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Smart working per i genitori è un diritto? Cosa dicono le normative in vigore e giurisprudenza

di Marcello Tansini pubblicato il
Normative smart working

Lo smart working per i genitori è davvero un diritto? Quadro normativo, priorità per categorie protette, procedure pratiche, limiti e tutele contro ritorsioni, differenze tra pubblico e privato.

La disciplina dello smart working ha assunto centralità nel dibattito su conciliazione famiglia-lavoro, soprattutto per chi ricopre ruoli genitoriali. La legge ha proposto una visione moderna di organizzazione della prestazione lavorativa, in cui flessibilità, autonomia e responsabilità sono cardini per aziende e lavoratori.

I continui aggiornamenti hanno esteso particolari tutele ai lavoratori con esigenze familiari, evidenziando l'importanza di garantire strumenti per gestire sia gli impegni professionali sia quelli genitoriali. La normativa in vigore si fonda sull'accordo tra le parti e riconosce priorità a specifiche categorie, nel rispetto di equità e inclusione.

Il lavoro agile in Italia: cosa prevede la normativa attuale per i lavoratori genitori

La disciplina del lavoro agile è regolata principalmente dalla Legge n. 81 del 22 maggio 2017, successivamente integrata dalle disposizioni emergenziali e dalle più recenti riforme, come la Legge 42/2025. Secondo la legge, il lavoro agile rappresenta una modalità di esecuzione flessibile del rapporto di lavoro subordinato, definita da accordo individuale tra datore e dipendente. In questo modello, i vincoli di tempo e luogo vengono superati in favore di un'organizzazione per obiettivi, fasi o cicli di lavoro, pur nel rispetto delle tutele previste dalla contrattazione collettiva.

Dal 2025, sono state introdotte novità rilevanti per i lavoratori genitori, tra cui il riconoscimento di un vero diritto soggettivo allo smart working per genitori con figli fino a 14 anni di età, ampliando la platea rispetto alla precedente soglia dei 12 anni. L'accesso facilitato riguarda anche lavoratori con disabilità o che assistono familiari fragili. In questi casi, il datore di lavoro può opporre un rifiuto solo in presenza di motivate esigenze organizzative:

Novità dal 2025

Categoria beneficiaria

Diritto soggettivo allo smart working

Genitori con figli fino a 14 anni

Priorità nella valutazione delle richieste

Lavoratori disabili, caregivers, genitori con figli disabili

La disciplina garantisce inoltre tutela contro qualsiasi discriminazione su base familiare e conferma la piena equiparazione giuridica tra lavoratori agili e tradizionali quanto a diritti economici e normativi.

Priorità, categorie protette e diritto allo smart working: come funziona per chi ha figli

L'attuale quadro normativo attribuisce un diritto di priorità alle categorie di lavoratori che rispondono a specifici bisogni di conciliazione familiare. Questa priorità si applica in presenza di più domande rispetto ai posti disponibili e si traduce in una valutazione preferenziale delle istanze presentate da:

  • Genitori con figli minori di 14 anni conviventi;
  • Genitori di figli con disabilità grave, senza limite di età;
  • Caregiver che assistono familiari disabili gravi;
  • Lavoratori con disabilità in situazione di gravità certificata.
Per questi soggetti, la legge prevede che debba essere assicurata una precedenza nell'accesso al lavoro agile, a condizione che la mansione risulti compatibile con la modalità remota e che non esistano insormontabili esigenze organizzative. Il diritto non è automatico né incondizionato: resta subordinato alle scelte strategiche aziendali e alle regole condivise nei contratti collettivi o nell'accordo individuale.

In assenza di limiti normativi settoriali, numerose aziende hanno recepito il principio di priorità all'interno delle proprie policy, anche oltre quanto richiesto dalla legge. I Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro hanno talvolta ampliato tutele e vantaggi per i genitori lavoratori.

Fonti giurisprudenziali recenti hanno precisato che la priorità nell'accesso non si traduce in un diritto pieno alla concessione dello smart working: l'azienda è comunque tenuta a motivare l'eventuale diniego con oggettività e trasparenza, documentando le ragioni operative o tecniche:

Condizione

Tutela riconosciuta

Compatibilità della mansione

Valutazione prioritaria della domanda

Mansione non compatibile o motivi organizzativi

Possibilità motivata di diniego

Come richiedere lo smart working e cosa indicare nella domanda

La presentazione della richiesta di smart working segue una procedura strutturata per garantire tracciabilità e chiarezza. L'istanza deve essere formulata in forma scritta e trasmessa preferibilmente tramite canali certificati (esempio: PEC, raccomandata A/R), indicando chiaramente la propria condizione di genitore avente diritto di priorità oppure di appartenente ad altre categorie protette:

  • Richiamo della norma di riferimento (ad esempio art. 18, comma 3-bis, L. 81/2017 o novità introdotte da L. 42/2025);
  • Allegazione di documenti giustificativi: stato di famiglia, certificazione di disabilità, eventuale convivenza con figli minori di 14 anni;
  • Argomentazione sulle modalità di svolgimento delle proprie mansioni da remoto, con dettagli sulle attività che possono essere effettuate efficacemente al di fuori dei locali aziendali;
  • Proposta di soluzioni flessibili, come modelli ibridi (es. alcune giornate a settimana in presenza);
  • Dichiarazione di disponibilità al rispetto delle policy aziendali e delle norme di sicurezza informatica.
Una domanda ben articolata facilita il confronto e permette all'azienda di valutare puntualmente la richiesta. Nel settore privato, in caso di accoglimento, il datore è tenuto a comunicare al Ministero del Lavoro l'attivazione del lavoro agile entro 5 giorni tramite piattaforma telematica. Regole leggermente diverse valgono per la pubblica amministrazione, dove tempistiche e procedure possono variare.

Quando il datore di lavoro può negare lo smart working e i limiti

Pur in presenza di diritti soggettivi o prioritari allo smart working, la normativa consente all'azienda di respingere una richiesta solo sulla base di motivi documentati e oggettivi:

  • Incompatibilità intrinseca della mansione: attività che richiedono presenza fisica (es. utilizzo di macchinari o assistenza diretta al pubblico);
  • Esigenze organizzative e produttive: squilibri operativi, necessità di interazione costante o impatti sulla continuità di servizi essenziali;
  • Vincoli tecnici o di sicurezza, ad esempio se il lavoro da remoto comporta rischi per la protezione di dati sensibili o l'impossibilità di adottare misure informatiche adeguate.
Ogni diniego deve essere circostanziato e comunque non può essere adottato per ragioni generiche o discriminatorie. Se l'azienda concede già il lavoro agile ad altri colleghi con mansioni analoghe, il diniego dovrà essere particolarmente motivato e trasparente. Il principio cardine resta quello della buona fede e della correttezza nell'esecuzione del contratto, come ribadito dalla giurisprudenza (vedi ad es. sentenza Tribunale di Catanzaro, n. 342/2025 e Tribunale di Belluno, n. 605/2025). La comunicazione di rifiuto dovrebbe riportare le specifiche ragioni alla base della decisione, consentendo al lavoratore di valutare eventuali azioni di tutela.

Tutele contro discriminazioni e ritorsioni: cosa fare se l'azienda dice di no

La normativa vigente garantisce una protezione estesa contro trattamenti ritorsivi o penalizzanti nei confronti di chi presenta domanda di smart working in qualità di genitore o lavoratore protetto. Nessuna misura organizzativa sfavorevole - come sanzioni, demansionamenti, licenziamenti o trasferimenti - può essere motivata dalla richiesta di accesso al lavoro agile. Anche il peggioramento delle condizioni lavorative successive all'istanza, se collegato a scelte discriminatorie, è nullo e impugnabile:

  • L'art. 18, comma 3-bis della Legge 81/2017 stabilisce la nullità di ogni sanzione o licenziamento ritorsivo;
  • L'art. 55-bis del D.lgs. 198/2006 contempla la tutela dalla discriminazione per ragioni familiari e di genitorialità.
In caso di diniego arbitrario o penalizzazioni successive alla domanda, il lavoratore può:
  • Richiedere per iscritto motivazioni dettagliate all'azienda;
  • Rivolgersi ai rappresentanti sindacali o al referente aziendale delle pari opportunità;
  • Presentare ricorso presso la Direzione Territoriale del Lavoro o avviare un contenzioso giudiziale per ottenere l'annullamento dei provvedimenti e il risarcimento dell'eventuale danno subito.
Esperienze giurisprudenziali segnalano che i provvedimenti ritorsivi risultano sistematicamente annullati dai Tribunali, rafforzando il quadro di affidabilità e sicurezza per chi esercita i propri diritti.

Smart working tra pubblico e privato: differenze operative per i genitori

Nonostante il quadro normativo sia unitario nei principi, esistono differenze pratiche tra settore pubblico e privato. Nel privato, la richiesta di smart working segue una procedura più snella e la priorità per i genitori con figli minori è efficace sia in presenza di accordo collettivo sia individuale. La comunicazione dell'attivazione deve essere trasmessa obbligatoriamente entro 5 giorni tramite portale telematico.

Nel pubblico, invece, l'accesso per i genitori può essere subordinato alla valutazione delle condizioni organizzative da parte dei dirigenti, lasciando meno margini di automatismo rispetto al privato. Le amministrazioni sono tenute ad attuare policy per favorire la conciliazione, ma il vincolo della presenza in servizio resta preminente in molti casi. Le direttive specificano obblighi più stringenti sulla motivazione del diniego, ma anche limiti quantitativi nel numero di giornate concedibili in remoto:

  • Nel privato, il diritto di priorità si applica fino ai 14 anni del figlio e il datore deve giustificare ogni diniego;
  • Nel pubblico si richiede una valutazione specifica da parte dell'ente e possono sussistere maggiori vincoli organizzativi.
Settore privato

Settore pubblico

Procedura attivazione

Accordo + comunicazione al Ministero

Richiesta al dirigente, valutazione interna

Diritto di priorità per genitori

Garantito per figli fino a 14 anni

Soggetto a valutazione di contesto