Quando si affrontano temi come la donazione e la successione ereditaria, emergono spesso interrogativi specifici sulla responsabilità per i debiti contratti dal donante.
Gli istituti giuridici che regolano la trasmissione dei beni tra familiari o soggetti terzi presentano profonde differenze e riflessi non solo sul patrimonio, ma anche sulle potenziali obbligazioni residue.
Comprendere se chi riceve una donazione può essere chiamato a rispondere dei debiti del donante, anche a fronte della scelta di rinunciare all’eredità, è un aspetto centrale per chi desidera tutelare il proprio patrimonio e quello della propria famiglia.
La donazione rappresenta un atto attraverso il quale una persona (il donante) trasferisce, in vita e volontariamente, un bene o un diritto a un altro soggetto (donatario), senza ricevere alcun corrispettivo.
Questo trasferimento è immediato e definitivo e comporta il passaggio della proprietà dal donante al beneficiario già al momento della stipula, solitamente mediante atto pubblico davanti a notaio e con la presenza di testimoni.
A differenza della successione ereditaria, che si apre al momento della morte di una persona e coinvolge la totalità dei suoi rapporti patrimoniali (attivi e passivi), la donazione è un atto inter vivos, quindi si realizza tra soggetti viventi e ha effetti limitati ai beni specificamente indicati nell’atto.
I punti principali di distinzione sono:
Inoltre, la donazione può rilevare successivamente nel calcolo delle quote di legittima spettanti agli eredi necessari, qualora sia lesiva dei loro diritti.
Un quesito frequentemente posto riguarda se chi percepisce una donazione possa essere chiamato a rispondere dei debiti contratti dal donante.
In linea generale, il beneficiario della donazione non ha alcuna responsabili per debiti del disponente, se non nei limiti previsti da specifiche norme.
Secondo l’ordinamento italiano, il donatario riceve un bene libero, salvo casi espressamente individuati in cui la legge tutela i creditori del donante. La regola di base stabilisce che la donazione è a titolo gratuito e che il donante non può imporre oneri diversi da quelli previsti espressamente nell’atto.
Tuttavia, se un soggetto riceve una donazione e il donante aveva già maturato debiti prima di compiere l’atto, i creditori di quest’ultimo possono compiere azioni per soddisfarsi sui beni trasferiti, ma secondo i limiti e le regole della revocatoria ordinaria e della speciale azione revocatoria delle donazioni.
In ogni caso, la mera donazione non comporta, per il ricevente, l’automatica responsabilità diretta dei debiti contratti dal donante.
Solo se il beneficiario diventa anche erede e accetta l’eredità senza clausole particolari (es. beneficio di inventario), sarebbe, in proporzione, responsabile in base al valore dell’eredità stessa, quando il patrimonio attivo non basta a coprire i debiti.
Al contrario, se il beneficiario non accetta l’eredità o vi rinuncia, i creditori del donante non possono agire direttamente sulla donazione.
Al decesso del donante, la posizione giuridica dei beni donati assume un rilievo particolare rispetto a creditori, eredi e legittimari. Dal momento della morte, il patrimonio residuo, comprensivo di attivi e passivi, viene trasferito agli eredi, a condizione che questi abbiano espresso la volontà di accettare l’eredità. I debiti non si estinguono automaticamente, ma fanno parte dell’asse ereditario.
Per i beni già trasferiti in vita tramite donazione, il donatario permane titolare a tutti gli effetti, salvo che i creditori del donante esercitino l’azione revocatoria. Tale azione consente di rendere inefficace la donazione nei confronti dei creditori se questa ha danneggiato le loro ragioni e se era già esistente una situazione debitoria del donante al momento dell’atto. La possibilità di esercizio dell’azione revocatoria si prescrive generalmente entro cinque anni dalla donazione, ma può essere prolungata in base a specifiche condizioni (es. nel caso di una successione aperta con passività significative).
Rilevano poi i diritti dei legittimari (coniuge, figli e, in mancanza, ascendenti), che per legge sono tutelati contro donazioni che pregiudichino le quote di legittima. Possono agire in riduzione per reintegrare la propria quota se la donazione li ha lesi. Tuttavia, simili azioni hanno effetti strettamente patrimoniali e non trasferiscono debiti pregressi al donatario, se questi non risulta anche erede.
Una sintesi degli effetti:
Soggetto | Beni ricevuti | Responsabilità per debiti donante |
Donatario non erede | Conserva la proprietà | Solo in caso di revocatoria o riduzione |
Donatario erede | Conserva la proprietà | Risponde pro quota dei debiti ereditari, salvo rinuncia |
Il diritto italiano attribuisce ampia tutela a chi decide di non assumersi i rischi dei debiti ereditari. Chi rinuncia all’eredità tramite atto formale davanti a notaio o in tribunale, viene escluso sia dall’acquisizione dei beni sia dall’assunzione dei debiti del defunto.
Ne consegue che il donatario che rinuncia all’eredità non sarà tenuto a rispondere delle passività maturate dal donante, salvo che vi siano le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria da parte dei creditori.
La rinuncia all’eredità deve essere effettuata secondo precise formalità e comporta la perdita di ogni diritto sull’attivo ereditario, ma anche l’esonero da tutti i debiti, inclusi quelli tributari.