolta al di fuori dell'orario lavorativo, la Corte di Cassazione ha ritenuto che tale comportamento costituisse una violazione del patto di fedeltà.
Un altro caso ha visto il licenziamento di un dipendente per abuso di alcol e droga al di fuori dell'ambiente lavorativo. La decisione dell'azienda è stata ritenuta legittima in quanto il lavoratore svolgeva mansioni che richiedevano massima lucidità e attenzione alla sicurezza, come la guida di mezzi aziendali.
Anche comportamenti considerati immorali o eticamente discutibili possono portare a provvedimenti disciplinari. Un dipendente di una banca è stato licenziato dopo essere stato coinvolto in un'indagine per riciclaggio di denaro, anche se i reati non erano collegati alla sua attività lavorativa. Il giudice ha confermato che l'integrità morale era un requisito fondamentale per il ruolo ricoperto.