Questo regime di favore può essere applicato per un massimo di 5 anni. Indispensabile che l'attività autonoma o professionale sia di nuova istituzione ovvero appena avviata.
Non c'è solo l'aliquota agevolata al 15% per le partite Iva che avviano un'attività e che hanno ricavi non superiori a una certa soglia.
Anche per il 2023 è infatti accessibile anche il regime fiscale che prevede l'applicazione di una aliquota al 5% sul reddito imponibile. Vediamo quindi in questo articolo:
Chi può aprire una partita Iva 2023 al 5%
Caratteristiche partita Iva 2023 al 5%
Prima di esaminare nel dettaglio chi può aprire una partita Iva al 5% nel 2023 è bene precisare una condizione di base. Questo regime di favore può essere applicato per un massimo di 5 anni, dopodiché - in base ai requisiti - il contribuente rientra nel regime ordinario o in quello forfettario. In ogni caso è indispensabile che l'attività autonoma o professionale sia di nuova istituzione ovvero appena avviata.
Possono accedere al regime delle partite Iva al 5% coloro che hanno ottenuto nell'anno di imposta precedente ricavi non superiore alla soglia di 65.000 euro all'anno. E che allo stesso tempo non hanno oltrepassato il limite di 30.000 euro di reddito derivante da lavoro dipendente e né quello di 20.000 euro di spesa per dipendenti.
La normativa 2023 richiede anche che il contribuente non deve aver svolto nei tre anni precedenti attività artistica, imprenditoriale e professionale. Dopodiché, ma non di minore importanza ai sensi dell'accesso al regime delle partite Iva al 5%, l'attività esercitata non deve essere la mera prosecuzione di un'altra attività svolta in precedenza sotto forma di lavoro dipendente o autonomo.
Come fatto presente dall'Agenzia delle entrate, il vincolo che la nuova attività non sia mera prosecuzione di una precedente attività d'impresa, di lavoro dipendente o di lavoro autonomo per fruire dell'aliquota agevolata al 5% persegue una finalità antielusiva.
Punta a evitare che il beneficio possa essere fruito da contribuenti che si limitino a modificare la sola veste giuridica della attività esercitata in precedenza o dispongano, scientemente, la sola variazione del codice Ateco sfruttando il cambio di denominazione previsto per il rinnovo dell'attività.
In pratica la prosecuzione dell'attività deve essere valutata sotto il profilo sostanziale e non formale. Ed è quindi indispensabile valutare se la nuova attività si rivolge alla medesima clientela e necessita delle stesse competenze lavorative.
C'è un altro aspetto importante da segnalare in riferimento alla permanenza al regime delle partite al 5% ed è quello della continuità. A precisare i confini temporali ci ha pensato l'Agenzia delle entrate secondo cui si può parlare di continuità quando il contribuente sceglie di esercitare la medesima attività, svolta precedentemente come lavoratore dipendente rivolgendosi allo stesso mercato di riferimento.
Ritiene che la prosecuzione rilevi anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente, tenuto conto che la norma in esame non fa riferimento a specifiche agevolazioni per i lavoratori in mobilità.
La prosecuzione - fanno notare le Entrate - rileva anche quando la cessazione del rapporto di lavoro avvenga per cause indipendenti dalla volontà del dipendente, tenuto conto che la norma in esame non fa riferimento a specifiche agevolazioni per i lavoratori in mobilità.
Con precedenti documenti di prassi è stato, altresì, chiarito che la continuità non sussiste quando la nuova attività o il mercato di riferimento sono diversi, ovvero quando la precedente attività abbia il carattere di marginalità economica, ossia il lavoro dipendente o assimilato sia svolto, in base a contratti a tempo determinato o di collaborazione coordinata o a progetto per un periodo di tempo non superiore alla metà del triennio.