Mercati finanziari ai massimi e nuove minacce emergenti: le stablecoin, tra innovazione e rischi sistemici, pongono sfide inedite a regolatori e mercati.
L'evoluzione della tecnologia finanziaria ha portato all'emergere delle stablecoin, strumenti digitali nati per garantire maggiore stabilità rispetto alle criptovalute tradizionali. Queste monete virtuali hanno guadagnato trazione grazie alla loro capacità teorica di mantenere un valore stabile, favorendo così la loro adozione globale sia nelle transazioni quotidiane che negli investimenti. Tuttavia, questa apparente sicurezza inizia a mostrare le prime crepe. Secondo analisi di esperti di settore, tra cui influenti economisti premiati con il Nobel, proprio l'espansione incontrollata delle stablecoin potrebbe diventare il nuovo epicentro di una crisi finanziaria internazionale, sollevando timori circa la possibile diffusione di rischi sistemici tra l'ambito digitale e le economie tradizionali.
Rispetto ad altri strumenti digitali, il fascino delle stablecoin risiede nella loro promessa di offrire transazioni immediate e sicure con costi ridotti, ma senza un'adeguata regolamentazione e trasparenza, queste valute si trasformano in potenziali vettori di fragilità sia per i mercati finanziari virtuali sia per quelli reali. Mentre molti investitori e istituzioni guardano alle stablecoin come strumenti affidabili, la vera natura dei rischi associati si sta progressivamente delineando, creando un senso di urgenza tra autorità regolatorie e osservatori internazionali. L'incertezza normativa e l'assenza di tutele adeguate pongono minacce concrete alla stabilità delle banche e delle economie mondiali.
Il Premio Nobel per l'Economia Simon Johnson, intervistato al Lindau Nobel Laureate Meeting, ha espresso preoccupazione per il rischio di una nuova crisi finanziaria globale generata dal mercato delle criptovalute, in particolare dalle stablecoin. Secondo l'economista del Massachusetts Institute of Technology, la recente regolamentazione statunitense (Genius Act) ha reso le stablecoin simili ai fondi del mercato monetario, con attività liquide ma senza garanzie sui depositi, creando le condizioni per una possibile fuga di capitali analoga a quella del 2008. Johnson teme che, in caso di panico, una corsa agli investimenti più sicuri possa contagiare le banche americane ed europee.
L'esperto denuncia una nuova ondata di deregolamentazione finanziaria negli Stati Uniti, dove le grandi banche starebbero tornando a comportamenti rischiosi, mentre i regolatori appaiono più permissivi. A suo giudizio, si sta ripetendo uno schema già visto nei primi anni Duemila e nella crisi dei mutui subprime, con la stessa illusione di poter guadagnare in tempi di crescita e socializzare le perdite nei momenti difficili.
Sul piano politico, Johnson critica duramente le politiche economiche di Donald Trump, che a suo avviso minacciano la prosperità condivisa, la ricerca scientifica e la stabilità della Federal Reserve, minata da pressioni politiche senza precedenti. L'economista invita l'Europa a rispondere con diplomazia e cooperazione, contrastando la narrativa protezionista e trovando spazi di vantaggio reciproco nel commercio globale.
Riguardo alla tecnologia, Johnson riconosce che l'Europa ha perso il treno dell'intelligenza artificiale di base, ormai dominata da Stati Uniti e Cina, ma sostiene che il continente possa ancora eccellere nelle applicazioni etiche e sostenibili dell'IA, soprattutto nei settori dell'energia pulita, della difesa e della sicurezza tecnologica. A suo parere, l'innovazione deve essere guidata da scelte sociali consapevoli, per costruire un'economia più resiliente, inclusiva e rispettosa del clima, in cui la tecnologia e l'intelligenza artificiale diventino strumenti di prosperità condivisa e non nuove fonti di squilibrio globale.
Definite come una particolare categoria di cripto-attività, le stablecoin sono progettate per mantenere un valore stabile nel tempo, spesso ancorato a una valuta fiat come il dollaro statunitense o l'euro. Queste valute digitali utilizzano diverse strategie di collateralizzazione per regolare il rapporto tra stablecoin emesse e asset di riserva, al fine di garantire che ogni unità abbia un proprio equivalente nel mondo reale. Nel panorama attuale, la maggioranza delle stablecoin circolanti è ancorata al dollaro e gestita da società private che detengono riserve in valuta fiat, titoli del Tesoro o altre attività apparentemente sicure.
