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Quanti italiani guadagnano meno di 1000 euro al mese? Chi sono, che lavori fanno e dove risiedono

di Chiara Compagnucci pubblicato il
1000 euro al mese

In Italia milioni di persone vivono con meno di 1000 euro al mese. Chi sono questi lavoratori, quali professioni svolgono, i territori più colpiti e le cause dietro a stipendi tanto bassi, nel confronto europeo.

L'instabilità economica e l'aumento delle disuguaglianze retributive hanno reso i salari bassi una delle emergenze sociali più acute del Paese. L'espressione "lavoro povero" si riferisce a chi, pur avendo un'occupazione, non consegue un reddito sufficiente a sostenere uno standard di vita dignitoso. Questa realtà coinvolge milioni di cittadini, con un impatto che si estende ben oltre il singolo individuo, influenzando intere famiglie e la coesione sociale.

L'attenzione su chi percepisce meno di 1000 euro al mese è cresciuta anche per la permanenza di condizioni contrattuali precarie e part time involontari, che contribuiscono a mantenere la retribuzione netta su livelli molto bassi rispetto alla media nazionale. I numeri recenti mostrano come queste problematiche siano ormai strutturali all'interno del mercato del lavoro.

Quanti italiani guadagnano meno di 1000 euro al mese: dati e numeri aggiornati

Le più recenti rilevazioni INPS e analisi CGIL restituiscono una fotografia dettagliata: nel 2023, oltre 6,2 milioni di lavoratori del settore privato - pari al 35,7% del totale - hanno percepito una retribuzione annua inferiore a 15.000 euro lordi, equivalente a circa 1.000 euro netti mensili. Il fenomeno non si limita a questa soglia: se si prende in considerazione una remunerazione inferiore a 25.000 euro lordi annui, la platea sale a circa 10,9 milioni di occupati, ovvero il 62,7% della forza lavoro dipendente. I numeri rivelano che:

Fascia Reddituale

Numero lavoratori

Percentuale

< 15.000 €

6.200.000

35,7%

< 25.000 €

10.900.000

62,7%

L'Osservatorio INPS ha evidenziato che tra i dipendenti con retribuzione mensile sotto la soglia dei 1.000 euro figurano anche 2,4 milioni di lavoratori con una paga oraria inferiore a 9,5 euro lordi. Il fenomeno interessa in modo particolare coloro che, nei rapporti di lavoro del 2023, hanno cumulato solamente una parte dell'anno lavorativo oppure sono stati impiegati con orari ridotti. Nonostante una leggera flessione rispetto al passato recente, tale incidenza rimane una delle più alte in Europa. La retribuzione media nel settore privato si attesta infatti a poco meno di 24.000 euro lordi, insufficienti nel compensare il rincaro dei prezzi rilevato negli ultimi anni.

Chi sono: profili sociodemografici e geografici dei lavoratori sottopagati

Un'analisi dettagliata dei profili indica che ad essere maggiormente penalizzati sono alcune tipologie di lavoratori:

  • Giovani under 35: oltre il 43% guadagna meno di 1.000 euro mensili, con la situazione particolarmente critica tra gli under 30, il cui stipendio medio annuo si colloca attorno ai 14.000 euro lordi.
  • Donne: sono più frequentemente occupate in lavori part time o precari, subendo un gap retributivo sia nell'orario pieno che nel tempo ridotto, con retribuzioni annue molto spesso inferiori alle controparti maschili.
  • Cittadini stranieri: l'incidenza dei salari al di sotto dei 1.000 euro aumenta tra chi proviene da altri paesi, specie in presenza di lavori stagionali o a bassa qualifica.
Le regioni meridionali e insulari mostrano livelli sensibilmente più elevati di incidenza del lavoro povero rispetto al Nord Italia. In particolare, aree come Calabria, Sicilia e Basilicata presentano una concentrazione di lavoratori sottopagati ben superiore alla media nazionale. L'inadeguatezza delle opportunità occupazionali si riflette anche nell'alto tasso di part time involontario e nella presenza di numerosi contratti “a chiamata”.

L'ampio bacino di lavoratori che rientrano in queste fasce reddituali include anche chi vive situazioni di precarietà “cronica”, come i giovani che alternano brevi periodi di impiego a lunghi periodi di inattività, o che restano inseriti nel tessuto familiare in assenza di autonomia economica.

