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Quando si può parlare di un buon investimento? Con guadagni del 3-4% o 20%-30% e più?

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Buon investimento, quando è considerato

Un rendimento del 3% medio annuo può sembrare modesto rispetto alle aspettative di alcuni investitori ma è una base solida e sostenibile nel lungo termine.

Un buon investimento si distingue per la capacità di generare rendimenti coerenti con le aspettative dell'investitore con un equilibrio tra rischio e guadagno. La definizione di buon investimento varia in base agli obiettivi finanziari personali, al livello di rischio accettabile e all’orizzonte temporale disponibile. Vogliamo capire:

  • Buon investimento, quando è considerato tale
  • Diversificazione, la chiave per ridurre i rischi e massimizzare i rendimenti
  • Rendimenti più alti e l’orizzonte temporale degli investimenti
  • Investimenti immobiliari, un'altra possibilità

Buon investimento, quando è considerato tale

Un rendimento non è mai isolato dal contesto: i risultati devono essere valutati in relazione all'inflazione, ai costi e alle alternative disponibili sul mercato. In generale, un rendimento annuo del 3% è ritenuto soddisfacente per investimenti con un orizzonte minimo di 3-5 anni, poiché è un tasso sostenibile e superiore all’attuale livello medio di inflazione.

Diversificazione, la chiave per ridurre i rischi e massimizzare i rendimenti

La diversificazione è una delle strategie fondamentali per ottimizzare un portafoglio di investimenti. Distribuire il capitale tra varie classi di asset, come azioni, obbligazioni, fondi comuni, immobili e criptovalute, permette di mitigare i rischi e limitare le perdite derivanti da eventuali fluttuazioni di un singolo settore.

Per chi cerca stabilità e crescita costante, investimenti a lungo termine in strumenti come fondi bilanciati o obbligazioni possono generare rendimenti compresi tra il 3% e il 5% annuo. Rendimenti più elevati, come quelli offerti dalle azioni o dalle criptovalute, comportano una volatilità maggiore, richiedendo un’attenta gestione del rischio. Gli investitori più pazienti, con orizzonti temporali superiori ai 10 anni, possono ambire a rendimenti superiori, anche del 5-7% annuo, sfruttando l’effetto della capitalizzazione dei profitti.

Rendimenti più alti e l’orizzonte temporale degli investimenti

Chi è disposto ad assumersi maggiori rischi può ottenere rendimenti più elevati, ma deve affrontare una volatilità potenzialmente maggiore. La Borsa, ad esempio, può garantire un rendimento medio annuo superiore al 10-15% in periodi favorevoli, ma presenta il rischio di perdite improvvise. Strumenti come il Bitcoin o altre criptovalute offrono guadagni potenzialmente enormi, ma sono estremamente instabili e richiedono una tolleranza al rischio elevata.

Al contrario, gli investimenti immobiliari, pur offrendo rendimenti interessanti, necessitano di un orizzonte temporale più lungo, di solito compreso tra 10 e 15 anni, per garantire un ritorno solido e ammortizzare costi iniziali come tasse, spese di ristrutturazione ed eventuali periodi di vuoto locativo. Il mercato immobiliare non è più immune da rischi: variazioni nelle normative fiscali, come la tassazione sugli affitti brevi, e la saturazione di alcuni mercati rendono il mattone meno prevedibile rispetto al passato.

Un altro ostacolo è la necessità di pagare imposte rilevanti sia al momento dell’acquisto (imposta di registro o Iva) sia durante la gestione dell’immobile (Imu, Tari e tasse sugli affitti). Per chi sceglie la strada degli affitti brevi, le incertezze normative e i costi di gestione possono ridurre i rendimenti previsti.

Investimenti immobiliari, un'altra possibilità

L’immobiliare, un tempo considerato una delle forme di investimento più sicure, presenta oggi alcune incertezze. Nonostante i rendimenti annui netti possano superare il 3%, i costi legati alla gestione, alle imposte e ai periodi di vuoto locativo possono erodere i profitti. Il mercato immobiliare non è più immune da rischi: normative in evoluzione, come quelle relative alla tassazione sugli affitti brevi, e la saturazione di alcuni mercati riducono la prevedibilità dei guadagni. Gli investitori sono chiamati a considerare anche l’impatto delle tasse, che possono rappresentare un onere elevato sia al momento dell’acquisto che durante la gestione dell’immobile.

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