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Temu ha raddoppiato i guadagni in Europa solo con 8 dipendenti: un paradosso e un danno economico incalcolabile

di Marcello Tansini pubblicato il
Temu, 8 dipendenti

Temu ha rivoluzionato il mercato europeo con una crescita fulminea e un modello snello: solo 8 dipendenti, guadagni raddoppiati, strategie fiscali aggressive e impatti su concorrenza ed economia.

In pochi anni Temu è riuscita a imporsi nel mercato digitale europeo con dati che sorprendono sia consumatori che operatori del settore: oltre 90 milioni di utenti raggiunti in Europa, una crescita esponenziale di ricavi e una struttura organizzativa ridotta all'osso.

Questo scenario è un paradosso che mette in discussione i classici modelli di business: il marketplace gestisce miliardi di transazioni e guadagna più di molte imprese storiche, eppure si affida a una manciata di dipendenti nella sede UE per la sua espansione. In parallelo, le modalità di gestione dei guadagni e la fiscalità adottata sollevano dubbi sull'equità e la sostenibilità di tali modelli nel contesto economico europeo.

Numeri da record: crescita, fatturato e modello operativo di Temu

L'ascesa del colosso cinese dell'e-commerce appare dirompente, con numeri che evidenziano un'espansione straordinaria: nel 2024 Temu ha dichiarato ricavi superiori a 1,7 miliardi di dollari nel Vecchio Continente, più del doppio rispetto ai circa 750 milioni dell'anno precedente. Il profitto operativo in Europa sfiora i 120 milioni di euro, un risultato che sorprende ancor di più considerando la struttura organizzativa locale: appena otto dipendenti sono deputati a gestire la piattaforma continentale, coordinando ordini, customer care, aspetti tecnici e processi amministrativi. Il cuore pulsante delle attività commerciali, logistiche e strategiche rimane saldamente ancorato alla Cina, mentre la sede irlandese funge da hub fiscale e punto di raccordo con le normative europee.

Il modello operativo si basa su una rete di milioni di venditori, prevalentemente cinesi, che utilizzano il marketplace come vetrina internazionale. L'assenza di intermediari locali permette all'azienda di mantenere prezzi particolarmente competitivi rispetto ai concorrenti. Grazie alla digitalizzazione avanzata dei processi, questi pochi addetti riescono a controllare un sistema estremamente complesso, sfruttando automazione e piattaforme integrate che consentono di minimizzare i costi di struttura. La strategia ha portato a un posizionamento dominante, con una quota di mercato crescente nell'e-commerce europeo e un impatto considerevole sulla logistica internazionale.

Di particolare interesse è anche il raffronto con altri big player globali: Temu, nonostante la giovane età, ha raggiunto una capitalizzazione di mercato analoga a società come Inditex (holding di Zara) e superiore a case storiche come Nike e Generali. Questo successo si riflette nella capacità di intercettare la domanda di prodotti a prezzi bassi, complice una pubblicità aggressiva che punta su offerte temporanee e bonus per i nuovi utenti.

Le strategie fiscali e l'esenzione fiscale sotto i 150 euro

L'impatto del marketplace sulle casse fiscali dei Paesi membri dell'UE è un argomento che suscita vivo dibattito. Nonostante la crescita dei profitti, le imposte versate risultano molto inferiori rispetto ai guadagni dichiarati. Nel 2024 la contribuzione fiscale della piattaforma in Europa si è fermata a circa 18 milioni di euro, pari a una frazione modesta rispetto ai ricavi generati. La situazione è resa possibile grazie a un'architettura societaria che sfrutta le regole comunitarie, tra cui la presenza di una controllata irlandese utilizzata come base operativa e fiscale.

L'Unione europea ha introdotto una imposta minima globale per le grandi multinazionali, ma il beneficio effettivo per i bilanci pubblici resta limitato. L'azienda afferma di rispettare tutte le normative in vigore e di aver già pagato altre imposte (IVA, dazi, contributi indiretti), ma il dato principale riguarda la bassa incidenza fiscale rispetto ai profitti netti. Questa distonia rispetto alla pressione fiscale delle aziende europee genera situazioni di vantaggio competitivo strutturale, amplificato dal fatto che la maggior parte dei margini finisce all'estero.

Il dibattito pubblico ha portato diversi osservatori istituzionali, tra cui la Fair Tax Foundation e rappresentanti dei governi di Germania, Polonia e Romania, a chiedere un rafforzamento delle regole e una revisione delle esenzioni doganali, così da garantire equità contributiva e maggiore trasparenza nei dati sulle tasse pagate dalle grandi piattaforme extra-UE.

Uno dei pilastri che ha consentito a Temu di raggiungere una rapida espansione nei mercati europei riguarda la normativa doganale UE sui piccoli pacchi. Gli articoli di valore inferiore a 150 euro possono essere spediti dalla Cina verso i consumatori europei senza applicazione di dazi e - in molti casi - senza dover corrispondere l'IVA. Questa disposizione, nata con l'obiettivo di semplificare la burocrazia per spedizioni a basso valore, è oggi criticata perché permette alle grandi piattaforme di aggirare i regimi fiscali nazionali mettendo in seria difficoltà la concorrenza locale.

Nel 2024 sono stati importati nel territorio comunitario oltre 4,6 miliardi di pacchi “low value”, la maggioranza dei quali da aziende cinesi tramite piattaforme digitali. Di conseguenza, si genera un flusso massiccio di merci che sfugge ai controlli e alle contribuzioni previste, erodendo risorse pubbliche e rendendo inefficaci molti strumenti di monitoraggio fiscale. Diverse analisi indicano che questa esenzione risulta oggi un'anomalia che avvantaggia solo i grandi operatori extra-UE, alterando il corretto funzionamento del mercato interno.

