I contratti interinali sono strumenti per la flessibilità del lavoro, ma il loro abuso può portare all'obbligo di assunzione stabile per l'azienda. Normativa, limiti, sentenze e tutele.
Nell'attuale mercato del lavoro italiano, la somministrazione tramite agenzia si è consolidata come uno strumento centrale per rispondere alle esigenze di flessibilità delle imprese. Ma l'uso improprio di rapporti interinali ha generato un acceso dibattito in ambito giuridico e sociale, anche per gli effetti concreti sulla stabilità occupazionale dei lavoratori.
Questo dibattito ha trovato nuovi sviluppi grazie alla Direttiva europea 2008/104 e all'azione della Suprema Corte, evidenziando come la temporaneità sia un requisito essenziale della somministrazione: un eccesso o una reiterazione priva di reali ragioni di temporaneità trasforma la legittima flessibilità in un abuso, con effetti giuridici decisivi per il lavoratore coinvolto.
Il contratto di somministrazione di lavoro è disciplinato dal Decreto Legislativo n. 81/2015, rappresentando la moderna evoluzione delle precedenti forme di lavoro temporaneo. Questo contratto si articola in un rapporto trilaterale tra:
L'abuso si manifesta quando la natura eccezionale o provvisoria della prestazione viene superata in favore di una continuità artificiosa di più missioni, anche attraverso contratti differenti nel tempo ma concatenati senza soluzione di continuità. La normativa comunitaria (Direttiva 2008/104/CE) insiste nel vietare il ricorso abusivo a missioni successive che non siano realmente giustificate da esigenze temporanee, imponendo agli Stati membri di adottare misure efficaci contro le pratiche elusive delle disposizioni protezionistiche.
Sulla scorta di questi principi, la giurisprudenza italiana ha chiarito che non è tanto la forma giuridica (unico contratto prorogato o pluralità di missioni) a essere rilevante, quanto l'effettiva permanenza della prestazione presso la stessa impresa oltre gli ordinari limiti temporali. La Cassazione ha ritenuto che la temporaneità sia un elemento strutturale e immanente, in quanto il rapporto interinale nasce e si sviluppa proprio in ragione di necessità non permanenti dell'utilizzatore.
Se la permanenza del lavoratore presso l'utilizzatore supera quella che può essere ragionevolmente considerata come durata temporanea - che si assume, in analogia col lavoro a termine, intorno ai 24/36 mesi complessivi - il ricorso alla somministrazione può essere giudicato abusivo. Un esempio: più contratti successivi con la stessa impresa per identiche mansioni, senza concreta alternanza o pause, sono un segnale di elusione della temporaneità.
A tale riguardo sono determinanti la verifica della reale esigenza produttiva, la continuità delle mansioni e l'assenza di pause significative. Il superamento dei limiti oggettivi rende palese la volontà di utilizzare strumenti tipici del lavoro flessibile per fini contrari alla loro natura.
La regolamentazione della somministrazione non si limita agli aspetti qualitativi, ma interviene anche con limiti numerici precisi:
Quando viene riconosciuto che si è in presenza di un utilizzo strumentale e reiterato di rapporti mediante agenzia, la legge italiana prevede meccanismi sanzionatori forti per tutelare il lavoratore. In particolare:
Il recente orientamento giurisprudenziale trova un punto fermo nella sentenza n. 29577/2025 della Corte di Cassazione, che ha offerto una lettura definitiva sul diritto del lavoratore alla stabilizzazione. I giudici hanno confermato che l'abuso di missioni reiterate tramite agenzia, per mansioni identiche e nella stessa sede lavorativa, consente al lavoratore - superata la soglia di 24 mesi - di chiedere la costituzione di un rapporto diretto e stabile con l'azienda utilizzatrice.
La Corte ha evidenziato che la disciplina applicata ai contratti a tempo determinato deve trovare posto anche nel contesto della somministrazione, in coerenza con i principi europei e con una tutela effettiva contro la precarietà e la frammentazione dei rapporti. Questo approccio, respingendo il tentativo delle aziende di limitare le proprie responsabilità, permette al lavoratore di ottenere la trasformazione del rapporto anche solo verso l'utilizzatore, cioè l'impresa presso cui ha lavorato di fatto.
È stato inoltre chiarito che il limite dei 24 mesi vale anche per missioni succedute, senza che la forma del singolo contratto o la causale di sostituzione consentano deroghe all'obbligo di assunzione stabile in caso di abuso.
La giurisprudenza italiana ed europea ha rivestito un valore strategico nel dare certezza alle regole sulla somministrazione. Pronunce della Corte di Cassazione, dei Tribunali ordinari e della Corte di Giustizia UE hanno sancito che:
Per chi si ritrova vittima di ripetute missioni in agenzia presso la stessa impresa, è fondamentale documentare ogni elemento utile a dimostrare la reiterazione e la mancanza di motivazioni temporanee. Il percorso tipico prevede: