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Quando scatta l'abuso dei contratti interinali e l'azienda è obbligata all'assunzione a tempo indeterminato

di Marianna Quatraro pubblicato il
Assunzione a tempo indeterminato

I contratti interinali sono strumenti per la flessibilità del lavoro, ma il loro abuso può portare all'obbligo di assunzione stabile per l'azienda. Normativa, limiti, sentenze e tutele.

Nell'attuale mercato del lavoro italiano, la somministrazione tramite agenzia si è consolidata come uno strumento centrale per rispondere alle esigenze di flessibilità delle imprese. Ma l'uso improprio di rapporti interinali ha generato un acceso dibattito in ambito giuridico e sociale, anche per gli effetti concreti sulla stabilità occupazionale dei lavoratori.

Questo dibattito ha trovato nuovi sviluppi grazie alla Direttiva europea 2008/104 e all'azione della Suprema Corte, evidenziando come la temporaneità sia un requisito essenziale della somministrazione: un eccesso o una reiterazione priva di reali ragioni di temporaneità trasforma la legittima flessibilità in un abuso, con effetti giuridici decisivi per il lavoratore coinvolto.

Cos'è il contratto di somministrazione: normativa, funzionamento e limiti

Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dal Decreto Legislativo n. 81/2015, rappresentando la moderna evoluzione delle precedenti forme di lavoro temporaneo. Questo contratto si articola in un rapporto trilaterale tra:

  • Lavoratore somministrato, che presta la sua attività presso un'impresa terza;
  • Agenzia per il lavoro (somministratore), che assume formalmente il lavoratore;
  • Impresa utilizzatrice, dove il lavoratore svolge effettivamente la prestazione sotto le direttive di tale azienda.
Si distingue tra somministrazione a tempo determinato e indeterminato (staff leasing):
  • Tempo determinato: finalizzata a fronteggiare esigenze transitorie e occasionali;
  • Tempo indeterminato: utilizzata in via residuale, soggetta a limiti ancora più restrittivi.
La normativa impone condizioni stringenti sulla durata e sulle ragioni ammissibili: è consentito il ricorso alla somministrazione solo per esigenze di natura tecnica, produttiva, organizzativa o sostitutiva, sempre temporanee e specifiche, non per coprire bisogni strutturali. Ulteriori vincoli riguardano la trasparenza contrattuale, l'informazione alle rappresentanze sindacali e il rispetto di precise percentuali di lavoratori somministrati rispetto al personale assunto in modo stabile.

Quando si configura l'abuso del contratto interinale: la temporaneità e la reiterazione delle missioni

L'abuso si manifesta quando la natura eccezionale o provvisoria della prestazione viene superata in favore di una continuità artificiosa di più missioni, anche attraverso contratti differenti nel tempo ma concatenati senza soluzione di continuità. La normativa comunitaria (Direttiva 2008/104/CE) insiste nel vietare il ricorso abusivo a missioni successive che non siano realmente giustificate da esigenze temporanee, imponendo agli Stati membri di adottare misure efficaci contro le pratiche elusive delle disposizioni protezionistiche.

Sulla scorta di questi principi, la giurisprudenza italiana ha chiarito che non è tanto la forma giuridica (unico contratto prorogato o pluralità di missioni) a essere rilevante, quanto l'effettiva permanenza della prestazione presso la stessa impresa oltre gli ordinari limiti temporali. La Cassazione ha ritenuto che la temporaneità sia un elemento strutturale e immanente, in quanto il rapporto interinale nasce e si sviluppa proprio in ragione di necessità non permanenti dell'utilizzatore.

Se la permanenza del lavoratore presso l'utilizzatore supera quella che può essere ragionevolmente considerata come durata temporanea - che si assume, in analogia col lavoro a termine, intorno ai 24/36 mesi complessivi - il ricorso alla somministrazione può essere giudicato abusivo. Un esempio: più contratti successivi con la stessa impresa per identiche mansioni, senza concreta alternanza o pause, sono un segnale di elusione della temporaneità.

A tale riguardo sono determinanti la verifica della reale esigenza produttiva, la continuità delle mansioni e l'assenza di pause significative. Il superamento dei limiti oggettivi rende palese la volontà di utilizzare strumenti tipici del lavoro flessibile per fini contrari alla loro natura.

Le soglie e i limiti quantitativi previsti dalla legge

La regolamentazione della somministrazione non si limita agli aspetti qualitativi, ma interviene anche con limiti numerici precisi:

  • Per i contratti a tempo determinato, il 30% dei dipendenti a tempo indeterminato presenti in azienda rappresenta il tetto massimo di lavoratori somministrati;
  • Staff leasing (tempo indeterminato): di norma non oltre il 20% dei lavoratori stabilmente occupati;
  • Obblighi di informazione preventiva verso le rappresentanze sindacali aziendali in caso di superamento di tali soglie.
L'eventuale superamento di questi limiti non solo può supportare la tesi di un abuso della tipologia contrattuale, ma costituisce motivo sufficiente per la nullità dei rapporti instaurati oltre il massimo legale. Quindi, la proporzionalità nella forza lavoro rappresenta uno strumento di tutela per evitare che la somministrazione diventi regola anziché eccezione.

