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Quali contributi per le pensioni sono negativi perchè ne fanno diminuire l'importo. E cosa si può fare per evitarlo

di Marianna Quatraro pubblicato il
Quali contributi pensioni negativi

Quali sono i contributi considerati negativi per il calcolo della pensione finale e come neutralizzarli per non subire penalizzazioni

Nel sistema previdenziale italiano esistono particolari contributi che possono provocare una riduzione dell’importo della pensione. Questa realtà, poco conosciuta dalla maggior parte dei lavoratori, riguarda soprattutto chi, dopo aver maturato i requisiti minimi richiesti, prosegue l’attività lavorativa registrando periodi caratterizzati da retribuzioni inferiori rispetto a quelle degli anni precedenti. 

Cosa sono i contributi negativi e perché riducono l’importo della pensione

I contributi negativi e penalizzanti per la pensione si riferiscono a quei periodi contributivi che, inseriti all’interno del calcolo pensionistico, anziché aumentare la quota spettante portano a un importo finale più basso rispetto a quanto maturato. Il tema riguarda in particolare chi, dopo il raggiungimento della soglia contributiva minima, si trova a lavorare in condizioni di retribuzione diminuite.

Si tratta spesso di periodi lavorativi part-time, lavori discontinui o nei quali sono state percepite indennità inferiori al reddito medio precedentemente conseguito. Entrando più nel dettaglio:

  • I contributi nocivi si riconducono alle settimane in cui lo stipendio è stato sensibilmente più basso rispetto al passato.
  • Possono riguardare sia lavoro effettivo sia periodi di contribuzione figurativa (ad esempio Naspi o integrazioni salariali).
  • Spesso intervengono dopo il raggiungimento dei requisiti per il diritto alla pensione, come la soglia dei 20 anni di contribuzione per la pensione di vecchiaia.
L’effetto negativo è particolarmente evidente per tutte le posizioni pensionistiche in cui la quota determinante segue il sistema retributivo. Qui la media degli ultimi anni lavorativi diventa parametro chiave per la determinazione dell’assegno. Di conseguenza, i periodi con retribuzione più bassa abbassano la media e, quindi, il valore complessivo della pensione spettante. 

Il principio della neutralizzazione: normativa, finalità e limiti applicativi

Per tutelare il corretto calcolo dei trattamenti previdenziali, la normativa italiana prevede il cosiddetto principio della neutralizzazione dei contributi. Si tratta della possibilità di escludere dal calcolo della quota retributiva i periodi in cui le retribuzioni si sono rivelate inferiori a quanto normalmente percepito, a patto che tali contributi siano stati maturati dopo aver raggiunto il requisito minimo necessario per la pensione.

Il principio si fonda sulla volontà di impedire che la prosecuzione del lavoro con stipendi ridotti produca una “penalizzazione” dell’anzianità già maturata.

Il meccanismo opera esclusivamente sulla quota di pensione calcolata con il sistema retributivo (cd. quota A). I limiti della neutralizzazione sono chiari:

  • Non è applicabile alla parte di pensione calcolata con il metodo contributivo o sul montante misto.
  • Il periodo massimo escludibile non può superare generalmente le 260 settimane (pari a cinque anni).
  • Sono neutralizzabili solo i contributi accreditati dopo la maturazione dell’anzianità minima richiesta, con riferimento all’ultimo quinquennio antecedente al pensionamento.
L’obiettivo della misura è quello di allineare la base pensionabile al reale valore economico della carriera lavorativa, garantendo affidabilità e trasparenza nei meccanismi di calcolo e liquidazione delle prestazioni.

Come riconoscere i contributi nocivi e quando è possibile neutralizzarli: esempi pratici

La prima esigenza di ogni lavoratore attento alla pianificazione previdenziale consiste nell’individuare concretamente quali periodi possano rientrare tra i contributi penalizzanti. Il riconoscimento di questi periodi passa da una puntuale analisi dell’estratto conto contributivo INPS, consultabile dall’area riservata del sito dell’ente:

  • I contributi nocivi si riscontrano in presenza di settimane in cui la retribuzione risulta decisamente più bassa rispetto agli anni precedenti, spesso per ragioni come lavoro part-time, discontinuità lavorativa, periodi di indennità di disoccupazione o contribuzione figurativa (come la Naspi).
  • Tali contributi devono essere successivi alla maturazione del diritto minimo per l’accesso alla pensione.
Un esempio classico riguarda chi ha lavorato per molti anni a tempo pieno, ha raggiunto i vent’anni di contribuzione e ha poi scelto, spesso per esigenze personali, di lavorare a orario ridotto o percepire soltanto indennità di sostegno al reddito. Se questi periodi vengono inseriti nel calcolo, riducono la base retributiva e, di conseguenza, l’importo della pensione.
  • La neutralizzazione permette di “tagliare” fino a cinque anni di contributi negativi.
  • La richiesta può riguardare sia chi presenta la domanda di pensione sia, da recente orientamento giurisprudenziale, chi la propone oltre i 67 anni (ad esempio dopo pensione anticipata).

Come presentare domanda di neutralizzazione e ottenere il ricalcolo della pensione

La domanda di neutralizzazione deve essere presentata direttamente all’INPS. Il lavoratore interessato deve predisporre una istanza formale corredata dalla documentazione che certifica sia il superamento del requisito minimo contributivo sia la presenza di periodi con retribuzioni più basse successivi a tale soglia. Dopodicchè:
  • La domanda si inoltra tramite l’area riservata del sito INPS, inserendo i dati identificativi e specificando i periodi contribuivi da neutralizzare.
  • Abbinare alla richiesta tutta la documentazione utile (estratto conto contributivo, buste paga, eventuali certificazioni di periodi figurativi).
  • Dal 2024, la neutralizzazione può essere chiesta sia contestualmente alla domanda di pensione sia successivamente (anche da pensionati che abbiano raggiunto i 67 anni di età) per il ricalcolo dell’assegno, quando ricorrono le condizioni di legge.
  • È possibile ottenere gli eventuali arretrati, se comprovato che la penalizzazione è avvenuta su periodi effettivamente neutralizzabili.
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