La prima casa fuori dal calcolo dell'Isee a partire dal primo gennaio 2026 ma non per tutti: ecco i grandi esclusi e i paradossi
Le discussioni sulla Manovra finanziaria 2026 interessano anche le regole che disciplinano l’indicatore della situazione economica equivalente, ISEE. Questa misura, che da anni rappresenta il principale strumento per determinare l’accesso a numerosi bonus e agevolazioni pubbliche, è oggetto di un importante progetto di revisione. In particolare, il focus si concentra sull’eventualità di rimuovere l’abitazione principale dal calcolo dell’indicatore in presenza di specifiche condizioni patrimoniali.
Il calcolo dell'ISEE si basa su un’analisi globale della posizione economica familiare che tiene conto sia dei redditi che dei patrimoni posseduti. La prima casa di proprietà, pur essendo la residenza abituale del nucleo, entra nella valutazione attraverso un meccanismo specifico: viene applicata una franchigia sul valore IMU dell’immobile, attualmente fissata a 52.500 euro, con aumenti previsti per nuclei numerosi. La parte residua, una volta superata tale soglia, viene caricata soltanto per i due terzi nel calcolo complessivo. Restano invece esclusi i valori delle case in affitto.
Questo sistema è stato ideato per evitare che il solo possesso dell’abitazione principale, spesso frutto di sacrifici personali o familiari, penalizzi eccessivamente le famiglie. Tuttavia, supera la franchigia, anche chi dispone di un reddito modesto può vedersi assegnare un ISEE tale da precludere l’accesso a prestazioni sociali o bonus rilevanti. Una dinamica che interessa trasversalmente il Paese: secondo i dati ISTAT del 2024, oltre il 70% delle famiglie italiane risiede in un’abitazione di proprietà.
In pratica, il valore immobiliare, pur scontato rispetto a immobili aggiuntivi, continua ad avere un peso considerevole e può incidere soprattutto in aree dove i valori catastali sono più elevati. Di riflesso, l’inclusione della casa nell’Isee tende a discriminare famiglie con redditi ordinari ma che possiedono una casa e risulta meno gravosa per chi abita in affitto o detiene un patrimonio finanziario di simile entità.
Secondo quanto emerge dal dibattito parlamentare e dalle anticipazioni sulla Manovra 2026, la riforma inizialmente prevedeva che l’abitazione principale fosse esclusa dall’ISEE per un valore catastale fino a 100.000 euro (corrispondenti a circa 300-400.000 euro di valore di mercato). La ratio della misura risiede nella volontà di rendere la valutazione della capacità economica più aderente al reddito effettivo, correggendo una stortura che ha storicamente penalizzato i nuclei con redditi medi e bassi proprietari dell’immobile in cui vivono.
Il beneficio, tuttavia, non avrebbe carattere universale. Potrebbero usufruirne soltanto le famiglie che:
ha una casa con valore catastale non superiore a 75.000 euro. Una soglia che, pur essendo più bassa rispetto ai 100.000 euro inizialmente ipotizzati, non risolve del tutto il problema delle differenze territoriali. Un valore catastale di 75.000 euro può corrispondere a pochi metri quadri in una grande città del Nord e a una appartamento residenziale in un centro minore del Sud;
ha un nucleo familiare con almeno due figli a carico.
L’obiettivo sarebbe quello di destinare gli aiuti soprattutto alle famiglie numerose per incentivare la natalità e sostenere chi ha spese elevate.
L’applicazione selettiva dell’esclusione della prima casa introduce diversi elementi di criticità. In primo luogo, rimarrebbero esclusi dalla misura:
Allo stesso tempo, escludere la prima abitazione solo per alcuni spinge ad una situazione in cui famiglie dal reddito analogo ma con patrimoni immobiliari distribuiti diversamente possono trovarsi in condizioni fortemente discriminatorie agli occhi dell’indicatore. Non va poi sottovalutato il rischio, già emerso in occasione di analoghe modifiche sull’esclusione dei titoli di Stato, di incentivare la pianificazione fiscale aggressiva e l’elusione tramite la suddivisione del patrimonio immobiliare tra più membri dello stesso nucleo.
Un ulteriore paradosso riguarda gli inquilini: chi non possiede immobili continua a non veder aumentare il proprio ISEE, ma rischia di trovarsi svantaggiato rispetto a proprietari che, dopo la riforma, avranno indicatori più bassi a parità di condizioni economiche complessive. Crescono, dunque, i dubbi sull’equità distributiva della misura e sulla sua reale capacità di ridurre le disuguaglianze invece che accentuarle.
L’esclusione della prima casa, anche limitata, cambierebbe profondamente il panorama dell’accesso alle principali prestazioni sociali legate all’indicatore. I benefici per le famiglie possono essere rappresentati sinteticamente nella seguente tabella:
Prestazione | Effetto previsto |
Assegno unico universale | Aumento degli importi per resa ISEE più bassa nei nuclei proprietari |
Bonus asilo nido | Maggior accesso per famiglie oggi escluse dal valore della casa |
Bonus bollette luce e gas | Ampliamento della platea eleggibile, soprattutto per il ceto medio |
Sgravi affitto, tasse universitarie | Aumento del numero di aventi diritto e importi ridotti sulle rette |