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Cosa succede se il datore di lavoro rifiuta il preavviso del dipendente? E conseguenze per indennità sostitutiva

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Cosa succede all'indennità sostitutiva

Nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, la questione del preavviso in caso di risoluzione unilaterale del contratto è spesso oggetto di controversie giuridiche.

Cosa succede se un dipendente, rispettando quanto previsto dal proprio contratto, presenta le dimissioni e osserva il periodo di preavviso concordato, ma il datore di lavoro richiede di cessare l'attività già dal giorno successivo alle dimissioni? Il lavoratore ha diritto a un'indennità sostitutiva?

Per comprendere appieno questa questione, è necessario analizzare i recenti chiarimenti forniti dalla Cassazione riguardanti il funzionamento dell'indennità sostitutiva del preavviso e le implicazioni quando una delle parti recede dal contratto di lavoro con effetto immediato. Ecc quindi:

  • Preavviso lavoratore rifiutato, le conseguenze
  • Cosa succede all'indennità sostitutiva

Preavviso lavoratore rifiutato, le conseguenze

Nel contesto dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, la questione del preavviso in caso di risoluzione unilaterale del contratto e le relative implicazioni legali sono spesso oggetto di controversie giuridiche. Salvo il licenziamento per giusta causa, il preavviso è sempre richiesto in tutti gli altri casi. Il dipendente che decide di dimettersi può farlo con effetto immediato, ma in tal caso potrebbe subire una detrazione dall'ultima busta paga a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, oppure può continuare a lavorare fino alla scadenza del periodo di preavviso.

L'obbligo di corrispondere l'indennità sostitutiva del preavviso non sussiste principalmente in due situazioni: nel caso di licenziamento per giusta causa e nel caso di dimissioni del dipendente senza giusta causa, se il datore rinuncia al preavviso. Nel primo scenario, il licenziamento per giusta causa indica una violazione grave del contratto da parte del dipendente, tale da compromettere irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro e rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro.

In questo caso, il datore può procedere al licenziamento immediato senza dover pagare l'indennità sostitutiva del preavviso. Secondo quanto stabilito dalla recente ordinanza della Cassazione, se il datore di lavoro rinuncia al periodo di preavviso dopo le dimissioni del dipendente, non è tenuto a corrispondere l'indennità sostitutiva prevista dall'articolo 2118 del Codice Civile.

L'ordinanza sottolinea che l'obbligo di preavviso ha una natura obbligatoria piuttosto che reale. In altre parole, mentre il recesso dal rapporto di lavoro è considerato un atto libero e privo di vincoli, il preavviso non costituisce un diritto inalienabile per il lavoratore dimissionario che possa implicare la prosecuzione forzata del rapporto di lavoro.

Questa interpretazione offre ai datori di lavoro una maggiore flessibilità nella gestione delle dimissioni, consentendo loro di scegliere se continuare il rapporto lavorativo per il periodo di preavviso o interromperlo immediatamente, senza l'obbligo di compensare economicamente il dipendente. L'orientamento tradizionale, che considerava il preavviso come un obbligo reale e prevedeva la prosecuzione del rapporto fino alla sua naturale scadenza in assenza di un accordo per la cessazione immediata, è stato superato.

La Cassazione adotta un'interpretazione letterale e sistematica, considerando il preavviso non come un diritto incondizionato del lavoratore, ma come un obbligo accessorio e alternativo nell'esercizio del diritto di recesso.

Questa interpretazione attribuisce alle parti, in particolare al datore di lavoro, una maggiore libertà nella gestione del rapporto di lavoro. La rinuncia al preavviso comporta una cessazione immediata del rapporto, senza ulteriori obblighi economici verso il lavoratore. Questo approccio mette in evidenza l'aspetto volontaristico del contratto di lavoro, dove le decisioni delle parti hanno un peso determinante sulle conseguenze contrattuali.

Cosa succede all'indennità sostitutiva

La sentenza chiarisce che nel caso in cui il datore di lavoro rinunci al preavviso dato dal dipendente in seguito alle sue dimissioni, non sorge alcun diritto in capo a quest'ultimo al pagamento dell'indennità sostitutiva.

L'indennità sostitutiva del preavviso rappresenta una somma di denaro che il datore di lavoro o il dipendente sono tenuti a versare alla controparte contrattuale in caso rispettivamente di licenziamento o dimissioni senza preavviso, o con un preavviso inferiore a quello previsto dal contratto o dalla legge. Il suo obiettivo è risarcire il datore o il lavoratore del mancato guadagno che si sarebbe verificato se il rapporto fosse proseguito durante il periodo di preavviso. L'importo dell'indennità sostitutiva del preavviso corrisponde all'ultima retribuzione mensile del lavoratore, moltiplicata per il numero di giorni di preavviso non goduti.

L'indennità sostitutiva del preavviso è dovuta anche nel caso in cui il dipendente sia costretto a dimettersi per una grave violazione del contratto posta dal datore di lavoro, come nel caso di mancato pagamento delle retribuzioni, mancato versamento dei contributi, atti di mobbing o maltrattamenti. In queste circostanze, note come dimissioni per giusta causa, il dipendente può dimettersi con effetto immediato poiché la gravità del comportamento del datore non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro.

Di conseguenza l'azienda è tenuta a versare all'ex dipendente l'indennità sostitutiva del preavviso, al fine di compensare la perdita di stipendio nel periodo di preavviso, oltre a eventuali ulteriori risarcimenti. In breve, nel caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore non solo non deve pagare l'indennità di mancato preavviso, ma ha diritto a riceverla, e può anche beneficiare dell'assegno di disoccupazione se ne ricorrono i requisiti.

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