Cosa prevede il fiscal drag, come penalizza i lavoratori dipendenti e i pensionati e come potrebbe essere risolto dal governo
Per comprendere e conoscere il fenomeno del fiscal drag, è necessario partire dal sistema di tassazione italiano, basato sulle tre aliquote Irpef (attualmente) e l'andamento dell'inflazione.
Tale sistema è progressivo, con l’aliquota che aumenta al crescere del reddito e infatti è fissata al 23% sul primo scaglione di reddito fino a 28mila euro, al 35% sui redditi compresi tra 28 e 50mila e al 43% sui redditi superiori ai 50mila.
Nello stesso sistema di tassazione, bisogna poi considerare che le diverse detrazioni per tipologia di reddito, che diminuiscono al crescere del reddito e che concorrono a determinare la progressività finale del sistema fiscale.
Ciò si traduce in maggiori versamenti chi è più ricco rispetto a chi è più povero. Tuttavia, possono verificarsi, come accaduto in questi ultimissimi anni, aumenti stellari e improvvisi dell’inflazione e, quando ciò succede, la quota del reddito Irpef da pagare aumenta automaticamente.
Questo è il fiscal drag che rappresenta un serio problema per chi paga un’imposta progressiva, soprattutto per i lavoratori dipendenti e i pensionati.
Se, infatti, aumenta il reddito per adeguamento all’inflazione, il contribuente ricade nello scaglione di tassazione più elevato, pagando un’Irpef maggiore, senza beneficiare di un reale miglioramento economico.
E si tratta di un importante problema per chi vive di stipendi e pensioni che non permettono di vivere effettivamente in maniera benestante.
D’altro canto, però, il fiscal drag rappresenta una entrata certa (e anche elevata) per le finanze pubbliche del governo.
Con il regime fiscale modificato dal 2022 al 2025, secondo le stime dell’Upb, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, e con l’accorpamento da quattro a tre aliquote Irpef, il maggior prelievo associato ai 2 punti percentuali di inflazione è risultato più alto di circa 370 milioni (+13%).
Per risolvere il fenomeno del fiscal drag, per cui in presenza di inflazione le tasse da pagare aumentano ma lo stipendio, in termini reali, vale di meno, il governo potrebbe pensare a diverse soluzioni, a partire dalla revisione delle aliquote Irpef in base agli scaglioni di reddito per renderli più progressivi e adeguati magari all’inflazione, per arrivare riforme fiscali soprattutto per chi ha redditi medio-bassi.
L’unica soluzione di cui ha parlato il governo finora è stata l’intenzione di ridurre la seconda aliquota Irpef portandola dal 35% al 33% ed estendo la platea dei beneficiari a coloro che hanno redditi fino a 60mila euro e non più fino a 50mila euro.
Ma si potrebbe pensare anche, per esempio, a bonus o agevolazioni fiscali per determinate categorie di lavoratori o famiglie.
Si potrebbe anche pensare, come già iniziato a fare, anche a potenziamenti del welfare, come i fringe benefit che non vengono calcolati nel reddito imponibile.