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Quando l'azienda può licenziare o no per inidoneità al lavoro per gravi malattie, infortuni o disabilità sopravvenuta

di Marcello Tansini pubblicato il
Malattie, infortuni o disabilità sopravv

In ambito aziendale, l'inidoneità al lavoro per malattie, infortuni o disabilità pone interrogativi giuridici e organizzativi: dalla differenza tra malattia e invalidità ai doveri del datore di lavoro, fino ai criteri per il licenziamento.

L'inidoneità lavorativa è una delle tematiche più rilevanti nel diritto del lavoro, poiché coinvolge sia il diritto del dipendente alla tutela della salute sia l'interesse dell'azienda alla salvaguardia della propria organizzazione produttiva. Il riconoscimento di una condizione che impedisce, in tutto o in parte, lo svolgimento delle mansioni attribuite può determinare scenari complessi dal punto di vista giuridico e gestionale.

In questi casi risulta centrale valutare se il datore di lavoro abbia adottato tutte le possibili soluzioni, incluse quelle previste dalla normativa per la tutela dei dipendenti affetti da sopravvenute disabilità o patologie che limitano la capacità lavorativa. La corretta gestione delle procedure relative all'inidoneità, anche ai fini del licenziamento, richiede un'attenta applicazione degli obblighi previsti dal legislatore nazionale e sovranazionale.

Malattia, infortuni, disabilità sopravvenuta: differenze tra malattia, inidoneità e invalidità ai fini del rapporto di lavoro

I concetti di malattia, infortunio, inidoneità e invalidità si presentano come distinzioni essenziali nel diritto del lavoro italiano. La malattia, di carattere temporaneo, determina una momentanea incapacità allo svolgimento della prestazione lavorativa e comporta il diritto del lavoratore alla conservazione del posto durante il cosiddetto “periodo di comporto”, la cui durata è definita dai contratti collettivi nazionali (CCNL). L'infortunio, spesso assimilato alla malattia sotto il profilo degli effetti giuridici, si differenzia per la natura accidentale dell'evento e le coperture assicurative (INAIL) previste per tutelare il lavoratore.

La disabilità sopravvenuta viene riconosciuta invece quando una condizione fisica o psichica permanente, sopraggiunta durante il rapporto di lavoro, limita significativamente le capacità lavorative e può dar luogo alla necessità di adottare adeguati accomodamenti per garantire la parità di trattamento della persona disabile. Ne deriva il concetto di inidoneità alle mansioni: il lavoratore è giudicato, da parte medica, incapace di svolgere determinate attività per un periodo indeterminato oppure permanentemente, anche dopo eventuale guarigione clinica dalla patologia che aveva causato la malattia iniziale.

L'invalidità, distinta dall'inidoneità, è strettamente legata a un criterio medico-legale sulla base del quale il lavoratore acquisisce il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali. Al contrario, il riconoscimento di inabilità alle mansioni riguarda la situazione del dipendente rispetto alle attività richieste in un dato ambiente produttivo. La disamina delle difformità tra questi status giuridici è fondamentale sia per la tutela dei diritti del dipendente, sia per l'individuazione degli obblighi e delle responsabilità in capo al datore di lavoro.

Il procedimento di accertamento dell'inidoneità e le responsabilità del datore di lavoro

L'accertamento dello stato di inidoneità compete principalmente al medico competente, nominato dall'azienda secondo la normativa in materia di sicurezza (D. Lgs. 81/2008). Il giudizio, che può essere richiesto sia dal lavoratore sia dal datore di lavoro, si basa su valutazioni cliniche e sulle concrete mansioni previste dal contratto. L'esito delle visite mediche può risultare in differenti tipologie di giudizio: idoneità piena, idoneità parziale (permanente o temporanea), inidoneità temporanea o inidoneità permanente alla mansione specifica.

Il datore di lavoro, una volta ricevuto un giudizio di inidoneità, è tenuto ad adottare tempestive misure atte a tutelare la salute del lavoratore, ricollocandolo, laddove possibile, in mansioni compatibili con il nuovo stato fisico o riducendo i rischi tramite modifiche organizzative. La responsabilità datoriale si configura sia sul piano della sicurezza che su quello disciplinare, qualora non venga rispettato l'obbligo di protezione e prevenzione previsto dalla legge.

Anche la sospensione cautelare del dipendente può essere disposta, in determinati casi, in attesa della definizione degli accertamenti sanitari. In presenza di giudizi contrastanti o in caso di contestazione da parte del lavoratore, è possibile il ricorso alle Commissioni mediche territoriali, la cui decisione può essere oggetto di ulteriore contestazione giudiziale.

Obblighi del datore di lavoro: accomodamenti ragionevoli prima del licenziamento

Per i lavoratori che si trovano in una condizione di disabilità ai sensi del D.lgs. 216/2003 e della Direttiva 2000/78/CE, il datore di lavoro non può procedere al recesso senza avere prima esplorato le possibili soluzioni di adattamento organizzativo, noti come “accomodamenti ragionevoli”. Questi consistono in ogni modifica o aggiustamento dell'ambiente di lavoro e delle modalità organizzative, che sia appropriato ed efficace per permettere al dipendente di svolgere la prestazione lavorativa, su base di uguaglianza con gli altri lavoratori. L'adozione di tali accomodamenti costituisce un preciso obbligo di legge e riveste una specifica importanza nella valutazione della legittimità di un eventuale licenziamento.