Il funzionamento può essere riassunto in diversi modelli:
Grazie alla possibilità di trasferire valore a basso costo e alla rapidità delle transazioni, le stablecoin sono diventate un elemento chiave sia per operazioni di trading sia come riserva di valore per soggetti in cerca di soluzioni alternative ai paradigmi bancari tradizionali. Tuttavia, la dipendenza da riserve private e la mancanza di assicurazioni paragonabili a quelle bancarie convenzionali generano vulnerabilità latenti.
All'apparenza solide e affidabili, le stablecoin nascondono insidie strutturali che minacciano l'intero ecosistema finanziario. Un aspetto particolarmente problematico riguarda la potenziale illiquidità degli asset di riserva: in situazioni di stress del mercato, anche riserve considerate sicure possono diventare inaccessibili o difficili da liquidare tempestivamente. Questa fragilità potrebbe scatenare fenomeni ben noti come i "run", corse agli sportelli digitali dove gli investitori cercano simultaneamente di riscattare le proprie monete virtuali, prosciugando le riserve dei gestori e innescando spirali di panico.
Uno scenario di questo tipo non è puramente teorico. Le somiglianze tra la struttura delle stablecoin e i fondi del mercato monetario, già protagonisti della crisi finanziaria del 2008, alimentano serie preoccupazioni tra molti analisti. In particolare, la mancanza di assicurazione sui depositi rende il sistema vulnerabile alla sola fiducia degli investitori:
La risposta politica e normativa all'espansione delle stablecoin si sta sviluppando a ritmi diversi nel mondo. Negli Stati Uniti, il Genius Act rappresenta il tentativo più significativo per fornire una cornice legale a queste attività digitali, introducendo nuovi requisiti su trasparenza delle riserve e audit periodici. Tuttavia, voci critiche segnalano i rischi di una regolamentazione troppo permissiva che potrebbe facilitare la diffusione di prodotti finanziari opachi, rievocando la stagione della deregolamentazione precedente alla crisi del 2008.
Il Genius Act autorizza le società emittenti a utilizzare riserve in titoli del Tesoro statunitense e impone norme di licenza e supervisione. Tuttavia, la pressione esercitata dalle lobby bancarie e da operatori internazionali rischia di ridurre l'efficacia dei controlli, lasciando aperti varchi normativi sfruttabili per operazioni ad alto rischio. In Europa, invece, l'attenzione si concentra sulla creazione di uno strumento digitale sovrano accompagnato da regole armonizzate intese a tutelare stabilità e sovranità monetaria.
La mancanza di un coordinamento internazionale tra legislazioni nazionali rischia di creare nuove zone grigie, all'interno delle quali i rischi possono moltiplicarsi e diffondersi senza controllo. Alcune autorità sottolineano il pericolo della "regulatory arbitrage", ovvero la possibilità per gli operatori di spostare attività in giurisdizioni meno rigorose, indebolendo la sorveglianza globale e aumentando la vulnerabilità strutturale del sistema.
L'utilizzo quasi esclusivo della valuta statunitense per l'ancoraggio della stragrande maggioranza delle stablecoin genera nuove criticità geopolitiche. Oggi il 99,9% delle stablecoin è ancorato al dollaro, favorendo una digitalizzazione sempre più spinta della moneta americana e accentuando la "dollarizzazione digitale" anche in ambiti dove, fino a pochi anni fa, erano presenti alternative locali. Ciò espone l'Europa e altre economie a rischi di perdita di autonomia nei sistemi di pagamento e in materia di sovranità monetaria.
La penetrazione delle stablecoin, se non regolata, rischia di relegare l'euro e altre valute a un ruolo marginale nei new digital markets, indebolendo le banche centrali e lasciando il controllo delle riserve monetarie in mano a soggetti privati o stranieri. Oltre allo squilibrio tra valute, emergono anche vulnerabilità nelle infrastrutture: piattaforme offshore e operatori non trasparenti possono drenare riserve e liquidità dal sistema economico europeo durante momenti di stress, lasciando operatori locali e risparmiatori esposti a rischi di default e perdita di valore.
L'esperienza già osservata nei paesi in via di sviluppo, dove la dollarizzazione digitale ha portato a una perdita di controllo sulle politiche monetarie, offre un campanello d'allarme per la zona euro. La risposta istituzionale deve essere tempestiva e efficace: la realizzazione di un euro digitale proprio e di normative comuni è vista dagli esperti come unica strada per evitare il rischio di dipendenza e la marginalizzazione degli strumenti di pagamento locali.