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Direttiva case green e pesanti obblighi per le case italiane: ora può cambiare dopo modifiche blocco auto 2035 Ue

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Dopo la proroga del blocco delle vecchie auto nell'Ue al 2035, si auspica un allungamento dei tempi anche effettuare lavori di efficientamento energetico in case più inquinanti come previsto dalla direttiva case green Ue

Nel contesto delle recenti politiche europee sulla transizione energetica, il panorama normativo italiano si sta evolvendo rapidamente. Tra le principali novità, si discute molto sugli effetti delle direttive UE che riguardano sia la mobilità sostenibile sia la trasformazione del patrimonio immobiliare. In particolare, le modifiche alle tempistiche del blocco delle auto a combustione in Europa stanno influenzando anche gli equilibri delle future strategie in ambito edilizio. L’attenzione si concentra ora sui possibili adattamenti della cosiddetta “direttiva sulle case green”.

Il nuovo scenario europeo: stop alle auto a combustione e revisione delle scadenze UE

L’Unione Europea ha fissato per il 2035 il termine ultimo per l’immissione sul mercato di nuove auto con propulsione esclusivamente a combustione. Tuttavia, il dibattito politico e industriale dell’ultimo anno ha portato a delle rivalutazioni e possibili proroghe, soprattutto nei confronti dei veicoli diesel Euro 5.

Il rinvio del blocco per queste particolari categorie al 1° ottobre 2026, anziché al 2025, mostra come le necessità di realismo economico e sociale stiano incidendo sulle strategie ambientali di Bruxelles.

Direttiva Case Green: cosa prevede davvero e chi è coinvolto

La cosiddetta direttiva Ue sulle "case green", formalmente la Energy Performance of Building Directive (EPBD, 2024/1275), è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale UE e impone agli stati membri un percorso di adeguamento energetico del patrimonio edilizio. L’obiettivo principale è riduire progressivamente le emissioni di CO2 da parte degli edifici, responsabili di una quota significativa del consumo energetico europeo.

La EPBD prevede che ogni Stato:

  • riduca i consumi medi di energia primaria degli immobili residenziali del 16% entro il 2030,
  • raggiunga una diminuzione dal 20 al 22% entro il 2035,
  • ottenga almeno il 55% di tale riduzione attraverso il rinnovo degli edifici con le prestazioni peggiori.
Rispetto alle prime versioni, la norma definitiva permette ai singoli Stati una certa flessibilità, abbandonando l’obbligo di passaggio per "classi" energetiche indicate con le lettere (da G ad A) per passare invece a misure più pragmatiche legate al consumo effettivo. Gli edifici oggetto delle nuove regole includono sia il comparto residenziale che quello commerciale, con attenzione particolare agli immobili più vetusti ed energivori.

Sono previste importanti deroghe:

  • edifici storici o di pregio,
  • abitazioni con superficie inferiore a 50m2,
  • seconde case e particolari contesti socio-economici,
  • casi in cui gli interventi sarebbero sproporzionati rispetto al valore dell’immobile.
Anche gli edifici di nuova costruzione sono coinvolti: dal 2030 dovranno essere a emissioni zero. Il processo è affiancato da un sistema di monitoraggio basato sulla certificazione della performance energetica e da una progressiva eliminazione delle caldaie a gas tradizionali, con termine ultimo fissato al 2040.

Obblighi e scadenze per l’adeguamento energetico in Italia

Il recepimento della direttiva europea comporta obblighi stringenti per milioni di proprietari italiani. Entro gennaio 2026 (al momento) l’Italia dovrà stabilire, con apposito decreto, il proprio piano nazionale di ristrutturazione, fissando gli step intermedi per raggiungere gli obiettivi UE.

Nel dettaglio, si prevedono le seguenti scadenze principali:

  • Entro il 2030: dovrà essere garantita una riduzione media del 16% dei consumi rispetto ai valori di riferimento dei decenni passati.
  • Ulteriori target sono previsti per il 2035, con una soglia di riduzione tra il 20 e il 22%.
Il percorso riguarderà inizialmente circa 5 milioni di abitazioni energivore: queste saranno oggetto delle prime campagne di rinnovamento. Il legislatore dovrà valutare con attenzione la gradualità, dato che circa il 60% degli edifici residenziali italiani risulta ancora in classe F o G. La legge italiana potrà poi modulare le tempistiche in funzione delle caratteristiche regionali (clima, urbanizzazione, tipologie edilizie) e delle condizioni del mercato del lavoro e delle forniture (manodopera e materiali disponibili).

Con l’entrata in vigore delle norme, non si prevede al momento il divieto di vendere o affittare immobili non adeguati; tuttavia, alcune versioni della direttiva hanno lasciato intendere che i governi possano prevedere restrizioni nel lungo termine e sanzionare il mancato rispetto degli standard di efficientamento.

Sanzioni, deroghe e il possibile impatto economico sulle famiglie italiane

La normativa lascia agli stati membri il potere di adottare sistemi sanzionatori "efficaci, proporzionati e dissuasivi", ma ribadisce la possibilità di adattare le multe in relazione alle specifiche realtà nazionali.

Le principali deroghe, come già anticipato, riguarderanno:

  • immobili storici e di particolare valore architettonico,
  • secondi immobili non frequentati con costanza,
  • case molto piccole o soggette a condizioni di mercato particolari.
Il rischio più consistente per molte famiglie appare non solo quello dei costi elevati che dovranno sostenere per rendere più ‘nuove' ed efficienti le proprie case ma anche quello della svalutazione degli edifici energy-inefficient. Con la progressiva diffusione degli immobili riqualificati, i beni che non saranno adeguati agli standard tenderanno a perdere valore, risultando meno appetibili sul mercato.

La strategia italiana ed europea per incitare a fare lavori in casa dovrebbe prevedere diversi incentivi economici per i cittadini proprietari di immobili. Al momento nulla in merito è stato annunciato nè tanto meno predisposto e l'auspicio è che proprio la proroga del blocco delle auto più vecchie possa implicare un contestuale allungamento dei tempi per adeguarsi alle direttive in materia di case green.

Dunque, in linea con gli altri partner UE, anche per il patrimonio immobiliare non si escludono ulteriori slittamenti delle scadenze, specialmente se l’impatto sociale e occupazionale dovesse risultare eccessivo. L’Italia, durante i negoziati europei, ha chiesto già diverse volte una maggiore flessibilità, ottenendo l’inserimento in direttiva di una clausola di revisione biennale e di un "freno d’emergenza" legato a crisi economiche o energetiche.



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