Formazione e ricollocamento del lavoratore disabile: limiti e condizioni

In presenza di una situazione di sopravvenuta disabilità, il datore di lavoro ha il dovere di indagare ogni possibilità di ricollocamento del dipendente, considerando anche l'assegnazione a mansioni alternative o inferiori e la relativa formazione necessaria. Particolare rilevanza assume la sentenza del Tribunale di Bari (R.G. 12488/2023), che ha riconosciuto come parte integrante dell'accomodamento ragionevole l'attività formativa mirata a consentire al lavoratore disabile l'accesso a nuove posizioni lavorative nel contesto aziendale:

  • Valutazione della compatibilità delle mansioni residue con il limite sanitario accertato;
  • Predisposizione di un percorso di formazione personalizzata per avviare il lavoratore alla nuova attività, se necessaria;
  • Documentazione di tutte le misure adottate a favore della continuità occupazionale del dipendente;
  • Proposta scritta di ricollocazione, tenendo conto delle competenze residue e delle esigenze organizzative.
Solo dopo aver esplorato tali possibilità e fornito adeguata formazione il datore di lavoro potrà sostenere la legittimità del recesso, qualora l'impossibilità di inserimento rimanga oggettiva e dimostrabile.

Accomodamenti ragionevoli e limiti organizzativi ed economici

L'obbligo di adottare accomodamenti trova un confine nella valutazione della “ragionevolezza” in relazione alle dimensioni e alle risorse aziendali. Gli aggiustamenti richiesti al datore di lavoro non devono comportare un onere organizzativo o economico eccessivo né incidere in misura sproporzionata sull'attività produttiva o sui diritti degli altri lavoratori. La giurisprudenza ha specificato che il rifiuto di soluzioni che richiederebbero grandi cambiamenti strutturali o spese non sostenibili è giustificato se debitamente provato. Tuttavia, il datore di lavoro resta onerato della prova di avere compiuto tutti gli sforzi possibili e sostenibili per mantenere il rapporto di lavoro:

  • Modifiche fisiche agli ambienti o strumenti di lavoro (ove praticabile);
  • Flessibilità sugli orari o la turnazione;
  • Riorganizzazione razionale delle mansioni tra più dipendenti;
  • Ricorso a part-time o smart working per facilitare la compatibilità tra salute e attività lavorativa.
Se tali misure si rivelassero manifestamente sproporzionate rispetto alle capacità dell'azienda, il licenziamento può essere ritenuto legittimo esclusivamente a fronte di una motivata e documentata impossibilità di applicare ulteriori accomodamenti.

Il periodo di comporto e la tutela del posto di lavoro in caso di assenza prolungata

Il periodo di comporto rappresenta una delle principali garanzie per il lavoratore in presenza di assenze giustificate per malattia o infortunio. Durante questo arco temporale, regolato dai CCNL, il dipendente mantiene il diritto alla conservazione del posto senza rischio di licenziamento. Tuttavia, una volta raggiunto il limite massimo di giorni previsto, diviene possibile per l'azienda valutare il recesso motivato da impossibilità di ricevere la prestazione lavorativa.

Nell'ambito dei casi riguardanti la disabilità sopravvenuta, si pone il tema dell'eventuale disparità di trattamento qualora il periodo di comporto sia applicato senza distinzione tra lavoratori disabili e non disabili. Secondo vari orientamenti di giurisprudenza, affinché le assenze legate a condizioni di disabilità non vengano computate nel periodo di comporto, il lavoratore ha l'onere di dimostrare la correlazione diretta tra la patologia e lo stato di disabilità. L'esclusione dal conteggio rappresenta una forma di accomodamento ragionevole che l'azienda deve valutare caso per caso, evitando il rischio di discriminazione indiretta.

Prove e onere della prova nei giudizi di licenziamento per inidoneità e disabilità

Nei contenziosi aventi a oggetto il licenziamento per sopravvenuta inidoneità o per disabilità, la ripartizione dell'onere probatorio è di massima rilevanza. In particolare, spetta al datore di lavoro dimostrare di avere tentato, con diligenza ed entro limiti di ragionevolezza, tutti gli accomodamenti praticabili per evitare il recesso. Parallelamente, il lavoratore deve allegare e provare specificamente la sussistenza di una connessione immediata tra la disabilità, le eventuali assenze e le misure di tutela richieste:

Onere del datore di lavoro

Onere del lavoratore

Ricerca e prova degli accomodamenti

Prova della connessione tra assenze, disabilità e trattamento sfavorevole

Motivazione documentata del licenziamento

Produzione di idonea certificazione medica

Solo il raggiungimento di un elevato livello di documentazione e chiarezza nelle rispettive allegazioni consente una valutazione corretta nei giudizi aventi ad oggetto la materia del cosiddetto "licenziamento per disabilità lavoratore idoneo" o per inidoneità sopravvenuta.