La sentenza 16674/2024 della Cassazione ridefinisce quando il viaggio verso il lavoro rientra nell'orario retribuito. Analisi di normative, trasferte, rimborsi e risvolti per aziende e dipendenti.
L’analisi della disciplina relativa al tempo di viaggio pagato dal datore di lavoro rivela una crescente attenzione giuridica verso la tutela dei diritti dei lavoratori. Nel contesto italiano, le disposizioni in materia di orario di lavoro si sono evolute grazie anche all’intervento delle corti superiori, che hanno precisato i casi in cui gli spostamenti debbano essere retribuiti o meno. Le pronunce giurisprudenziali e le recenti novità legislative impongono una riflessione attenta su come vengano considerati i trasferimenti temporanei nei confronti dell’attività lavorativa, differenziando tra gli spostamenti ordinari e quelli connessi a trasferte aziendali. Questo approfondimento è pensato per fornire un quadro chiaro sulle condizioni di retribuizione degli spostamenti dal domicilio alla sede e per le trasferte richieste dal datore di lavoro.
Nel quadro normativo italiano, l’orario di lavoro è definito come il periodo in cui il dipendente presta la propria attività ed è a disposizione del datore secondo le direttive aziendali. Il tragitto casa-lavoro tradizionalmente non è riconosciuto come tempo di lavoro retribuito. Tale spostamento è considerato una necessità personale e non un’attività funzionale alle mansioni per conto del datore. Tuttavia, esistono importanti eccezioni: negli incarichi che richiedono la mobilità verso luoghi diversi dalla sede ordinaria, il tempo impiegato per lo spostamento può assumere rilievo ai fini retributivi.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16674/2024 ha fornito precisazioni essenziali riguardo il diritto del dipendente alla retribuzione per i tempi di spostamento in determinati contesti. L’episodio giurisprudenziale riguarda in particolare i lavoratori tenuti, sulla base delle direttive aziendali, a raggiungere luoghi di lavoro esterni partendo dalla sede aziendale, spesso utilizzando mezzi messi a disposizione dell’azienda stessa. Il pronunciamento afferma che il periodo di tempo in cui il lavoratore si trova sotto il controllo e la direzione dell’azienda, anche durante il viaggio tra sede e luogo di intervento, deve essere considerato a tutti gli effetti orario lavorativo retribuito.
L’accordo che preveda una franchigia temporale non retribuita è nullo, quando contrasta con il diritto del lavoratore di vedere riconosciuto il corrispettivo per tutto il tempo effettivamente a disposizione del datore (ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera a) del D.Lgs. 66/2003). La sentenza amplia la protezione non solo ai tecnici in trasferta, ma anche a figure che operano mediante spostamenti guidati da direttive aziendali specifiche. Al contrario, il tragitto casa-lavoro genericamente inteso continua a non essere considerato orario retribuito.
Nonostante il principio generale, la disciplina vigente individua precise condizioni ed eccezioni che determinano quando il datore di lavoro è obbligato a corrispondere il compenso per il viaggio:
Nell’ambito delle trasferte lavorative, la legislazione italiana e la contrattazione collettiva prevedono specifici meccanismi di rimborso e indennità. Quando il dipendente è inviato in una località diversa dalla sede ordinaria, ha diritto:
Modalità di rimborso |
Importo/Condizione |
Indennità forfettaria (Italia) |
Fino a €46,48 al giorno |
Indennità forfettaria (Estero) |
Fino a €77,47 al giorno |
Rimborso forfettario solo vitto o alloggio (Italia) |
Fino a €15,49 al giorno |
Rimborso forfettario vitto e alloggio (Italia) |
Fino a €30,99 al giorno |
Rimborso a piè di lista |
Totale se documentato (dal 2025: solo se pagamento tracciato) |
Le differenze retributive sono riconosciute solo previa prova puntuale da parte del lavoratore e possono essere tracciate tramite sistemi di geolocalizzazione aziendale ove previsti.
A partire dal 1° gennaio 2025, la Legge di Bilancio ha introdotto l’obbligo di pagamento tracciabile per rimborsi spese di trasferte, riguardanti vitto, alloggio e viaggio. La novità comporta che, per poter escludere tali somme dalla tassazione e dalla contribuzione per il lavoratore e per garantirne la deducibilità all’impresa, è necessaria la prova del pagamento con strumenti bancari, postali o sistemi elettronici previsti dalla normativa fiscale (art. 23 D.lgs. 241/1997). Se la spesa è sostenuta in contanti, il rimborso è trattato come retribuzione a tutti gli effetti fiscali e previdenziali.