Un rendimento del 3% medio annuo può sembrare modesto rispetto alle aspettative di alcuni investitori ma è una base solida e sostenibile nel lungo termine.
Un buon investimento si distingue per la capacità di generare rendimenti coerenti con le aspettative dell'investitore con un equilibrio tra rischio e guadagno. La definizione di buon investimento varia in base agli obiettivi finanziari personali, al livello di rischio accettabile e all’orizzonte temporale disponibile. Vogliamo capire:
La diversificazione è una delle strategie fondamentali per ottimizzare un portafoglio di investimenti. Distribuire il capitale tra varie classi di asset, come azioni, obbligazioni, fondi comuni, immobili e criptovalute, permette di mitigare i rischi e limitare le perdite derivanti da eventuali fluttuazioni di un singolo settore.
Per chi cerca stabilità e crescita costante, investimenti a lungo termine in strumenti come fondi bilanciati o obbligazioni possono generare rendimenti compresi tra il 3% e il 5% annuo. Rendimenti più elevati, come quelli offerti dalle azioni o dalle criptovalute, comportano una volatilità maggiore, richiedendo un’attenta gestione del rischio. Gli investitori più pazienti, con orizzonti temporali superiori ai 10 anni, possono ambire a rendimenti superiori, anche del 5-7% annuo, sfruttando l’effetto della capitalizzazione dei profitti.
Chi è disposto ad assumersi maggiori rischi può ottenere rendimenti più elevati, ma deve affrontare una volatilità potenzialmente maggiore. La Borsa, ad esempio, può garantire un rendimento medio annuo superiore al 10-15% in periodi favorevoli, ma presenta il rischio di perdite improvvise. Strumenti come il Bitcoin o altre criptovalute offrono guadagni potenzialmente enormi, ma sono estremamente instabili e richiedono una tolleranza al rischio elevata.
Al contrario, gli investimenti immobiliari, pur offrendo rendimenti interessanti, necessitano di un orizzonte temporale più lungo, di solito compreso tra 10 e 15 anni, per garantire un ritorno solido e ammortizzare costi iniziali come tasse, spese di ristrutturazione ed eventuali periodi di vuoto locativo. Il mercato immobiliare non è più immune da rischi: variazioni nelle normative fiscali, come la tassazione sugli affitti brevi, e la saturazione di alcuni mercati rendono il mattone meno prevedibile rispetto al passato.
Un altro ostacolo è la necessità di pagare imposte rilevanti sia al momento dell’acquisto (imposta di registro o Iva) sia durante la gestione dell’immobile (Imu, Tari e tasse sugli affitti). Per chi sceglie la strada degli affitti brevi, le incertezze normative e i costi di gestione possono ridurre i rendimenti previsti.
L’immobiliare, un tempo considerato una delle forme di investimento più sicure, presenta oggi alcune incertezze. Nonostante i rendimenti annui netti possano superare il 3%, i costi legati alla gestione, alle imposte e ai periodi di vuoto locativo possono erodere i profitti. Il mercato immobiliare non è più immune da rischi: normative in evoluzione, come quelle relative alla tassazione sugli affitti brevi, e la saturazione di alcuni mercati riducono la prevedibilità dei guadagni. Gli investitori sono chiamati a considerare anche l’impatto delle tasse, che possono rappresentare un onere elevato sia al momento dell’acquisto che durante la gestione dell’immobile.