Le indennità aggiuntive e i buoni pasto fanno parte della retribuzione ordinaria e devono essere corrisposti anche durante le ferie. Spiegazioni e chiarimenti
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 25840, pubblicata il 27 settembre, ha fornito una chiarificazione importante relativa ai diritti dei lavoratori in Italia, affermando che buoni pasto e indennità connesse alla mansione siano inglobate nella retribuzione percepita anche durante i periodi di ferie. La decisione, in linea con la direttiva europea 2003/88/CE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, mira ad assicurare che il lavoratore non subisca una decurtazione economica che possa penalizzare il diritto al riposo annuale retribuito.
Secondo l’interpretazione più recente, la retribuzione delle ferie deve essere equivalente a quella ordinariamente percepita durante i giorni di lavoro, includendo tutte le componenti abituali del trattamento economico, come le indennità di mansione, gli elementi variabili ricorrenti riconducibili allo svolgimento delle mansioni, e in molti casi i buoni pasto.
La Corte di Cassazione riprende e amplia il concetto di omnicomprensività della retribuzione, secondo il quale tutti gli importi e indennità cui il lavoratore ha diritto in costanza di rapporto sono ricompresi anche nei periodi non lavorativi ma retribuiti, come le ferie. Questa impostazione, riconosciuta dalla Corte di Giustizia dell’UE e, progressivamente, dalla giurisprudenza nazionale, mira a garantire l'effettività del diritto al riposo senza alcuna penalizzazione economica.
Nonostante la recente ordinanza, la natura del buono pasto rimane oggetto di dibattito. Alcuni orientamenti giuridici lo distinguono dalla retribuzione ordinaria, equiparandolo a un’agevolazione di carattere assistenziale e non necessariamente a una componente fissa dello stipendio. Infatti, secondo una parte della giurisprudenza e le posizioni di enti come Confindustria, il buono pasto nasce per coprire le esigenze alimentari durante la giornata lavorativa e, in assenza di prestazione, non sarebbe dovuto salvo specifica disposizione del contratto collettivo.
È importante quindi che datori di lavoro e lavoratori verifichino con attenzione la disciplina contrattuale di settore e la contrattazione aziendale vigente, per accertare se la parte economica delle ferie include anche i buoni pasto o i ticket mensa.
A seguito di questa evoluzione giurisprudenziale, le aziende sono chiamate a rivedere le proprie politiche interne relative a ferie e benefici collegati alla presenza lavorativa. La corretta applicazione degli orientamenti della Cassazione e delle direttive comunitarie implica la revisione dei criteri di calcolo dei periodi di assenza retribuiti, incluso l’inclusione di indennità e buoni pasto, dove previsto.
D’altro canto, in settori dove la contrattazione collettiva esclude i buoni pasto dal pacchetto retributivo in ferie o prevede regimi di maturazione differenziati, la disciplina potrà variare significativamente. Sicurezza giuridica e corretta gestione del personale richiedono quindi attenzione all’aggiornamento della normativa e della prassi, oltre che alla verifica delle complessive regole sulle ferie applicabili al caso concreto.