Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha proposta una tassa patrimoniale dell'1,3% per chi possiede più di due milioni di euro: si potrebbero recuperare circa 26 miliardi di euro
Negli ultimi mesi, il dibattito pubblico italiano ha visto emergere con forza l’ipotesi di introdurre un prelievo sulle grandi ricchezze. A rilanciare la proposta è stato Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, che ha illustrato una proposta concreta per una nuova patrimoniale, focalizzandosi sui cosiddetti super-ricchi. La misura, nelle intenzioni del sindacato, rappresenta un "contributo di solidarietà" volto a ridurre le disuguaglianze economiche in Italia e a rafforzare il finanziamento dei servizi pubblici essenziali.
L’argomento della patrimoniale nasce da un’analisi approfondita delle crescenti disparità presenti nella società italiana. Negli ultimi anni, i dati ISTAT e i rapporti di enti indipendenti fotografano un divario in aumento tra chi detiene grandi ricchezze e il resto della popolazione; le prime 500.000 persone più facoltose detengono una quota proporzionalmente molto superiore della ricchezza nazionale. In parallelo, l’attuale sistema fiscale grava in modo particolarmente pesante sui lavoratori dipendenti e sui pensionati. Ne è prova il cosiddetto "fiscal drag": nel solo 2024, lavoratori e pensionati hanno versato diversi miliardi di euro in più a causa della progressività delle aliquote e dell’assenza di adeguati meccanismi di compensazione.
Secondo l proposta illustrata dalla CGIL, la tassa sarebbe dell'1,3% e riguarderebbe solo i patrimoni superiori ai due milioni di euro, escludendo dunque la quasi totalità della popolazione italiana da qualsiasi impatto diretto. In sintesi:
Patrimonio netto | Aliquota proposta | Imposta annuale stimata |
2-5 milioni di euro | 1,3% | da 26.000 a 65.000 € |
5-10 milioni di euro | 1,3% | da 65.000 a 130.000 € |
Oltre 10 milioni di euro | 1,3% | oltre 130.000 € |
L’imponibile escluderebbe la prima casa di abitazione e, su istanza documentata, i beni strumentali necessari a società che generano occupazione stabile.
Una delle ragioni che hanno spinto la CGIL a sostenere questa misura è rappresentata dal consistente gettito stimato. L’applicazione dell’aliquota dell’1,3% sui patrimoni superiori ai due milioni di euro, secondo le simulazioni sindacali, genererebbe entrate aggiuntive pari a 26 miliardi di euro l’anno e le risorse recuperare servirebbero per finanziare e investire su:
L’ipotesi di introdurre una patrimoniale specifica per i detentori di grandi ricchezze apre una riflessione ampia sulle prospettive e sull’impatto potenziale di una simile riforma. Da un lato, la misura si inserisce in un filone internazionale che vede sempre più Paesi discutere di tassazione straordinaria per affrontare emergenze sociali e ridurre le disuguaglianze. Dall’altro, permangono molti interrogativi sulla realizzabilità tecnica e politica.
Tra le principali incognite vi sono la capacità dello Stato di censire con precisione i patrimoni, la necessità di coordinamento con eventuali analoghe imposte a livello UE e il rischio di spostamenti di capitali verso giurisdizioni più vantaggiose.
La discussione rimane aperta, ma il fatto che il sindacato abbia portato una proposta dettagliata sul tavolo della manovra apre una nuova fase nel confronto sulle politiche redistributive e sull’equità fiscale in Italia.