 
										 
																			
																		L'uso del cellulare sul lavoro solleva interrogativi sulla sicurezza e sul rischio di licenziamento. Le norme, la giurisprudenza, i casi concreti, e l'importanza delle regole interne nelle aziende.
L'introduzione capillare della tecnologia mobile ha ridefinito le modalità di comunicazione ma anche i rischi, specialmente in ambiti operativi e produttivi. Distrazioni derivanti dall'uso non autorizzato dei dispositivi possono condurre a infortuni, cali di produttività e problemi di riservatezza aziendale.
Non a caso, la sentenza 541/2025 del Tribunale di Parma offre un quadro esemplificativo dei criteri con cui i giudici esaminano i casi di usa smartphone al lavoro licenziamento, concentrandosi sull'equilibrio tra tutela del lavoratore e obblighi di sicurezza imposti al datore. L'approccio delle normative e della giurisprudenza, pertanto, pone attenzione su parametri di proporzionalità e contestualità dell'uso del cellulare.
Nonostante l'assenza di una legge che vieti in modo assoluto l'utilizzo dello smartphone nei luoghi di lavoro in Italia, il quadro normativo è tutt'altro che lacunoso. L'articolo 2087 del Codice civile obbliga il datore ad adottare ogni misura atta a tutelare l'integrità psico-fisica e morale dei lavoratori mentre il Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs. 81/2008) raccomanda l'eliminazione delle fonti di rischio, tra cui rientra anche l'utilizzo improprio di dispositivi elettronici. Tali principi legittimano il datore di lavoro a emanare regolamenti che disciplinano le modalità di impiego del cellulare durante l'orario lavorativo, stabilendo restrizioni mirate nei reparti produttivi, nelle aree con rischio di incidenti e per le mansioni che richiedono particolare concentrazione:
Sentenze della Cassazione sottolineano inoltre che sia l'abuso dello smartphone assegnato dall'azienda che l'utilizzo intensivo del proprio telefonino personale durante le ore lavorative possono condurre a contestazioni disciplinari, fino al licenziamento se impattano sull'adempimento delle prestazioni e sui costi d'impresa.
Quando si verifica un uso massiccio o improprio del cellulare aziendale, in particolare per finalità estranee all'attività lavorativa e con danni economici o produttivi per l'azienda, la giurisprudenza riconosce la possibilità di licenziamento per giusta causa. Un esempio rappresentativo è dato da sentenze che hanno validato il recesso disciplinare nei confronti di chi, durante l'orario di servizio, ha accumulato costi ingenti con chiamate personali a pagamento o ha dedicato una quota rilevante di tempo alle chat e ai social network, sottraendo così risorse e attenzione alle mansioni assegnate.
La sentenza n. 541/2025 del Tribunale di Parma conferma questa tendenza, sottolineando come il criterio principale sia rappresentato dal danno effettivo o potenziale arrecato all'organizzazione, sia in termini di efficienza che di sicurezza. Ciò vale a maggior ragione nei casi in cui l'impiego del cellulare comporti la distrazione da processi produttivi, generando rischi anche per l'incolumità personale e collettiva. L'esistenza di una regolamentazione interna rafforza la posizione datoriale e consente una valutazione proporzionata tra il comportamento contestato e la sanzione irrogata.
Meno frequenti, invece, i licenziamenti validati per uso personale minimo e non recidivo, o in assenza di costi o danni dimostrabili. In questi casi, i giudici hanno valorizzato i principi di proporzionalità e gradualità, privilegiando richiami o sanzioni inferiori con l'obiettivo di rieducare il lavoratore e prevenire nuove infrazioni.
Nell'esame della responsabilità disciplinare, è essenziale distinguere tra il cellulare conferito dall'azienda per scopi professionali e il dispositivo privato del lavoratore. L'uso improprio del telefono aziendale, se finalizzato a interessi estranei alle mansioni assegnate - specialmente laddove comporti costi aggiuntivi o violazione delle policy interne - viene trattato con estrema severità dai giudici. Il telefono di servizio, infatti, è qualificato come strumento di lavoro; il suo abuso rappresenta un inadempimento contrattuale e, in taluni casi, un danno patrimoniale:
Le policy di utilizzo degli smartphone sul luogo di lavoro derivano da una pluralità di fonti:
| Finalità della Regola | Strumento | 
| Tutela produttività | Lettera di divieto - Regolamento aziendale | 
| Salvaguardia sicurezza | Policy su attrezzature e macchinari | 
| Rispetto privacy | Manuale procedure su foto/video | 
Per la gestione di comportamenti che violano le policy interne sull'uso del cellulare, la procedura disciplinare prevede diversi step graduati secondo il principio di proporzionalità tra infrazione e sanzione. In primo luogo, è necessario che il datore dimostri l'esistenza di una regola chiara, comunicata e condivisa con il lavoratore. La contestazione, secondo l'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, deve essere tempestiva, specifica e circostanziata:
Alla base della decisione disciplinare devono figurare prove documentali (segnalazioni scritte, rapporti testimoniali, dati di accesso alle reti aziendali, immagini di videosorveglianza con modalità rispettosa della privacy).
L'intero iter deve essere tracciato e accompagnato dal diritto di difesa riconosciuto al lavoratore, a tutela sia degli interessi della persona sia del principio di affidabilità procedurale richiesto dalla normativa italiana.