I possibili costi annuali per cittadini e istituzioni, tra vantaggi, timori e il dibattito sul vero valore di questa innovazione per l'Europa.
Nel cuore delle trasformazioni tecnologiche ed economiche europee, l’idea dell’euro digitale si è fatta largo come risposta strategica alle nuove sfide poste dai pagamenti digitali e dall’affermarsi di grandi operatori stranieri nel settore finanziario. La Banca centrale europea (BCE) ha dato impulso a questo progetto con un obiettivo chiaro: dotare l’Eurozona di un’infrastruttura autonoma, resiliente e non dipendente dalle decisioni di terzi, soprattutto extraeuropei.
La crescente adozione di pagamenti digitali – complici innovazioni come le stablecoin private e la digitalizzazione delle abitudini di spesa – sta riducendo progressivamente l’uso della moneta fisica. Il contante continua a garantire sicurezza e inclusività, ma la sua effettiva spendibilità si restringe in uno scenario dove cresce l’economia online. In questo scenario, l’introduzione di una moneta digitale garantita dalla BCE è pensata per tutelare la sovranità e la sicurezza finanziaria dei cittadini europei.
Non si intende escludere gli operatori esteri, ma la volontà è quella di assicurare che l’Unione Monetaria Europea non sia eccessivamente vulnerabile a scelte altrui. La creazione dell’euro digitale rappresenta, dunque, una scelta di resilienza e autodeterminazione per l’area euro, ponendosi come strumento pubblico alternativo e complementare alle soluzioni private, in linea con i principi di equità e inclusione.
Il tema dei costi legati all’euro digitale è centrale nel dibattito sulla sua reale efficacia e sostenibilità. Secondo quanto dichiarato dai rappresentanti della BCE e stimato nei documenti tecnici, i costi diretti per l’avviamento della nuova infrastruttura di pagamenti nell’Eurozona sono valutati in circa 1,2 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta le risorse necessarie per progettare, realizzare, testare e mettere in funzione l’architettura tecnologica necessaria. Tuttavia, i costi complessivi che riguardano il sistema bancario e i fornitori di servizi di pagamento sono più estesi e, su un arco temporale di quattro anni, oscillano fra 4 e 6 miliardi di euro. In proporzione, però, queste spese costituiscono una quota minima, pari al 3,5% delle spese annuali IT generalmente allocate dalle banche europee per l’aggiornamento dei sistemi.
I costi per i cittadini, in termini effettivi, saranno legati – più che all’uso del sistema – alla capacità dell’euro digitale di offrire servizi di pagamento trasparenti, rapidi e poco onerosi, mantenendo la natura pubblica della moneta. La fase di sperimentazione operativa, prevista tra il 2027 e il 2029, consentirà di valutare con maggiore precisione il quadro complessivo degli oneri annuali per gli utenti finali.
| Elemento | Costo stimato |
| Sviluppo infrastruttura BCE | 1,2 miliardi € (una tantum) |
| Sistema bancario/fornitori servizi | 4-6 miliardi € (in 4 anni) |
| Impatto sui cittadini | Basso o nullo sui pagamenti di base |
L’introduzione della nuova valuta digitale viene letta come una grande occasione di innovazione per il vecchio continente, ma non priva di criticità e interrogativi. I benefici principali attesi dall’implementazione dell’euro digitale includono:
Un’altra area di interrogativo è relativa alla gestione della privacy e al rischio che un sistema pubblico digitale possa essere percepito come potenzialmente invasivo. Sotto questo profilo, la progettazione si basa su principi di rispetto della riservatezza, ispirandosi all’attuale modello di gestione del contante, responsabile e sicuro.
Sul fronte della valutazione costi-benefici complessiva, secondo Piero Cipollone (BCE), l’investimento richiesto resta una frazione esigua rispetto ai budget IT annuali bancari e comporta ritorni diffusi in termini di sicurezza, innovazione e capacità di attivare nuove opportunità per cittadini e operatori economici. Mentre le banche centrali di altri paesi stanno incrementando le riserve in oro come forma di protezione dal rischio (circa 1000 tonnellate l’anno a partire dal 2022), l’Unione europea si differenzia puntando su una moneta digitale propria come riserva di valore e garanzia di resilienza finanziaria.
Il vero valore per l’Unione Monetaria Europea risiede nella capacità di interpretare il cambiamento digitale tutelando l’interesse collettivo. L’euro digitale, in questo senso, si propone come soluzione che rafforza coesione, indipendenza e competitività dell’intero continente, favorendo una transizione ordinata dall’economia fisica a quella digitale