Dal 2025 le plusvalenze da criptovalute saranno tassate al 36%, con nuove regole che eliminano la franchigia e modificano la dichiarazione fiscale. Novità, esempi pratici e confronto con l'Europa.
Il panorama normativo riguardante la tassazione delle criptovalute in Italia si appresta a cambiare radicalmente tra il 2025 e il 2026. La nuova disciplina fiscale, ideata per uniformare la tassazione delle plusvalenze derivanti dalle cripto-attività agli altri rendimenti finanziari, introduce meccanismi più stringenti sia in termini di aliquote sia per ciò che concerne gli obblighi dichiarativi. L'eliminazione della soglia di esenzione e l'aumento dell'aliquota ordinaria rappresentano un passaggio decisivo che interesserà tutti gli investitori, dai piccoli risparmiatori agli operatori professionali.
Sarà determinante per ogni contribuente aggiornarsi sulle nuove regole, che coinvolgono sia le modalità di calcolo degli utili che le opportunità di pianificazione offerte dall'affrancamento opzionale prima dell'entrata in vigore delle nuove aliquote. Esperienza, attenzione e competenza diventano requisiti essenziali per navigare questo scenario fiscale in continua definizione.
Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 rivoluzionano il trattamento tributario delle plusvalenze da cripto-attività. Due cambiamenti in particolare impattano fortemente:
Un ulteriore punto critico risiede nella disparità di trattamento rispetto ad altri prodotti finanziari: strumenti come ETF, ETP e futures su crypto rimangono infatti soggetti all'aliquota del 26%, rendendo la gestione diretta di asset digitali fiscalmente meno conveniente rispetto all'impiego di veicoli regolamentati. Questa asimmetria, evidenziata da numerosi operatori, solleva dubbi sul rischio di un progressivo spostamento degli investimenti verso mercati esteri più vantaggiosi sotto il profilo tributario.
Le novità normative amplificano gli obblighi di controllo, conservazione documentale e monitoraggio sistematico delle operazioni, rendendo indispensabile l'impiego di software e strumenti di tracciamento, nonché il supporto di consulenti esperti in fiscalità crypto.
Analizzare la differenza tra vecchio e nuovo regime implica comprendere in che modo la base imponibile e la determinazione dell'imposta siano evolute. Fino al 2024, il sistema prevedeva l'esclusione dalla tassazione delle plusvalenze annue fino a 2.000 euro; solo l'ammontare eccedente era soggetto all'aliquota ordinaria del 26%:
Anno fiscale |
Aliquota |
Franchigia |
Imponibile |
2024 |
26% |
2.000€ |
Solo importo eccedente |
2025 |
26% |
Nessuna |
Tutto l'importo |
2026 |
33% |
Nessuna |
Tutto l'importo |
Supponendo una plusvalenza di 2.500 euro, nel 2024 si sarebbe pagato il 26% solo su 500 euro, mentre dal 2025 l'imposta si applica sull'intera somma. Nel 2026 la stessa plusvalenza subisce una tassazione incrementata pari a 825 euro (2.500 x 33%).
La determinazione della base imponibile si effettua, nella prassi, secondo regole precise:
La normativa introduce una misura straordinaria: la possibilità, per le persone fisiche, di “affrancare” le cripto-attività versando un'imposta sostitutiva al 18%, calcolata sul valore di mercato degli asset alla data del 1° gennaio 2025. Questa opzione consente di elevare il valore fiscale degli asset, riducendo di molto o azzerando future plusvalenze imponibili alla vendita.
L'affrancamento si rivolge a chi detiene cripto-attività alla data prevista. Le fasi operative sono:
Valore portafoglio 1/1/2025 |
100.000€ |
Imposta affrancamento (18%) |
18.000€ |
Vendita nel 2026 a |
100.000€ |
Plusvalenza tassabile |
0 |
Imposta vendita |
0 |
Il vantaggio riguarda gli investitori con forti plusvalenze latenti e che prevedono di liquidare (almeno in parte) gli asset dopo il 2025. Tuttavia, rinunciando all'eventuale utilizzo di minusvalenze fiscali, questa strada è meno interessante per chi prevede di mantenere a lungo termine gli asset digitali, o se le plusvalenze future saranno modeste.
L'affrancamento si applica per intero a ogni singola tipologia di cripto-attività detenuta, senza possibilità di optare selettivamente su una parte delle posizioni. Il pagamento va eseguito mediante modello F24, codice tributo 1717, ed evidenziato nei quadri RT e RW nella dichiarazione dei redditi 2026 (anno d'imposta 2025).
Il nuovo quadro fiscale impone regole stringenti per la dichiarazione e il monitoraggio delle cripto-attività. Ogni contribuente residente in Italia è ora tenuto a:
Le sanzioni per omissione vanno dal 120% al 240% della maggiore imposta dovuta, oltre agli interessi. Per evitare errori o sanzioni, è buona prassi:
L'abolizione della franchigia e l'aumento dell'aliquota al 33% determinano nuovi scenari per la pianificazione sia per piccoli risparmiatori sia per operatori professionali:
A livello europeo, l'incremento dell'aliquota italiana prevista per il 2026 impone un confronto con le politiche fiscali degli altri Paesi.
Paese |
Aliquota |
Note |
Germania |
0-45% |
Tassazione assente su plusvalenze inferiori a 600€ e su asset detenuti oltre 12 mesi. |
Lussemburgo, Malta, Belgio, Svizzera |
0% |
Plusvalenze non tassate |
Repubblica Ceca |
15-23% |
Due scaglioni in base al reddito annuo |
Slovacchia |
7-25% |
Riduzione al 7% per detenzione oltre 1 anno |
Spagna |
19-28% |
Aliquota progressiva in base al reddito |
Francia, Svezia |
30% |
Aliquota unica |
Paesi Bassi |
33% |
Aliquota unica |
Danimarca |
37-52% |
Scaglioni in base al reddito |
Portogallo |
28% |
Aliquota su brevi periodi, agevolazioni per lunghi |
L'Italia, con l'aliquota prevista al 33%, si posiziona tra i Paesi con tassazione più elevata. In varie giurisdizioni europee sono previsti regimi agevolati, esenzioni o aliquote ridotte in base al periodo di detenzione (come in Germania o Slovacchia) o sulla base del reddito personale.
Questa differenza influisce sia sulla competitività del sistema, sia sulle scelte di localizzazione degli investitori. L'introduzione della nuova aliquota ricolloca l'Italia nella fascia alta del prelievo sulle cripto-attività, con potenziale rischio di perdita di appeal rispetto ad altre piazze. Rimane pertanto essenziale monitorare l'evoluzione in sede europea per valutare eventuali future armonizzazioni o correzioni della normativa interna.