Nel primo trimestre del 2025, il 54,2% delle nuove partite Iva ha aderito al regime forfettario, un lieve incremento rispetto all'anno precedente.
Secondo i dati rilasciati dal Ministero dell'Economia, il numero delle partite Iva attive nel Paese supera i 4,1 milioni, in linea con i livelli del 2023 e con un aumento nel primo trimestre dell'anno. Se da un lato l'apertura di nuove attività segnala vitalità imprenditoriale, dall'altro emergono fragilità legate alla stabilità reddituale, all'invecchiamento di alcune categorie professionali e alla difficoltà di accesso a strumenti fiscali di sostegno efficaci e continuativi. Vogliamo approfondire:
Più marginale è il ruolo delle società di persone e dei soggetti non residenti, che insieme sono meno del 7% del totale. In termini di età, oltre la metà delle nuove partite Iva è stata avviata da soggetti under 35, a conferma del fatto che il lavoro autonomo continua a essere per i giovani una delle principali modalità di ingresso nel mondo del lavoro.
Cresce anche la fascia compresa tra i 51 e i 65 anni, con un aumento dell'1,2%, segno che sempre più adulti si rimettono in gioco dopo esperienze da lavoratori dipendenti. La componente straniera, pari al 18,5% delle nuove aperture, conferma la partecipazione dei cittadini nati all'estero alla vita economica del Paese. Dal punto di vista territoriale, il Nord Italia continua a essere l'area più dinamica, con quasi la metà delle nuove attività concentrate tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, ma si segnalano segnali di fermento anche nelle regioni meridionali, in particolare in Puglia e Campania, dove cresce il numero di professionisti digitali e microimprenditori nei servizi.
Le attività svolte da chi apre una partita Iva nel 2025 si concentrano in tre macro-settori: attività professionali, commercio e sanità. Le professioni tecniche e scientifiche tra consulenti, ingegneri, architetti, designer e freelance digitali, rappresentano circa il 18,5% del totale. Il commercio, pur in calo rispetto al passato, si attesta al 15,8%, con una progressiva migrazione verso l'e-commerce e il commercio elettronico su piccola scala. La sanità e l'assistenza sociale, invece, segnano un 10,4%, trainate dalla crescita della domanda di servizi privati e domiciliari.
In lieve flessione risultano invece l'agricoltura, le costruzioni e l'istruzione privata. Si nota un'evoluzione nel modo in cui queste attività vengono svolte: la digitalizzazione è ormai un elemento trasversale. Secondo l'osservatorio di Fidocommercialista, oltre il 70% dei liberi professionisti utilizza modalità di lavoro miste, alternando attività online e offline, mentre più del 30% lavora da remoto. Le competenze digitali sono sempre più richieste, e molti professionisti si specializzano in settori emergenti come la consulenza IT, il marketing digitale, la formazione a distanza, la cybersecurity o la gestione dei contenuti per i social media. Questo orientamento verso modelli lavorativi flessibili e remotizzati favorisce l'abbattimento dei costi fissi e permette a molti di lavorare anche da province meno centrali o da piccoli comuni.
Se da un lato la libertà e l'indipendenza sono i motivi che spingono i professionisti a scegliere la strada della partita Iva, dall'altro lato permangono criticità sul fronte reddituale. I dati raccolti da Fidocommercialista su un campione di circa 3.900 professionisti mostrano che il fatturato medio annuo nel 2025 è inferiore ai 27.000 euro, con oscillazioni mensili marcate tra i minimi estivi i picchi di fine anno, in particolare a dicembre, dove si supera la soglia di 2.800 euro. Il 56,1% degli intervistati ritiene che il proprio reddito non sia sufficiente a garantire una stabilità economica, mentre solo il 43,9% si considera soddisfatto della propria situazione finanziaria.
A rendere ancora più complesso il quadro c'è il fatto che solo una piccola minoranza, l'8,5%, ha potuto accedere a incentivi fiscali continuativi, con la maggior parte delle agevolazioni concentrate nella fase iniziale dell'attività. Tra i settori più redditizi si confermano i servizi medici e odontoiatrici, seguiti da alcune professioni tecniche ad alta specializzazione. Meno remunerativi risultano invece comparti come la fabbricazione artigianale e l'industria leggera, dove la concorrenza sui prezzi e i margini ridotti continuano a comprimere i guadagni.