I danni economici: concorrenza sleale e impatto sulle aziende europee

La capacità di offrire prodotti a prezzi bassissimi, resa possibile dall'assenza di dazi e dal ricorso a ottimizzazioni fiscali estreme, genera dumping fiscale e commerciale. Le aziende europee subiscono un danno notevole, dovendo competere con operatori che non pagano le stesse tasse e non rispettano la medesima catena di controllo su qualità ed eco-compatibilità.

L'impatto viene aggravato dall'espansione incontrollata dell'offerta di prodotti a basso valore, spesso realizzati senza le dovute certificazioni o con materie prime di dubbia provenienza: una situazione che mina la sostenibilità di molti settori della manifattura, del design, dell'abbigliamento e dell'hi-tech europeo.

  • Perdita di ricavi e posti di lavoro nelle filiere produttive locali
  • Depauperamento delle entrate fiscali statali
  • Maggior difficoltà per startup e PMI nel competere su scala globale
  • Incremento della presenza di merci contraffatte e non a norma
  • Sbilanciamento degli investimenti verso paesi con minori tutele sociali e ambientali
Studi delle principali organizzazioni di categoria e delle Camere di Commercio confermano che il fenomeno mette in discussione la tenuta del sistema economico europeo a medio-lungo termine.

Il costo sociale invisibile: posti di lavoro non generati e depauperamento locale

Dietro queste cifre in apparenza magiche si nasconde un danno meno visibile e difficile da quantificare. Se Temu avesse dovuto gestire internamente buona parte delle funzioni locali - logistica, assistenza clienti, compliance, magazzini - avrebbe dovuto assumere decine o centinaia di persone. In questo modo molti posti di lavoro non sono mai nati, con riflessi sul mercato del lavoro regionale, sui centri urbani e sugli investimenti in competenze locali.

Quando una piattaforma globale drena consumatori verso vendite “fuori circuito” locale, i rivenditori, i centri logistici, i servizi di post-vendita, i magazzini e le startup del settore si trovano in svantaggio competitivo: la pressione sui margini cresce, la sostenibilità economica locale viene erosa.

Tali costi “pubblici” non vengono sempre imputati ai soggetti che generano i flussi, ma ricadono sulla collettività.

Non è solo una questione di economia: il tema della sicurezza dei prodotti che transitano su piattaforme come Temu, come vedremo anche nel paragrafo successivo, è centrale. La Commissione europea ha reso note le sue preoccupazioni preliminari, sostenendo che Temu non valuterebbe adeguatamente i rischi legati all’offerta di prodotti non conformi o illegali alla normativa UE.

Un’indagine “mystery shopping” condotta dagli organi comunitari ha evidenziato che molti acquirenti potrebbero incappare in giocattoli non conformi, piccoli dispositivi elettronici inconsistenti, oggetti con materiali potenzialmente tossici.

Se queste rilevazioni fossero confermate, Temu risulterebbe in violazione del DSA, potenzialmente soggetto a multe fino al 6 % del fatturato globale e costretto a introdurre misure correttive stringenti.

I rischi sanitari correlati non sono teorici: metalli pesanti (piombo, cadmio, nichel) nelle componenti metalliche o nei rivestimenti, composti chimici tossici (ftalati, formaldeide, solventi) nei materiali plastici o cosmetici, difetti elettrici nei dispositivi, parti staccabili nei giocattoli che possono causare soffocamento, irradiazioni non conformi nei prodotti elettronici sono tutte minacce potenziali. In contesti reali, queste esposizioni possono generare allergie, dermatiti, avvelenamenti cronici, lesioni da scosse elettriche o danni agli organi interni, in base alla natura e durata dell’esposizione.

Da parte sua, Temu respinge le accuse, sostenendo di cooperare con le autorità e di aver già pagato imposte in vari paesi europei, pur affermando che i numeri citati rappresentano solo una parte del suo ecosistema fiscale.

Qualità dei prodotti: rischi, illegalità e tossicità

Accanto ai temi fiscali e concorrenziali emergono crescenti dubbi sulla sicurezza e conformità dei prodotti venduti tramite la piattaforma cinese. Diversi organismi di controllo, tra cui la Commissione europea e associazioni dei consumatori come Altroconsumo, hanno rilevato la presenza di sostanze tossiche - tra cui piombo, ftalati e PFAS - in numerosi articoli testati, dagli accessori moda ai gadget elettronici.

Sono segnalate violazioni costanti delle normative sulle etichettature, sull'origine e sulle composizioni materiali, con prodotti spesso privi delle certificazioni obbligatorie e privi di informazioni trasparenti circa il produttore reale. Aumentano i rischi per la salute, con casi documentati di articoli per l'infanzia che rilasciano sostanze nocive attraverso il sudore o il contatto prolungato con la pelle. Anche il tema delle condizioni di lavoro nelle filiere asiatiche è oggetto di inchieste: diversi report hanno evidenziato turni massacranti, salari molto bassi, mancanza di tutele dei diritti di base e richiesta di produzioni a ritmi insostenibili.

Il risultato è la presenza sui mercati occidentali di una massa di prodotti potenzialmente pericolosi, difficili da tracciare e gestire, e la diffusione di pratiche commerciali scorrette che minano la fiducia dei consumatori e la sicurezza degli acquisti.