Si moltiplicano le voci di una possibile chiusura in Italia di tutti i punti vendita Carrefour, con la multinazionale francesce che lascerebbe completamente il nostro Paese. Le conseguenze su cosa potrebbe accadere per i dipendenti, clienti e supermercati e negozi già presenti sul territorio.
L’ipotesi di una chiusura della catena Carrefour in Italia potrebbe segnare un evento dal forte impatto per dipendenti, clienti e tutto il comparto della GDO.
Le domande sul futuro dell’insegna e sulle reali conseguenze per il tessuto economico e sociale italiano sono numerose e di una certa rilevanza sotto più aspetti.
Nel frattempo si moltiplicano le indiscrezioni circa potenziali acquirenti e strategie di disimpegno.
La motivazione principale alla base dell’uscita dal mercato italiano è legata a una scarsa redditività registrata negli ultimi anni.
Attualmente la catena dispone di 41 ipermercati, con una concentrazione significativa nel Nord e Centro Italia. Tuttavia, molti di questi punti vendita risultano sottoutilizzati rispetto alle previsioni originarie, generando il fenomeno delle «cattedrali nel deserto».
Analizzando i dati emersi dai report finanziari, si evidenzia come le vendite per metro quadro dei punti vendita italiani risultino significativamente inferiori rispetto alla media nazionale: 5.716 euro contro i 7.770 euro medi di settore.
Questo ha generato un calo del fatturato, con conseguenti perdite stimate in circa 250 milioni nell’ultimo esercizio.
Il quadro economico porta verso scelte di razionalizzazione e ristrutturazione, in linea con analoghi disinvestimenti già operati dalla catena in altri Paesi valutati come margini non strategici.
L’intenso livello competitivo della GDO italiana, la frammentazione del mercato e la difficoltà nell’affermare il format ipermercato hanno accelerato il processo di valutazione della Carrefour chiusura in Italia.
Punti vendita totali | Oltre 1.200 |
Ipermercati | 41 |
Quota di mercato GDO | Ottava posizione nazionale |
Fatturato 2024 | 3,63 miliardi di euro (-5,3% rispetto all’anno precedente) |
Perdite cumulate 2019-2023 | 874,2 milioni di euro |
Negli ultimi anni si è assistito a una progressiva erosione della rete diretta, con la scelta di ricorrere massicciamente al modello franchising (circa 900 su 1.200 punti vendita).
La discesa nel ranking nazionale per quote di mercato ha ridotto ulteriormente il potere contrattuale della catena, rendendo il settore sempre più competitivo e minando la sostenibilità dell’attività.
Tra le principali realtà della GDO che potrebbero acquisire parte della rete nazionale si segnalano grandi player come Lidl, Conad, Esselunga e GROS. Secondo indiscrezioni, alcune di queste catene sarebbero già in trattativa per rilevare porzioni più o meno estese del business, dagli ipermercati ai punti vendita Express.
L’interesse per il marchio e le sue location deriva dalla possibilità di rafforzarsi capillarmente, accedendo a bacini di clientela nuovi oppure consolidandosi nelle aree metropolitane dove la presenza diretta è strategica. Si delineano due possibili scenari:
A Romanina, il punto vendita Carrefour ha cessato l’attività per via del calo delle vendite e del fallito progetto di rilancio: questo ha portato a un ridistribuzione incentivata dei dipendenti e all’erogazione di somme di denaro per coloro che hanno scelto l’uscita volontaria.
A Calenzano, invece, la strategia attuata ha permesso di salvaguardare tutti i livelli occupazionali grazie al subentro di un’altra realtà (Iper Tosano), che ha garantito la continuità lavorativa e una possibile fase di espansione futura.
A Guidonia si è assistito alla cessione a un gruppo locale importante (GROS), con i dipendenti che passeranno interamente sotto la nuova gestione, generando comunque preoccupazione tra i lavoratori per le incertezze legate al passaggio di proprietà e alle garanzie sul mantenimento delle condizioni contrattuali.
L’impatto sociale della chiusura di Carrefour in Italia avrà ovviamente conseguenze sulla vira di migliaia di lavoratori.
Le modalità di gestione delle uscite varieranno dal ricollocamento in punti vendita della stessa rete (o di nuova proprietà) all’offerta di incentivi economici per l’uscita volontaria, alla cessione integrale dei rapporti di lavoro agli acquirenti subentranti.
Sebbene nelle operazioni recenti siano stati introdotti strumenti di sostegno e tutela, permane la preoccupazione per la perdita di diritti acquisiti e per l’incertezza sulle condizioni future di impiego. In alcuni territori la trattativa sindacale è riuscita a garantire la piena occupazione tramite l’assorbimento diretto del personale, mentre in altri si sono registrati scioperi e mobilitazioni per sollecitare un impegno maggiore da parte sia della catena uscente che dei nuovi soggetti subentranti.
L’uscita dal mercato di una firma importante comporta modifiche significative per la clientela.
Chi era abituato a effettuare la spesa nei punti vendita Carrefour, apprezzandone prezzi competitivi e ampiezza di assortimento, si troverà, probabilmente, costretto a rivedere le proprie abitudini.
L’arrivo di nuovi operatori spesso porta a un rinnovamento degli assortimenti ma anche ad un temporaneo disorientamento sugli scaffali, soprattutto nei casi di chiusura senza immediata sostituzione.
L’effetto è più evidente nelle zone in cui Carrefour rappresentava l’unico presidio di GDO, con il rischio di ridotta concorrenza e minore accesso a servizi essenziali.
Nel breve periodo potrebbero essere diffuse campagne di sconti e promozioni «svuota tutto» per liberare le scorte, che avvrano come effetto picchi di affluenza e lunghe code ai negozi interessati.
A medio termine è necessario monitorare l’evoluzione dell’offerta da parte dei subentranti, che talvolta investono in riqualificazioni e ampliamenti ma anche in strategie di riduzione dei costi, con riflessi sulla scelta dei prodotti disponibili.
A livello sindacale emerge una forte apprensione riguardo alla tutela dei posti di lavoro e alle condizioni contrattuali dei dipendenti coinvolti nelle cessioni o nelle chiusure.
Sindacati di categoria come Fisascat Cisl hanno denunciato con determinazione la necessità di mantenere al centro della transizione il diritto a un’occupazione stabile e dignitosa, minacciando mobilitazioni in assenza di risposte certe da parte dei nuovi proprietari e delle istituzioni locali.
I rappresentanti dei lavoratori hanno inoltre lamentato la mancanza di trasparenza nel percorso di dismissione e auspicato l’attivazione di tavoli di confronto tra azienda, acquirenti e rappresentanze dei dipendenti.
Le amministrazioni comunali, d’altro canto, si sono spesso spese per ottenere rassicurazioni concrete, promuovendo la salvaguardia sia degli addetti che del presidio territoriale offerto dai punti vendita.
Le istituzioni chiedono garanzie, in particolare, su:
L’eventuale cessione a più operatori locali e nazionali potrebbe incentivare investimenti in innovazione e nella qualificazione dei servizi, favorendo il consolidamento di player agili e orientati al digitale.
Restano da valutare gli effetti sulle relazioni di filiera e sulla capacità del sistema di assicurare ampio accesso a beni di consumo a prezzi sostenibili.