Nel contesto della libera professione, la questione dell'addebito in fattura della cosiddetta rivalsa INPS costituisce un aspetto di particolare rilevanza sia per chi offre i propri servizi tramite partita IVA, sia per le aziende o i privati che richiedono tali prestazioni. Questo meccanismo consiste nell'applicazione di una maggiorazione, tipicamente pari al 4% del compenso lordo, inserita in fattura come specifico contributo previdenziale. L'obiettivo è quello di supportare il versamento dei contributi dovuti dal professionista alla Gestione Separata dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.
Tale prassi si colloca all'interno di un sistema normativo che mira a garantire una copertura previdenziale a soggetti che, non iscritti a Ordini professionali o casse specifiche, versano obbligatoriamente i propri contributi all'INPS.
La rivalsa INPS nasce con l'articolo 1, comma 212, della Legge n. 662/1996, che consente ai liberi professionisti privi di cassa previdenziale autonoma, ma iscritti alla Gestione Separata, di addebitare in fattura al proprio cliente una quota aggiuntiva, pari fino a un massimo del 4%, a titolo di contributo previdenziale. Tale misura si distingue dai contributi fissi e minimi previsti per altre categorie, come artigiani e commercianti iscritti alle rispettive gestioni INPS, le cui regole contributive non seguono criteri proporzionali al fatturato ma sono stabilite annualmente.
I principali destinatari di questa disciplina sono i lavoratori autonomi che operano tramite partita IVA ma che non appartengono ad albi, ordini o casse previdenziali dedicati. La possibilità di applicare la rivalsa INPS interessa soprattutto freelance che operano in settori innovativi e senza una tradizione ordinistica, oltre ai professionisti che svolgono attività regolamentate ma non iscritti ad alcun ente previdenziale di categoria. Restano invece esclusi coloro che dispongono di una cassa professionale specifica (ad es. avvocati, architetti, medici), poiché per questi soggetti vigono percentuali e modalità di contribuzione definite dal relativo ente.
La dicitura "rivalsa INPS" indica in pratica una quota calcolata come percentuale – nella maggior parte dei casi il 4% – sul valore del compenso lordo, che può essere riportata separatamente in fattura. Questa voce consente al professionista di addebitare al committente parte dell'onere contributivo, chiarendo la finalità previdenziale del pagamento e facilitando una maggiore trasparenza nei rapporti commerciali.
Un elemento di rilievo nel dibattito riguardante la rivalsa INPS riguarda la libertà dell'applicazione e la necessità di accordo tra le parti. Dal punto di vista normativo, la possibilità per il professionista di addebitare tale contributo al cliente non implica un obbligo automatico; la legge concede infatti una facoltà e non un vincolo rigido. Pertanto, è determinante che la volontà di inserire la rivalsa INPS in fattura sia chiaramente concordata ex ante tra libero professionista e committente. C'è da sapere che:
Se nel contratto o nell'accordo preventivo viene espressamente previsto che il compenso è da intendersi al netto di ogni onere, il professionista può aggiungere la percentuale della rivalsa INPS all'importo inizialmente pattuito.
Al contrario, una clausola contrattuale che indichi un corrispettivo "onnicomprensivo" di ogni onere accessorio o che non menzioni la rivalsa, limita la possibilità di richiedere l'importo aggiuntivo, impedendo di inserirlo a posteriori nella fattura.
In presenza di contratti scritti, è quindi prassi raccomandata una redazione dettagliata delle condizioni economiche, con indicazione chiara degli oneri previdenziali separati rispetto al compenso per la prestazione svolta. Nei rapporti fondati sul contratto d'opera, regolati dall'articolo 2222 del Codice Civile, la definizione degli estremi del pagamento assume valenza dirimente. Questo tutela entrambe le parti, limitando il rischio di contestazioni successive circa la spettanza o meno della rivalsa INPS.
L'aspetto relativo agli obblighi e alla possibilità di rifiutare il pagamento della rivalsa INPS è oggetto di attenzione nella prassi quotidiana. Di norma, ove sia stato raggiunto un accordo che preveda l'addebito diretto della quota previdenziale, il committente è tenuto a corrispondere integralmente la somma, comprensiva della maggiorazione per la Gestione Separata. La mancata corresponsione dell'importo totale configura un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze previste in ambito civile.
In assenza di accordi scritti, il quadro si fa maggiormente articolato. Se la richiesta della rivalsa INPS viene proposta solo al momento dell'emissione della fattura, senza che tale punto sia stato precedentemente condiviso, il cliente può legittimamente opporsi, ritenendo che la maggiorazione non sia dovuta. Diventa perciò centrale la corretta formalizzazione degli accordi economici, sia nella fase di trattativa sia nella stesura del contratto, per evitare incomprensioni e potenziali controversie.