Che lavori fanno: tipologie contrattuali, qualifiche e settori maggiormente coinvolti

L'incidenza dei bassi salari si lega in modo strutturale alle seguenti condizioni contrattuali e professionali:

  • Contratti a termine: sono i più penalizzati dal punto di vista salariale, con una media annua di appena 10.302 euro lordi.
  • Part time: anche qui la media si ferma a 11.782 euro lordi. Il fenomeno del part time involontario coinvolge oltre la metà dei contratti di questo tipo.
  • Contratti misti (a termine e part time): in questo caso, la retribuzione annua media precipita a 7.100 euro lordi.
  • Discontinuità nei rapporti di lavoro: l'83,5% dei contratti cessati dura meno di un anno, spesso non supera i 90 giorni.
Tra i settori più coinvolti si annoverano i servizi alla persona, la ristorazione, il commercio, l'agricoltura e i settori turistici stagionali. In queste aree le retribuzioni medie si mantengono molto al di sotto della media nazionale. In particolare, l'agricoltura e l'ospitalità registrano una percentuale molto alta di lavoratori con bassa o bassissima qualifica, scarse opportunità di crescita professionale e frequente ricorso a contratti precari.

L'analisi delle categorie professionali evidenzia che apprendisti, lavoratori delle piccole imprese e coloro che occupano posizioni a bassa specializzazione sono maggiormente esposti al rischio di salari sotto i 1.000 euro mensili. Mancanza di stabilità lavorativa e di progressione contrattuale influenzano negativamente la possibilità di ottenere condizioni più favorevoli, accentuando la vulnerabilità economica di queste fasce di popolazione.

L'impatto del part time e della discontinuità lavorativa sulle retribuzioni

La diffusione del part time involontario rappresenta uno degli aspetti maggiormente penalizzanti. Nel 2023, il 54,8% dei contratti a tempo parziale era involontario, percentuale molto superiore alla media dell'Eurozona. Il ricorso a questa formula avviene spesso per assenza di alternative nel mercato del lavoro locale. In pratica:

  • Retribuzioni dimezzate: i dipendenti part time percepiscono, mediamente, meno della metà di chi lavora a tempo pieno.
  • Discontinuità occupazionale: gran parte degli impieghi a basso salario è caratterizzata da frequenti interruzioni, con un'elevata rotazione contrattuale.
  • Cumulabilità di penalizzazioni: chi alterna contratti a termine e part time può raggiungere livelli di reddito annuo estremamente bassi, anche al di sotto di 7.100 euro lordi.
Un altro aspetto rilevante riguarda la durata medias delle posizioni lavorative: secondo i dati illustrati, l'83,5% dei rapporti cessati nel 2023 ha avuto una durata inferiore a dodici mesi. Questa marcata instabilità rappresenta una delle cause principali della persistenza di salari bassi, ostacolando uno sviluppo di carriera continuativo. Non sorprende, quindi, che la maggior parte di chi percepisce retribuzioni basse si trovi costantemente esposto al rischio di povertà lavorativa.

Le differenze territoriali: divari retributivi tra Nord, Centro, Sud e Isole

Permangono ampi divari a livello territoriale, sia in termini di retribuzioni medie sia per quanto riguarda l'incidenza dei lavoratori poveri. Nel Nord Italia, i livelli salariali sono più elevati, grazie anche alla maggiore presenza di settori industriali e al tessuto produttivo più dinamico. Al contrario, nel Sud e nelle Isole la concentrazione di occupazione in comparti a basso valore aggiunto e la minore presenza di grandi aziende contribuiscono a mantenere gli stipendi su livelli inferiori. Più esattamente:

Area geografica

RAL media

Nord

32.913 €

Centro

31.956 €

Sud e Isole

29.375 €

In regioni come Lombardia, Lazio e Trentino-Alto Adige, la retribuzione annua lorda media si avvicina o supera i 33.000 euro, mentre in Calabria, Sicilia e Basilicata è inferiore a 27.500 euro. Queste differenze si riflettono anche nel potere d'acquisto, che resta particolarmente basso nelle regioni meridionali a causa di un costo della vita che, sebbene inferiore, non compensa il gap reddituale.

L'analisi degli elementi che concorrono a determinare bassi livelli salariali individua i seguenti fattori chiave:

  • Istruzione: chi possiede soltanto la licenza media o un diploma percepisce mediamente quasi il 40% in meno rispetto a chi ha una laurea. I dati indicano che un titolo universitario è associato a migliori opportunità di lavoro e livelli retributivi più alti.
  • Età: i lavoratori under 30 sono particolarmente esposti al rischio di basso salario, mentre la retribuzione cresce progressivamente con l'esperienza e l'anzianità aziendale, raggiungendo il massimo tra gli over 50.
  • Genere: il cosiddetto Gender Pay Gap rimane elevato: la differenza media tra uomini e donne si attesta al 5,6%, ma può arrivare al 20% in alcuni comparti come il commercio e i servizi.
  • Dimensione aziendale: nelle micro-imprese le retribuzioni orarie sono più basse (circa 12,8 euro/ora) rispetto alle grandi aziende (fino a 19,2 euro/ora).
Tali disparità si intrecciano spesso tra loro, amplificando il peso dei bassi salari e alimentando fenomeni di esclusione socio-economica.
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