Negli ultimi anni, il fenomeno degli affitti brevi ha profondamente trasformato il mercato immobiliare in Italia. Questi contratti sono caratterizzati da una durata inferiore ai 30 giorni e si sono rivelati strategici soprattutto nelle grandi città e nelle località a vocazione turistica. Di recente, la disciplina si è evoluta sotto diversi aspetti, grazie anche a una sentenza della Corte Costituzionale che ha rafforzato le potestà gestionali dei singoli Comuni e ha sottolineato la natura imprenditoriale della gestione in certi casi.
La definizione di affitto breve: differenze normative e finalità
L’affitto breve viene definito dalla normativa come un contratto di locazione a uso abitativo con durata pari o inferiore a trenta giorni. La nozione è disciplinata principalmente dal Testo Unico delle Imposte sui Redditiì e si distingue dall’affitto turistico per la possibilità di utilizzo non esclusivamente turistico: spesso, infatti, si rivolge anche a utenti che cercano una sistemazione temporanea per lavoro, studio o altre esigenze transitorie.
Il quadro normativo appare articolato:
- Locazione breve: rivolta a qualsiasi finalità abitativa, senza necessità di registrazione del contratto negli archivi fiscali (se durata non superiore a 30 giorni).
- Locazione turistica: focalizzata esclusivamente sull’uso turistico, soggetta a normative regionali o comunali specifiche, come la SCIA e la tassa di soggiorno.
Gli affitti brevi non sono considerati esercizi alberghieri, ma si confrontano con specifici adempimenti su comunicazioni di ospiti, sicurezza e obblighi fiscali. La distinzione tra attività occasionale e attività imprenditoriale grava sulla quantità di unità gestite: sopra le quattro unità si richiede la partita IVA e configurazione come impresa.
Le motivazioni per scegliere questa formula includono flessibilità contrattuale, adattabilità alle esigenze di mercato e possibilità di accesso a un’ampia platea di utenti. Il proprietario resta tenuto a garantire la sicurezza dell’alloggio e la corretta informativa agli ospiti, assicurando un’esperienza conforme agli standard di settore.
Le nuove competenze dei Comuni nella limitazione degli affitti brevi
Con la recente pronuncia della Corte Costituzionale, il potere regolamentare dei singoli Comuni sugli affitti brevi ha assunto una rilevanza primaria. Secondo il nuovo orientamento, gli enti locali possono stabilire in piena autonomia limiti, condizioni e regolamenti per l’esercizio delle locazioni brevi all’interno del proprio territorio.
Questa facoltà è motivata dall’esigenza di:
- rispondere alle dinamiche del mercato locale,
- tutelare le comunità residenti,
- mantenere l’equilibrio tra offerta e domanda di alloggi tradizionali e temporanei,
- preservare il tessuto urbano e l’identità dei quartieri.
Le amministrazioni comunali possono quindi deliberare:
- la limitazione del numero di alloggi destinabili ad affitto breve in determinate aree,
- vincoli sulle durate massime degli affitti nell’anno solare,
- l’obbligo di rispettare indici massimi di concentrazione nelle stesse zone,
- l’introduzione di autorizzazioni o comunicazioni specifiche per avviare l’attività.
Quanto stabilito dalla Corte riconosce il valore della territorialità, consentendo ai Comuni di adottare misure differenziate in base a esigenze locali, come la salvaguardia di aree storiche o il contenimento della pressione turistica.
Le delibere comunali devono essere motivate, ragionevoli, e rispettare i principi di non discriminazione e proporzionalità, dando massima trasparenza agli operatori del settore e ai residenti.
Gestione imprenditoriale delle locazioni brevi: obbligo e condizioni
Un ulteriore aspetto disciplinato dalla normativa è la differenza fra gestione occasionale e quella a carattere imprenditoriale. La Corte Costituzionale ha chiarito, con riferimento all’obbligo di gestione in forma imprenditoriale, che la detenzione e la locazione di più di quattro unità immobiliari a fini brevi configura direttamente l’attività come impresa, imponendo una serie di adempimenti specifici.
Le condizioni per essere considerati imprenditori nel settore degli affitti brevi includono:
- L’avvio e la gestione sistematica di almeno cinque immobili destinati a questo scopo.
- L’obbligo di apertura della partita IVA e iscrizione presso il Registro delle Imprese.
- Adempimenti contributivi e assicurativi propri delle attività imprenditoriali.
Gli intermediari digitali e le agenzie che facilitano la locazione sono anch’essi tenuti alla
trasmissione periodica dei dati sui contratti e all’applicazione delle norme previste per la trasparenza fiscale. Questo assetto assicura che le grandi gestioni siano monitorate e regolamentate secondo princìpi di legalità, mentre resta possibile la gestione occasionale per i piccoli proprietari che operano su scala minima.
Obblighi amministrativi e fiscali per gli affitti brevi
La gestione di contratti di breve durata richiede un’attenta osservanza degli obblighi amministrativi e fiscali introdotti dal legislatore negli ultimi anni. Tra i principali adempimenti:
- Comunicazione degli ospiti alla Questura tramite il portale Alloggiati Web entro 24 ore dall’arrivo degli stessi.
- Applicazione della cedolare secca con aliquote differenziate (21% sul primo immobile, 26% sui successivi), da indicare correttamente nella dichiarazione dei redditi.
- Pagamento delle imposte locali come IMU (Imposta Municipale Unica) e TARI (tassa rifiuti), secondo la normativa vigente e in base alla tipologia di immobile e modalità di affitto.
- Rispetto dei limiti e degli obblighi previsti nei regolamenti condominiali e nei piani regolatori locali.
- Eventuale esenzione da IMU per chi offre solo una stanza dell’abitazione principale, a meno che l’immobile non rientri nelle categorie di pregio.
- Non obbligatorietà di registrazione del contratto per periodi inferiori a 30 giorni, salvo superamento della soglia di occasionalità.
Inoltre, dal 2024, ogni unità immobiliare destinata a locazione breve è soggetta a un sistema di identificazione previsto a livello nazionale e regionale. Il
Codice Identificativo Nazionale (CIN) rappresenta il parametro univoco per la tracciabilità delle offerte immobiliari in tutta Italia.
Il codice Cin:
- Viene rilasciato tramite la piattaforma ministeriale previa autenticazione digitale (SPID o CIE).
- Deve essere indicato in ogni annuncio pubblicitario e comunicato su tutte le piattaforme online e offline.
- Va esposto all’esterno degli immobili locati mediante targa con specifiche tecniche dettagliate.
- Si accompagna, nelle Regioni dove già previsto, al CIR (Codice Identificativo Regionale), che mantiene validità come ulteriore riferimento locale.
L’omessa richiesta o esposizione del CIN è soggetta a sanzioni amministrative
tra 500 e 8.000 euro.