La riforma delle professioni tecniche in Italia introduce cambiamenti importanti per ingegneri, geometri e architetti: nuove regole su formazione, equo compenso, governance e parità di genere, con impatti su iter e prospettive future
L’approvazione degli ultimi disegni di legge delega segna un passaggio rilevante per l’assetto delle professioni ordinistiche in Italia. Dopo oltre un decennio dall’ultimo intervento organico rappresentato dal D.L. 138/2011 e dal D.P.R. 137/2012, la nuova riforma punta a innovare il quadro normativo in cui operano oltre 1,6 milioni di professionisti iscritti agli Albi. Le motivazioni alla base della riforma derivano dall’esigenza di adeguare la disciplina alle trasformazioni sociali, culturali ed economiche del Paese, nonché di superare le criticità generate dalla progressiva sovrapposizione delle competenze tra le varie categorie. Il settore delle professioni, di grande impatto per il tessuto produttivo, manifesta da tempo richieste di maggiore chiarezza, valorizzazione delle specificità e semplificazione delle procedure. In questo contesto, la modernizzazione proposta dal Governo si inserisce in un trend europeo volto a garantire maggiore trasparenza, accessibilità e qualità dei servizi professionali, con un’attenzione specifica all’aggiornamento continuo, alle opportunità di specializzazione e alle nuove esigenze del mercato del lavoro.
La nuova riforma introduce diverse innovazioni che riguardano il settore delle professioni tecniche, in particolare ingegneri, architetti e geometri, ponendo l’accento sulla semplificazione normativa e sul rafforzamento della tutela per i professionisti e gli utenti dei loro servizi. Tra le disposizioni più rilevanti emerge la volontà di mettere ordine nella frammentazione di competenze, puntando a una più chiara delimitazione delle attività senza attribuire nuove riserve. In altre parole, si ridefiniscono i confini operativi dei professionisti tecnici secondo le norme vigenti, per ridurre il rischio di “invasioni di campo” e controversie interdisciplinari.
I provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri si configurano come disegni di legge delega. Ciò significa che, dopo la presentazione alle Camere, sarà il Parlamento a dover adottare la legge delega vera e propria. Solo a seguito della sua entrata in vigore, il Governo sarà autorizzato a emanare uno o più decreti attuativi che definiranno nel dettaglio le singole modifiche. Il termine massimo concesso all’esecutivo per adottare i decreti delegati è di 24 mesi dall’approvazione definitiva della legge delega.
La tempistica è stretta: la fine della legislatura può incidere sulla possibilità di completare il percorso normativo. La prassi prevede inoltre che successivamente possa essere previsto un periodo transitorio per l’effettiva applicabilità delle nuove regole, così da garantire un adeguato adattamento da parte di tutte le categorie coinvolte.
Il nuovo assetto normativo richiama con forza il valore dell’aggiornamento e dell’innovazione per tutte le figure tecniche. La formazione continua diventa così un pilastro della riforma, prevedendo: