Nell'attuale contesto lavorativo, la gestione e il controllo dei dipendenti operanti al di fuori degli ambienti aziendali rappresentano una delle questioni più dibattute. L’espansione del lavoro agile, degli incarichi esterni e delle attività in remoto ha reso sempre più rilevante il tema del controllo dipendenti lavoro fuori ufficio e licenziamenti. È, infatti, cresciuta l’esigenza da parte delle aziende di assicurare la corretta esecuzione delle mansioni assegnate, anche in assenza di una supervisione costante e diretta.
Il quadro normativo: Statuto dei Lavoratori e limiti dei controlli aziendali
Lo Statuto dei Lavoratori limita la possibilità di controllo dei lavoratori a esigenze organizzative e produttive, sicurezza sul lavoro, tutela del patrimonio aziendale. Anche i controlli sugli strumenti elettronici e sulle attività a distanza sono considerati leciti ma solo previa comunicazione ai lavoratori e in accordo con le rappresentanze sindacali o per autorizzazione dall’ispettorato territoriale del lavoro.
Sono ammesse due principali tipologie di controlli:
- Controlli ordinari, legati alle necessità organizzative e produttive, sempre soggetti alle forme di garanzia sopra indicate;
- Controlli difensivi, effettuati in presenza di fondati sospetti su comportamenti illeciti da parte di singoli dipendenti. Tali controlli, secondo la giurisprudenza, sono ammessi anche senza preventiva informativa se attivati a tutela del patrimonio aziendale e per accertare condotte fraudolente o penalmente rilevanti.
La sentenza n. 24564/2025 della Corte di Cassazione e gli effetti
La recente
sentenza n.24564/2025 della Corte Cassazione ha avuto un impatto significativo nell’interpretazione dei limiti del controllo dei dipendenti operanti fuori dalle sedi di lavoro. I giudici hanno, infatti,
dato il via libera definitivo alla possibilità per aziende, imprese e datori di lavoro di pedinare i lavoratori esterni con investigatori privati.
La decisione della Cassazione, da una parte, riafferma il diritto delle aziende a proteggersi da comportamenti fraudolenti, dall'altra pone anche interrogativi sul confine tra controllo legittimo e sorveglianza eccessiva. In ogni caso, il principio affermato è molto chiaro: chi lavora fuori ufficio non è mai libero dal controllo aziendale almeno durante l'orario di lavoro.
Nel caso esaminato, un lavoratore addetto a mansioni fuori ufficio aveva reiteratamente attestato presenze e attività lavorative non effettuate, sfruttando dispositivi elettronici e mezzi aziendali per scopi personali. La società, dopo aver rilevato dati oggettivi di scarse prestazioni, ha prima atteso l’emergere di elementi sospetti e poi disposto indagini sistematiche tramite agenzia investigativa.
La Corte ha riconosciuto la legittimità della raccolta di prove tramite strumenti tecnologici e attività investigativa, in quanto fondata su sospetti oggettivi e orientata alla verifica di condotte fraudolente.
I giudici hanno, quindi, stabilito i seguenti criteri:
- I controlli sono più facilmente giustificati nei casi di lavoro esterno, dove il rischio di abusi o illeciti è statisticamente più elevato.
- La gradualità delle verifiche e la raccolta di indizi rappresentano elementi chiave per la sostenibilità delle azioni disciplinari.
- Il diritto del datore di lavoro a compiere accertamenti mirati risulta rafforzato, purché sia rispettato il bilanciamento con i diritti del lavoratore.
Condotte che giustificano il licenziamento: casi concreti e limiti di liceità
Tra le condotte di
lavoratori controllati fuori dall'ufficio che possono portare a licenziamenti giustificati, la giurisprudenza individua in particolare:
- False attestazioni di presenza mediante sistemi elettronici aziendali, con dichiarazione di orari di servizio non corrispondenti alla realtà.
- Svolgimento di attività personali durante l’orario lavorativo, con utilizzo dei mezzi dell’azienda o permanenza immotivata in luoghi estranei alle mansioni lavorative.
- Appropriazione indebita di beni aziendali o danneggiamento intenzionale del patrimonio della società.
- Condotte che ledono l’immagine o la reputazione dell’azienda, anche attraverso comportamenti privati di particolare gravità, divenuti di dominio pubblico.
- Violazione reiterata delle procedure o mancato rispetto del codice etico e delle direttive interne note e chiaramente comprensibili.
Non tutte le irregolarità possono giustificare, però il licenziamento dal lavoro: per la Cassazione è, infatti, sempre necessaria una valutazione concreta della gravità, della reiterazione e della natura degli addebiti (ad esempio la truffa, con effetti sia sull’aspetto patrimoniale che fiduciario, è ritenuta motivo di licenziamento per giusta causa).
Leggi anche