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Bund tedeschi verso il 3%: perché i rendimenti dei titoli di stato europei sono in rialzo nel 2025. Opportunità e rischi

di Marcello Tansini pubblicato il
Rendimenti dei titoli di stato europei

Il nuovo scenario ridà dignità al reddito fisso, che negli anni della liquidità abbondante era stato relegato a ruolo marginale.

L'avvicinarsi dei Bund tedeschi al livello del 3% sul decennale non rappresenta soltanto una soglia simbolica, ma racconta il mutamento di fase che sta attraversando l'Eurozona. Dopo anni caratterizzati da tassi bassissimi o addirittura negativi, il 2025 si presenta come l'anno della stabilizzazione su livelli più elevati, in cui i governi riescono a collocare i propri titoli a costi maggiori ma con un grado di appetibilità rinnovato per gli investitori.

A sostenere questa traiettoria ci sono fattori strutturali: un'economia europea che ha evitato la recessione, un'inflazione ancora ostinata nel comparto dei servizi e politiche fiscali che hanno rafforzato la spesa pubblica in settori cruciali come infrastrutture, energia e difesa. La Banca Centrale Europea mantiene un atteggiamento prudente, avviandosi verso un ultimo taglio dei tassi ma senza compromettere la credibilità anti-inflazionistica, e ciò contribuisce a consolidare l'idea che i rendimenti non torneranno ai minimi del passato.

Il raffronto con i Treasury americani mostra una dinamica divergente: mentre oltreoceano i rendimenti sono già oltre il 4% e alcuni analisti prevedono un calo nei prossimi mesi grazie ai possibili tagli della Fed, in Europa il percorso appare inverso. La maggiore fiducia nella stabilità fiscale dell'Eurozona e la riduzione dei timori di recessione hanno favorito l'afflusso di capitali internazionali.

Opportunità per gli investitori nei titoli di Stato europei

Il nuovo scenario ridà dignità al reddito fisso, che negli anni della liquidità abbondante era stato relegato a ruolo marginale. Con Bund vicini al 3% e BTP oltre il 3,5%, gli investitori possono finalmente ottenere ritorni interessanti senza necessariamente spostarsi su asset rischiosi. Ciò restituisce valore ai portafogli più prudenti e permette anche ai fondi pensione e alle assicurazioni di beneficiare di rendimenti reali positivi.

Un altro elemento a favore è la compressione degli spread sovrani: il differenziale tra Italia e Germania sui decennali è sceso intorno a 80 punti base, un livello che non si vedeva da anni. Questo ridimensionamento riflette la percezione di un rischio sistemico molto più basso e rende particolarmente interessanti i titoli dei Paesi cosiddetti periferici. Per gli investitori con maggiore propensione al rischio, puntare su Spagna, Portogallo o Italia significa ottenere rendimenti extra senza la volatilità estrema che caratterizzava questi mercati in passato.

Il contesto attuale vede anche una partecipazione crescente da parte degli investitori esteri, attratti da un mix di rendimento e stabilità. L'Europa, rispetto ad altre aree, offre maggiore prevedibilità sul fronte della politica monetaria e un orizzonte di crescita moderata ma solida. Per i portafogli globali, inserire una quota crescente di titoli di Stato europei significa diversificare le fonti di reddito e ridurre l'esposizione a shock localizzati.

I rischi dietro l'apparente stabilità dei mercati

Il primo pericolo da non sottovalutare è la persistenza dell'inflazione, che continua a mantenersi sopra il target BCE soprattutto nei servizi e nell'energia. Se i prezzi non dovessero rientrare con la velocità sperata, i rendimenti potrebbero salire ancora, mettendo sotto pressione chi ha acquistato titoli a lunga scadenza. La gestione della duration diventa quindi un fattore decisivo: investire in scadenze troppo lunghe oggi espone al rischio di vedere eroso il valore dei portafogli obbligazionari.

Un secondo elemento critico è rappresentato dalle politiche fiscali nazionali. Se da un lato la Germania e i Paesi del Nord mostrano solidità, le economie con alto debito, come l'Italia, rimangono sotto osservazione costante da parte degli investitori. Eventuali deviazioni di bilancio o conflitti con Bruxelles potrebbero riportare volatilità sugli spread.

Infine, non si può ignorare l'impatto dei fattori geopolitici: tensioni commerciali, crisi energetiche o escalation militari possono innescare movimenti improvvisi di capitale, riducendo la liquidità del mercato secondario dei titoli sovrani. In questo senso, l'Europa resta esposta a variabili esterne che possono mutare rapidamente la percezione degli investitori e spostare i flussi di denaro verso asset considerati più sicuri, come il dollaro o l'oro.

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