L’economia italiana si trova in una fase di crescita debole, caratterizzata da una dinamica del Pil considerata insufficiente dagli analisti. Secondo le più recenti previsioni, l’aumento del prodotto interno lordo si attesterà allo 0,5% nel 2025 e allo 0,7% nel 2026, evidenziando una struttura produttiva fragile e una forte dipendenza dagli incentivi pubblici.
L’incertezza sui mercati internazionali, le tensioni geopolitiche e il rallentamento dei consumi interni rappresentano rischi significativi, mentre l’occupazione, pur mostrando segnali di resilienza, espone potenziali squilibri.
Le richieste di Confindustria: continuità negli incentivi e nuovo piano industriale
Le richieste di Confindustria per la manovra finanziaria 2026 trovano fondamento nella necessità di assicurare prospettive stabili e certe agli investimenti industriali e al tessuto produttivo nazionale.
Gli industriali hanno sottolineato che lo scenario attuale, influenzato dalle tensioni commerciali e dalla fine dei principali incentivi, impone un cambio di passo rispetto alle politiche dell’ultimo quadriennio. Le richieste presentate prevedono:
- Continuità degli incentivi: la cessazione, entro la fine del 2025, dei principali strumenti di sostegno – come Industria 4.0, Transizione 5.0, Zes Unica per il Mezzogiorno e il credito d’imposta per R&S – rischia di paralizzare le imprese, soprattutto quelle impegnate nell’innovazione tecnologica e nella sostenibilità.
- Piano industriale triennale: Confindustria propone un pacchetto strutturale da 8 miliardi annui per almeno tre anni, articolato su incentivi definiti "6.0" in grado di unire le migliori prassi delle versioni precedenti (flessibilità e semplificazione), puntando sull’efficienza burocratica e sull’estensione alle aziende energivore.
- Semplificazione dei crediti fiscali: la richiesta è di eliminare i vincoli che hanno limitato l’accesso ai benefici per molti settori industriali, favorendo modalità automatiche e procedure più snelle. L’aggiornamento del sistema fiscale, con l’introduzione di una Ires premiale strutturale per chi reinveste utili, rientra in questa visione.
- Intervento sul costo dell’energia: gli oneri legati all’energia sono individuati come una priorità non derogabile, seguita dalla necessità di proteggere l’autonomia produttiva tramite un piano nazionale volto a favorire resilienza e crescita.
La proposta di mobilitare i risparmi delle famiglie italiane per la crescita
Nella riflessione sulle strategie di rilancio, emerge con forza l’idea di
valorizzare le risorse dei risparmi detenuti dalle famiglie italiane. Secondo Confindustria, l’ammontare dei risparmi privati supera i 1.500 miliardi di euro, depositati principalmente in banche e fondi pensione. L’iniziativa suggerita consiste nel convogliare una quota minima di tali capitali, anche solo l’1%, circa 15 miliardi, verso investimenti strategici nei settori di infrastrutture, digitalizzazione, edilizia e welfare. Le intenzioni sarebbero le seguenti:
- Questo approccio non intende sostituire i fondi del Pnrr, ma piuttosto integrarne gli effetti, offrendo continuità progettuale alle iniziative già attivate con le risorse europee.
- L’eventuale impiego di forme di garanzia pubblica (come quelle fornite da Sace) viene considerato uno strumento chiave per minimizzare i rischi per i risparmiatori e incentivare la partecipazione di capitali privati.
- L’effetto atteso sarebbe quello di stimolare la domanda interna, sostenere occupazione, favorire l’innovazione e rafforzare le basi del sistema produttivo, generando un volano positivo anche in termini fiscali e di crescita.
Risparmi privati |
Oltre 1.500 miliardi di euro |
Quota attivabile proposta |
1% (circa 15 miliardi di euro) |
Canali d’investimento |
Infrastrutture, welfare, digitalizzazione, piani casa |
Sostegno agli investimenti: priorità, strumenti e criticità
Anche
il rilancio degli investimenti rappresenta un dossier prioritario, la cui realizzazione dipende da una pluralità di strumenti e dalla risoluzione di criticità operative. Tra le priorità espresse dagli industriali spiccano:
- Rifinanziamento degli incentivi “4.0 e 5.0”: è richiesta l’estensione dei principali crediti d’imposta – oggi in scadenza – a un orizzonte pluriennale, migliorandone la flessibilità e superando i vincoli europeo-burocratici.
- Nuovo credito d’imposta “6.0”: la proposta verte su una misura generalizzata, senza limiti settoriali, che preveda aliquote tra il 25% e il 30% per investimenti green e digitali, con l’estensione alle imprese ad alta intensità energetica. Si suggerisce inoltre di introdurre una piattaforma unica per la gestione delle pratiche, accelerando i tempi di risposta.
- Semplificazione delle modalità di accesso: superare la frammentazione delle piattaforme informatiche e la necessità di perizie complesse, promuovendo un accesso automatico ai benefici fiscali per le imprese che presentino investimenti rispondenti ai criteri prefissati.
Tra le criticità permangono:
- La necessità di coperture finanziarie stabili, in grado di sostenere strumenti pluriennali.
- La complessa articolazione delle norme europee, che impone approvazioni e perizie spesso incompatibili con la tempistica degli investimenti.
- Il rischio che, in assenza di risposte tempestive, parte delle risorse venga dirottata su altri Paesi in grado di offrire condizioni più vantaggiose.