Le conseguenze giuridiche dell'abuso: dalla nullità del contratto alla trasformazione in assunzione a tempo indeterminato

Quando viene riconosciuto che si è in presenza di un utilizzo strumentale e reiterato di rapporti mediante agenzia, la legge italiana prevede meccanismi sanzionatori forti per tutelare il lavoratore. In particolare:

  • I contratti di lavoro stipulati in abuso dei limiti normativi sono dichiarati nulli;
  • La conseguenza diretta e principale è la trasformazione del rapporto con l'azienda utilizzatrice in un'assunzione a tempo indeterminato;
  • È previsto il diritto al risarcimento danni in favore del lavoratore per il periodo di precariato subito;
  • L'azienda utilizzatrice assume un ruolo dirimente nella responsabilità, anche se non era il datore di lavoro formale.
Questo cambio di paradigma risponde non solo a esigenze di tutela del singolo, ma anche a un principio di prevenzione degli abusi, affinché la somministrazione rimanga una soluzione di flessibilità e non venga snaturata per coprire esigenze strutturali camuffate.

Il recente orientamento giurisprudenziale trova un punto fermo nella sentenza n. 29577/2025 della Corte di Cassazione, che ha offerto una lettura definitiva sul diritto del lavoratore alla stabilizzazione. I giudici hanno confermato che l'abuso di missioni reiterate tramite agenzia, per mansioni identiche e nella stessa sede lavorativa, consente al lavoratore - superata la soglia di 24 mesi - di chiedere la costituzione di un rapporto diretto e stabile con l'azienda utilizzatrice.

La Corte ha evidenziato che la disciplina applicata ai contratti a tempo determinato deve trovare posto anche nel contesto della somministrazione, in coerenza con i principi europei e con una tutela effettiva contro la precarietà e la frammentazione dei rapporti. Questo approccio, respingendo il tentativo delle aziende di limitare le proprie responsabilità, permette al lavoratore di ottenere la trasformazione del rapporto anche solo verso l'utilizzatore, cioè l'impresa presso cui ha lavorato di fatto.

È stato inoltre chiarito che il limite dei 24 mesi vale anche per missioni succedute, senza che la forma del singolo contratto o la causale di sostituzione consentano deroghe all'obbligo di assunzione stabile in caso di abuso.

La giurisprudenza italiana ed europea ha rivestito un valore strategico nel dare certezza alle regole sulla somministrazione. Pronunce della Corte di Cassazione, dei Tribunali ordinari e della Corte di Giustizia UE hanno sancito che:

  • La reiterazione di contratti, anche solo formalmente rispettosi della normativa, può integrare gli estremi di elusione della temporaneità e quindi abuso;
  • Le missioni principali o di sola media durata, se non sorrette da motivazioni reali, sono state ricondotte negli ultimi anni nel perimetro dell'abuso;
  • Nel pubblico impiego, il ricorso eccessivo ad agenzie ha portato anche a risarcimenti e alle condanne per danno erariale.
Negli ultimi tempi, le interpretazioni giurisprudenziali hanno ampliato la protezione concreta del lavoratore, riequilibrando il rapporto tra esigenze produttive dell'impresa e stabilità occupazionale, anche utilizzando i criteri della direttiva europea per valutare la durata ragionevole dell'incarico in somministrazione.

Cosa può fare il lavoratore in caso di abuso dei contratti interinali

Per chi si ritrova vittima di ripetute missioni in agenzia presso la stessa impresa, è fondamentale documentare ogni elemento utile a dimostrare la reiterazione e la mancanza di motivazioni temporanee. Il percorso tipico prevede:

  • Verifica della documentazione contrattuale e della durata complessiva dei rapporti;
  • Raccolta di prove su mansioni, pause e motivazioni addotte ai rinnovi;
  • Consulenza con un avvocato esperto in diritto del lavoro;
  • Eventuale azione giudiziaria per la dichiarazione della nullità dei contratti e la costituzione del rapporto stabile presso l'utilizzatore;
  • Richiesta di risarcimento per i danni da pregiudizio occupazionale.
Risulta decisiva la tempestività nell'attivarsi e l'accuratezza nel raccogliere le evidenze, poiché il giudice valuta caso per caso sulla base delle reali circostanze delle singole missioni e della permanenza complessiva presso l'azienda terza.