L'attuale fase macroeconomica, segnata dalla prospettiva di una politica monetaria europea meno restrittiva, ha aumentato l'appeal dei titoli italiani.
Il vento sui mercati obbligazionari ha cambiato direzione, e con esso anche la percezione globale del rischio italiano. Per anni, l'Italia ha portato addosso lo stigma del Paese fragile, destinato a subire l'onta dello spread e a vivere sotto la minaccia di attacchi speculativi. Ma gli indicatori più recenti raccontano una realtà più favorevole al Tesoro italiano. Il rendimento del BTP decennale si è ridotto a circa il 3,5% mentre lo spread con il Bund tedesco è sceso sotto quota 115 punti base. Un risultato che pochi mesi fa sembrava utopistico.
Il rapporto tra il BTP e il Bund misura un equilibrio nuovo. Un equilibrio in cui i titoli italiani, pur offrendo ancora rendimenti più elevati, sono percepiti come strumenti credibili e sostenibili, nonostante l'elevato debito pubblico. Questo si deve anche all'evoluzione della governance economica, all'impegno del Ministero dell'Economia nella gestione delle aste e all'effetto positivo delle riforme che stanno entrando nel vivo grazie al PNRR.
Non è più sufficiente offrire cedole elevate per attrarre capitali: serve solidità istituzionale, chiarezza strategica e coerenza nei conti pubblici. L'Italia, almeno per ora, sta rispondendo bene a queste aspettative. Il ritorno massiccio degli investitori esteri, in particolare dai mercati europei e britannici, è la conferma che i BTP stanno diventando una componente strategica e non più speculativa nei portafogli globali.
L'attuale fase macroeconomica, segnata dalla prospettiva di una politica monetaria europea meno restrittiva, ha aumentato l'appeal dei titoli italiani. Con la BCE che ha già tagliato i tassi a giugno 2025 e promette almeno un altro intervento entro la fine dell'anno, i rendimenti offerti dai BTP già emessi si stanno rivelando una scelta vincente per chi cerca valore e stabilità. Mentre l'inflazione tende a normalizzarsi, restando sotto il 2,5%, i titoli italiani mantengono un vantaggio competitivo evidente rispetto ad altri asset in euro.
Le ultime emissioni, tra cui i BTP Green e i decennali classici, hanno attratto volumi mai visti prima. In alcuni casi, la quota detenuta da soggetti esteri ha superato l'80%: un dato che certifica una fiducia strutturale e non solo congiunturale. A dominare sono i fund manager e le banche europee, ma stanno crescendo anche le partecipazioni di fondi pensione, assicurazioni e banche centrali. Il caso italiano diventa così un modello di riferimento in uno scenario globale in cerca di rendimenti stabili e prevedibili.
L'instabilità politica è stata per lungo tempo l'elemento più critico per il debito sovrano italiano. Oggi, paradossalmente, l'esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha garantito una continuità fiscale e una gestione ordinata del debito pubblico, che ha contribuito ad abbassare la percezione di rischio. L'upgrade del rating da parte di S&P a 'BBB+ con outlook stabile ha fatto il resto: gli investitori non temono più un declassamento, e anzi si preparano a un contesto di graduale miglioramento.
Se l'Italia oggi sembra una roccia stabile nel panorama europeo, non si può dire lo stesso per altri emittenti. I titoli di Stato francesi, ad esempio, stanno vivendo una fase di forte incertezza dopo lo shock delle elezioni anticipate e il rischio di ingovernabilità. Il rendimento degli OAT decennali è salito sopra il 3,25%, a fronte di una tensione politica che ricorda da vicino le fasi più delicate vissute proprio dall'Italia in passato.
Gli spread dei titoli high-yield, soprattutto quelli emessi negli Stati Uniti, stanno ampliandosi di nuovo. Il timore di un rallentamento globale, insieme alla minaccia di default per alcune aziende a leva elevata, ha riacceso l'attenzione sul segmento obbligazionario più rischioso. Anche in Europa, seppure in misura minore, i corporate non investment grade mostrano segnali di affaticamento e un ritorno della volatilità, soprattutto in settori ciclici.
Ungheria, Romania e Polonia, spesso indicati come esempi virtuosi nei primi anni Duemila, stanno ora affrontando squilibri fiscali, tensioni sul fronte della governance e svalutazioni valutarie che rendono i loro bond meno appetibili. Il rendimento nominale elevato non basta più a compensare il rischio sistemico. Per un investitore istituzionale, in questo scenario, i BTP italiani rappresentano una scelta meno rischiosa rispetto a molte alternative con passaporto UE o corporate.
Nessun mercato obbligazionario può dirsi privo di rischio, ma il momento storico che stanno attraversando i BTP è indubbiamente favorevole. La combinazione di fattori economici e politici ha prodotto un equilibrio virtuoso che potrebbe reggere nel medio termine, a condizione che il governo mantenga la disciplina fiscale e che la BCE continui a garantire un contesto monetario favorevole.
I BTP non sono diventati magicamente privi di rischio, ma non sono più gli ultimi della classe, come spesso venivano descritti. Il miglioramento del sentiment generale, unito a un'efficace gestione del debito e a un rafforzamento della fiducia istituzionale, ha ridisegnato il profilo di rischio dell'Italia. Gli investitori lo sanno e si comportano di conseguenza, allocando risorse in modo crescente proprio sui titoli del nostro Tesoro.