La recente pubblicazione del Mercer Global Pension Index getta un giudizio severo sulla situazione della previdenza in Italia. L’analisi comparativa dei sistemi pensionistici mondiali mostra come il panorama italiano sia caratterizzato da evidenti fragilità, confermando le crescenti perplessità sulla sua efficacia futura.
La posizione dell’Italia nel Mercer Global Pension Index e i criteri di valutazione
La classifica stilata da Mercer Cfa Institute Global Pension Index (Mcgpi) sull'andamento dei sistemi pensionistici inserisce l’Italia al 37° posto nella classifica globale. Ai vertici della classifica globale ci sono Paesi Bassi, Islanda e Danimarca con il rating massimo, seguiti da Singapore e Israele. L’Italia al 37esimo posto su 52 Paesi è seguita da Cina e Giappone, e resta terzultima in Europa, davanti solo ad Austria e Turchia. L’indagine si basa su tre criteri principali:
- Adeguatezza: valuta la capacità del sistema di garantire benefici congrui ai pensionati rispetto al livello di vita raggiunto durante la carriera lavorativa.
- Sostenibilità: prende in esame il bilancio a lungo termine della previdenza, con particolare attenzione ai rapporti tra lavoratori attivi e pensionati, all’equilibrio finanziario e alle prospettive demografiche.
- Integrità: riguarda elementi come la trasparenza, la regolamentazione, la tutela dei beneficiari e l’efficienza gestionale.
In particolare, nell’ambito dell’adeguatezza (media europea 75), l’indice italiano è passato da 68,2 a 69,4, grazie al lieve aumento degli asset investiti nei fondi pensionistici e del tasso di risparmio netto delle famiglie. Sul piano della
sostenibilità (media europea 54,7), l’indice è salito da 25,1 a 27,9, pur mantenendo
l’Italia al penultimo posto in Europa e nel mondo, davanti solo all’Austria.
Le criticità del sistema pensionistico italiano: sostenibilità e demografia
L’analisi dei dati indica che le maggiori difficoltà risiedono nella sostenibilità del modello. Il sistema pensionistico italiano si basa prevalentemente su un meccanismo a ripartizione, che richiede un equilibrio tra lavoratori attivi e beneficiari. Negli ultimi anni si è assistito a un calo della forza lavoro, determinato dalla bassa natalità e dall’incremento dell’aspettativa di vita. Questa dinamica ha portato a un aumento costante del rapporto tra pensionati e lavoratori, con un impatto diretto sul bilancio previdenziale. Le condizioni negative da evidenziare sono dunque:
- Inversione demografica: Il numero di lavoratori che versano contributi è inferiore rispetto ai beneficiari, con un quadro ancora più accentuato nelle regioni meridionali. In alcune aree, il numero di pensioni erogate supera quello dei contratti di lavoro attivi.
- Spesa pubblica elevata: La quota di spesa previdenziale rispetto al PIL si mantiene tra le più alte dell’area OCSE, aggravando la pressione sulle finanze pubbliche e orientando il dibattito politico verso il contenimento delle uscite.
- Debolezza della copertura previdenziale: La presenza di segmenti di popolazione con carriere discontinue e contributi insufficienti mette a rischio la futura adeguatezza delle pensioni.
Come migliorare il sistema pensionistico italiano secondo gli esperti
Gli analisti ritengono necessario
adottare una strategia articolata per rafforzare la tenuta della previdenza nazionale. Tra i suggerimenti più condivisi emergono:
- L’espansione dei regimi pensionistici occupazionali, estendendo la copertura anche a lavoratori precari o atipici, per incrementare i contributi e gli investimenti nel settore.
- Promuovere una maggiore partecipazione della fascia lavorativa anziana, introducendo incentivi a restare o rientrare nel mercato del lavoro dopo i 60 anni.
- Limitare l’anticipo dei trattamenti pensionistici, scoraggiando la possibilità di uscire dal lavoro prima delle condizioni ottimali per la sostenibilità del sistema.
- Ridurre la spesa pubblica e il debito specifico delle prestazioni previdenziali in rapporto al prodotto interno lordo, per riequilibrare le finanze statali.