L'Italia ha introdotto restrizioni sempre più rigide all'uso del denaro contante per favorire la tracciabilità delle transazioni e ridurre l'evasione fiscale.
Nonostante l'Italia sia ancora tra i Paesi europei con il maggior utilizzo di denaro liquido, le normative impongono regole stringenti per pagamenti, prelievi e versamenti. In un contesto in cui ogni operazione può attirare l'attenzione del Fisco, conoscere i limiti e le giustificazioni accettate aiuta a evitare accertamenti e sanzioni.
Le eccezioni sono poche e riguardano alcuni casi particolari, come i pagamenti effettuati presso sportelli pubblici autorizzati o le transazioni tra parenti stretti che non abbiano carattere commerciale.
A differenza dei pagamenti, non esistono limiti legali per i prelievi di contante dal proprio conto corrente. Prelevare somme elevate può attirare l'attenzione delle autorità fiscali, soprattutto nel caso di importi superiori a 10.000 euro al mese. Se una persona effettua un prelievo consistente, la banca è tenuta a segnalare l'operazione all'Unità di Informazione Finanziaria, l'ente che vigila su eventuali movimenti sospetti legati al riciclaggio di denaro.
Gli imprenditori e i titolari di partita Iva sono soggetti a controlli più stringenti. Se un'azienda preleva più di 1.000 euro al giorno o 5.000 euro al mese, l'Agenzia delle entrate può chiedere di giustificare l'utilizzo del denaro. Se non vengono fornite spiegazioni si rischia che le somme vengano considerate come ricavi non dichiarati e quindi tassate come reddito imponibile.
Per i privati cittadini, invece, la soglia di segnalazione bancaria non implica automaticamente un'indagine fiscale. Ma se i prelievi frequenti non sono coerenti con il reddito dichiarato, è possibile che il fisco decida di effettuare verifiche più approfondite. Per evitare problemi è sempre utile conservare documentazione che attesti l'uso legittimo del denaro prelevato, come ricevute di acquisti, fatture o contratti di compravendita.
I versamenti di denaro liquido sul proprio conto corrente sono monitorati dall'Agenzia delle entrate, che può sospettare che le somme depositate siano frutto di redditi non dichiarati. Se un contribuente versa somme ingenti senza una giustificazione plausibile, l'amministrazione finanziaria può considerare tali importi come guadagni non dichiarati e procedere con un accertamento fiscale.
Per evitare contestazioni bisogna dimostrare la provenienza del denaro versato. Tra le giustificazioni accettate dal Fisco ci sono donazioni da parenti stretti, accompagnate da una dichiarazione scritta o da un atto notarile. Ma anche le vendite di beni tra privati, per le quali è consigliabile stipulare un contratto firmato dalle parti, la restituzione di prestiti, se documentata da un accordo scritto, i prelievi effettuati in precedenza dallo stesso conto e successivamente riversati.