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Se sto gia pagando una cartella esattoriale a rate posso fare lo stesso ricorso e in che modo

di Marianna Quatraro pubblicato il
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E' possibile fare ricorso se si sta già pagando a rate una cartella esattoriale: a stabilirlo è stata la Corte di Cassazione

Ricevere una cartella di pagamento rappresenta uno degli eventi più difficili per contribuenti e imprese, specialmente quando la richiesta riguarda somme ingenti o debiti controversi. In molte situazioni, chi riceve l’atto si trova a dover valutare se procedere al pagamento, richiedere la rateizzazione oppure opporsi tramite ricorso. Una delle domande più frequenti riguarda proprio la possibilità di contestare una cartella mentre si è già scelto di dilazionare il pagamento in rate: si tratta di un dubbio reale, alimentato da avvisi spesso poco chiari che accompagnano la notifica dei debiti. 

La posizione della Cassazione: pagare a rate non è acquiescenza

Per molti anni ha prevalso l’idea che il pagamento, soprattutto rateale, di una cartella fosse equivalente ad un’accettazione definitiva (acquiescenza) delle pretese riportate sulla cartella. Tuttavia la sentenza n.20962/2020 della Corte di Cassazione ha segnato un punto fermo, chiarendo i confini e i diritti del contribuente nelle situazioni in cui è iniziato il pagamento a rate.

"Il pagamento, così come la rateizzazione degli importi richiesti nella cartella, non integra acquiescenza alla pretesa tributaria", si legge nella decisione, sottolineando come la scelta di pagare non possa essere interpretata come rinuncia o accettazione totale del debito. Questo significa che anche chi ha iniziato a versare quanto richiesto, per evitare misure esecutive immediate (ad esempio, pignoramenti o fermi amministrativi), ha comunque il diritto di presentare ricorso.

La Suprema Corte spiega come, nella complessa procedura di controllo e riscossione, il debitore spesso sceglie di rateizzare per motivi di ordine pratico e cautelativo, limitando i rischi di azioni aggressive da parte dell’ente creditore. In altre parole, l’assunzione dell’onere rateale può essere motivata dalla volontà di non subire danni ulteriori, senza accettare né la cifra né la legittimità della pretesa. 

È quindi stato superato l’orientamento secondo il quale l’integrale pagamento precluderebbe ogni futuro ricorso. Restano tuttavia dei limiti legati ai tempi e alle ragioni dell’opposizione, che andranno valutati singolarmente in ogni caso.

Quando si può fare ricorso se si sta già pagando a rate una cartella esattoriale

Il diritto di opporsi ad una cartella esattoriale permane anche in presenza di rateizzazione, ma occorre distinguere tra le varie situazioni che si possono presentare.

  • Se la cartella contiene vizi di notifica, errori nei calcoli o altre irregolarità formali, il debitore può sempre contestarne la validità, purché non siano decorsi i termini di legge.
  • Nel caso in cui la richiesta di pagamento sia fondata su atti mai ricevuti o su presupposti errati, la contestazione può mirare sia all’annullamento della cartella che alla sospensione del debito stesso.
  • Se si è scelto di rateizzare esclusivamente per posticipare l’azione esecutiva dell’ente, l’apertura della dilazione non esaurisce le possibilità di ricorso.
Non è invece possibile impugnare il debito originario se questo era stato notificato regolarmente in precedenza e non si è ricorsi entro i termini. La contestazione, in questi casi, può riguardare solo il ruolo emesso dall’incaricato alla riscossione.

Va ricordato che la presentazione del ricorso non interrompe automaticamente l’obbligo di proseguire nei pagamenti rateali fino a decisione diversa del giudice o dell’ente. In caso di accoglimento del ricorso, sarà possibile richiedere il rimborso delle somme indebitamente versate.

Infine, non va sottovalutato l’aspetto della prescrizione: se il termine per la presentazione dell’opposizione è scaduto, il diritto all’impugnazione decade, a meno che non siano accertati vizi particolarmente gravi come notifiche mai avvenute.

Termini, limiti e casi particolari di opposizione durante la rateizzazione

I termini per il ricorso contro una cartella sono normalmente di 60 giorni dalla notifica per i debiti tributari. Per altre tipologie (ad es. contributivi) possono essere previsti termini diversi.

Nella pratica, anche durante il piano di rateizzazione, la presentazione del ricorso è ammessa fintanto che non siano trascorsi i termini decadenziali dalla prima notifica della cartella o dall’atto impugnabile. Al di fuori di questi limiti, il diritto decade, salvo casi eccezionali quali errori di notificazione o vizi sostanziali.

Tabella sintetica dei limiti di tempo per il ricorso:

Tipo di debito Termine ricorso
Tributi erariali 60 giorni dalla notifica
Sanzioni Codice della Strada 30 giorni
Contributi previdenziali 40 giorni (in alcuni casi)

Casi particolari sono rappresentati da cartelle emesse per debiti già estinti, importi prescritti o richieste duplicate: in queste circostanze, la contestazione può seguire anche altre vie come l’istanza di sgravio in autotutela. Un elemento da considerare è che la rateizzazione non comporta la sospensione automatica dell’attività esecutiva: in caso di rigetto del piano o di mancato pagamento di alcune rate, l’ente riscossore può riattivare le procedure cautelari.

Come presentare il ricorso contro la cartella anche in presenza di rateizzazione

Per avviare il ricorso per una cartella pur avendo sottoscritto un piano rateale occorre rispettare una procedura ben definita. I passaggi fondamentali sono così riassunti:

  • Redigere un atto di ricorso indicando con precisione i motivi (vizi formali, errori di calcolo, debito prescritto, notifica irregolare)
  • Depositare il ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria (o altra autorità competente) entro i termini di legge
  • Comunicare tempestivamente la presentazione del ricorso all’ente della riscossione, senza sospendere i pagamenti in assenza di ordinanza specifica
Nel caso in cui la contestazione riguardi errori elementari o duplicazioni, si può procedere anche con istanza in autotutela direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, richiedendo la correzione e l’eventuale sospensione dei pagamenti.

Documentazione necessaria:

  • Atti notificati (cartella, avviso di addebito, eventuali precedenti comunicazioni)
  • Prova di pagamenti già effettuati
  • Documenti reddituali (in caso di valutazione su situazioni economiche disagiate)
Un aspetto rilevante è che la presentazione di un ricorso non comporta la sospensione automatica delle rate in corso a meno che non vi sia una specifica richiesta accolta dalla magistratura tributaria. Saltare le rate può comportare la decadenza dal beneficio della rateizzazione, riattivando immediatamente le procedure esecutive.

Cosa succede ai pagamenti in corso e ai rimborsi in caso di accoglimento del ricorso

Mentre il ricorso è pendente, il debitore mantiene l’obbligo di corrispondere le rate stabilite.

Se il giudice accoglie la domanda d’annullamento totale o parziale:

  • L’ente è tenuto a restituire le somme già riscosse, per la parte ritenuta non dovuta
  • Il rimborso avviene previa domanda specifica e può richiedere tempi tecnici variabili
Nel caso di accoglimento parziale, sarà riconosciuto un credito pari alla differenza tra quanto pagato e quanto effettivamente dovuto secondo la sentenza. In alcune ipotesi, la decisione giudiziale può prevedere il blocco immediato delle azioni esecutive e delle rate successive, se non ancora versate.