Dividendi o rendimento complessivo di un'azione? Analisi e confronto tra strategie di investimento, calcolo dei rendimenti, crescita del capitale, indicatori utili ed esempi concreti.
Da un lato il guadagno riconducibile alla rivalutazione del prezzo del titolo, dall'altro il flusso periodico generato dagli utili redistribuiti dalle società agli azionisti: due approcci differenti che possono orientare le scelte di allocazione del capitale in base a obiettivi ed esigenze personali. Comprendere le differenze tra questi meccanismi permette non solo di ottimizzare il portafoglio ma anche di adottare una strategia di investimento consapevole. A tal fine, è essenziale saper leggere indicatori, analizzare i dati storici e cogliere le implicazioni delle decisioni aziendali, inclusi i riacquisti di azioni e i progetti di crescita futuri.
I dividendi rappresentano una quota degli utili che una società decide di distribuire periodicamente agli azionisti. Possono essere corrisposti in contanti o, in alcuni casi, in azioni aggiuntive. La politica dei dividendi varia in base alla fase di sviluppo e allo stile gestionale dell'azienda: realtà consolidate tendono a privilegiare una distribuzione stabile, mentre le società in crescita spesso preferiscono reinvestire i profitti, offrendo dividendi minori o nulli.
La scelta di investire in titoli a dividendo risponde a strategie orientate alla stabilità del reddito e alla riduzione della volatilità del portafoglio. I dividendi possono costituire un'importante rendita periodica, apprezzata soprattutto in periodi di incertezza dei mercati o nei portafogli costruiti per obiettivi di lungo termine. Un altro aspetto rilevante riguarda le così dette “Dividend Aristocrats”, ossia aziende che vantano una lunghissima storia di distribuzione e crescita regolare dei dividendi, elementi che offrono affidabilità e attrattività per chi cerca stabilità:
Il rendimento da dividendi, comunemente chiamato dividend yield, misura il rapporto tra il dividendo annuale distribuito per azione e il prezzo corrente della stessa. Questo dato è espresso in percentuale ed è considerato un parametro di riferimento per valutare il potenziale di reddito di un titolo azionario:
La crescita del valore di un'azione, detta capital gain, si verifica quando si riesce a vendere il titolo a un prezzo superiore rispetto a quello di acquisto. Questo tipo di rendimento può essere l'effetto di piani strategici di crescita, espansioni di business o innovazioni di prodotto.
Accanto alla rivalutazione, molte aziende attuano politiche di buyback, ovvero il riacquisto di azioni proprie sul mercato. Questa attività riduce il numero di azioni in circolazione, con il conseguente aumento del valore di quelle residue; il beneficio per l'azionista può essere sia immediato (prezzo dell'azione in salita) sia dilazionato nel tempo (più utile per azione, EPS). Dal punto di vista fiscale, la tassazione sui capital gain si applica solo al momento della vendita effettiva del titolo, permettendo una certa flessibilità nella pianificazione.
L'alternativa alla distribuzione di dividendi può essere rappresentata dall'investimento degli utili in progetti innovativi o acquisizioni, strategie pensate per favorire la crescita dell'azienda. Queste azioni mirano ad aumentare il valore a lungo termine del capitale degli azionisti, pur sacrificando la liquidità immediata garantita dal dividendo:
La domanda sull'opportunità di preferire la distribuzione di dividendi o la crescita del capitale attraversa tutti i profili di investitore. La risposta risiede soprattutto negli obiettivi personali e nell'orizzonte temporale dell'investimento.
Gli investitori a caccia di reddito tendono a privilegiare i dividendi, ossia titoli che offrono flussi di cassa regolari, data la relativa stabilità e la capacità di integrare altre entrate.
Al contrario, chi mira all'accumulo di capitale, accettando variabilità nel tempo, può optare per titoli che reinvestono gli utili, con la speranza che la crescita aziendale si rifletta sull'aumento del prezzo delle azioni.
I mercati sviluppati offrono casi esemplari: le blue chip a dividendo costante rappresentano scelte conservative, mentre i titoli growth spesso privilegiano la rivalutazione.
Alla base della scelta vi è il concetto di "Total Return", che somma la valorizzazione del capitale ai dividendi percepiti. La combinazione delle due componenti porta a rendimenti generalmente più stabili e a una gestione efficace della volatilità.
È importante sottolineare che la decisione non è netta: molti portafogli ben diversificati uniscono entrambi gli approcci. L'equilibrio tra azioni da dividendo e titoli a crescita consente di ridurre il rischio, cogliere opportunità di mercato e rispondere alle esigenze di liquidità e di crescita del capitale.
La valutazione di un investimento azionario necessita dell'analisi integrata di diversi indicatori, al fine di misurare la capacità della società di generare valore in modo sostenibile:
L'esperienza di investitori e analisti sottolinea l'importanza di una valutazione integrata. Si pensi a società italiane come Enel, che storicamente hanno mantenuto una generosa politica di distribuzione con rendimenti spesso superiori a quelli dei titoli di Stato. Diversi istituti bancari hanno inoltre affiancato politiche di dividendo consistente a buyback, offrendo agli azionisti una doppia strada per la valorizzazione del loro investimento.
Azione |
Rendimento medio dividendi (%) |
Payout ratio (%) |
Enel |
6,5 |
70 |
Snam |
5,1 |
82 |
Intesa Sanpaolo |
7,0 |
75 |
Gli esempi nel panorama internazionale includono le Dividend Aristocrats statunitensi, come Johnson & Johnson e Procter & Gamble, che hanno incrementato la remunerazione degli azionisti per decenni. Gli esperti raccomandano tuttavia di guardare oltre il solo "dividend yield": la solidità della governance, la costanza dei risultati e la capacità di adattarsi ai cambiamenti di mercato sono fattori essenziali nella selezione delle azioni da inserire in portafoglio.