Laddove la rivalsa sia stata esplicitamente pattuita, il committente non potrà rifiutare di pagarla senza incorrere in un inadempimento. Diversamente, in carenza di un'espressa pattuizione, il cliente può sollevare eccezioni, richiedendo eventualmente una correzione della fattura.
Per i committenti pubblici e privati, l'impegno al pagamento della rivalsa si configura come parte integrante delle condizioni economiche, soggetto tuttavia alle regole definite ex ante. Si segnala inoltre che, nonostante il committente versi materialmente il contributo, resta sempre il professionista il soggetto obbligato verso l'INPS all'effettivo versamento dei contributi dovuti.
L'importo applicato a titolo di rivalsa non costituisce un contributo previdenziale puro, bensì una maggiorazione del compenso lordo: ciò implica che tale voce concorre alla formazione del reddito imponibile secondo le regole ordinarie dell'imposizione sul reddito delle persone fisiche o giuridiche.
Per il professionista, la somma percepita a titolo di rivalsa INPS:
Rientra nel calcolo del reddito da lavoro autonomo e viene assoggettata a tassazione (IRPEF, addizionali locali, imposta sostitutiva per forfettari);
Non è automaticamente deducibile quale contributo previdenziale, a differenza delle somme versate direttamente all'ente previdenziale;
Deve essere ricompresa nella base imponibile ai fini IVA se prevista la maggiorazione, a seconda del regime fiscale adottato.
Per il committente privato, invece, l'onere della rivalsa INPS pagata costituisce normalmente un costo d'impresa detraibile, nei limiti e secondo le regole della deducibilità fiscale dei costi sostenuti per prestazioni di lavoro autonomo.
Dal punto di vista pratico e operativo, è importante segnalare che l'omessa indicazione o un conteggio errato della rivalsa in fattura può generare erronee dichiarazioni di reddito, con gravi conseguenze in termini di accertamenti fiscali e sanzioni.
L'applicazione della rivalsa INPS assume caratteristiche particolari per i soggetti aderenti al regime forfettario, un'opzione fiscale molto diffusa tra i lavoratori autonomi con partita IVA che realizzano ricavi sotto le soglie annue previste dalla normativa vigente. Tali contribuenti possono comunque addebitare la rivalsa INPS nelle proprie fatture, a condizione che ciò sia stato concordato con il cliente.
Nel regime forfettario, le specificità da considerare sono le seguenti:
Il professionista, pur potendo richiedere la rivalsa INPS al committente, calcola la propria imposta sostitutiva sull'intero importo fatturato (inclusa la rivalsa);
La rivalsa incide sul volume d'affari e viene inclusa nella determinazione della base imponibile della flat tax;
Non è prevista la detrazione dell'IVA in fattura, né l'applicazione della ritenuta d'acconto, ma va comunque indicata la natura e la ragione della maggiorazione;
Le regole sulla deducibilità delle spese sono definite in modo forfettario, secondo i coefficienti previsti dall'Agenzia delle Entrate.
La corretta applicazione della rivalsa INPS nelle operazioni gestite con il regime forfettario richiede quindi particolare attenzione agli accordi contrattuali e una precisa esposizione in fattura.
In ambito operativo, è frequente che la gestione della rivalsa INPS venga oggetto di discussione in fase di negoziazione e di redazione della documentazione contrattuale. Una prassi corretta impone di esplicitare nei preventivi e nei contratti la presenza, l'entità e la modalità di calcolo della rivalsa INPS, evitando ambiguità e contenziosi successivi. Di conseguenza è bene sapere:
Nel caso di accordo scritto, risulta efficace inserire la seguente formula: “Il compenso pattuito è da intendersi al netto della rivalsa INPS del 4%, che sarà aggiunta all'importo della fattura.”
Se invece si intende evitare la richiesta della maggiorazione, la dicitura consigliata è: “Il corrispettivo convenuto è onnicomprensivo di tutti gli oneri, nessuna ulteriore quota previdenziale sarà addebitata.”
Si raccomanda di allegare, se del caso, un dettaglio dei servizi offerti e distinti in relazione agli importi soggetti e non soggetti a rivalsa contributiva.
Professionisti e clienti possono inoltre tutelarsi tramite:
Una chiara distinzione nella proposta economica tra compenso netto, maggiorazioni previdenziali e altre voci accessorie;
Un'esplicita conferma della volontà delle parti in fase preliminare, soprattutto via email o tramite sistemi di firma elettronica;
La definizione delle modalità di rettifica e rinegoziazione dei corrispettivi nel caso in cui sorgano obiezioni sulla rivalsa in fattura.