Le testimonianze raccolte su forum dedicati e portali del settore restituiscono un quadro disilluso sulle guardie giurate ma non privo di dignità.
Lavorare nella vigilanza privata significa presidiare banche, centri commerciali, infrastrutture strategiche, vigilare su trasporti valori, gestire situazioni a rischio, operare in orari notturni o durante festività con un livello di allerta costante.
Nonostante il carico psicofisico, il trattamento riservato agli operatori del comparto è, secondo molti diretti interessati, inferiore rispetto all'impegno richiesto. Il contratto collettivo nazionale applicato è considerato tra i più fragili d'Italia in termini di tutele e retribuzioni. La paga base oraria per una guardia giurata armata si aggira tra i 6 e i 7 euro netti, mentre gli straordinari diventano un modo per gonfiare stipendi che altrimenti rimarrebbero bassi. A cui si aggiungono turni spezzati, notti consecutive, riposi saltati, chilometri percorsi in solitaria a qualsiasi ora e, spesso, assenza di progressioni di carriera o riconoscimenti economici per l'anzianità o le competenze acquisite. Approfondiamo in questo articolo:
Secondo un'inchiesta pubblicata nel 2024 da Vigilanza Privata Online, cresce il numero di giovani che rifiutano di intraprendere questa carriera, scoraggiati da compensi non allineati al costo della vita, orari usuranti e la percezione diffusa che si tratti di un lavoro di passaggio più che una vera professione. Le stesse aziende lamentano difficoltà a reperire personale motivato e formato, ma senza mettere in campo soluzioni strutturali, come aumenti salariali o percorsi di valorizzazione professionale.
C'è però anche chi, pur riconoscendone i limiti, difende con orgoglio il proprio mestiere: “Siamo la prima barriera tra il crimine e il cittadino - racconta un vigilante armato attivo da 15 anni a Bologna -, e anche se nessuno ci applaude, sappiamo che ogni notte portiamo a casa un pezzo di sicurezza collettiva.” Una motivazione che va oltre la paga e le condizioni, ma che da sola, nel lungo periodo, non può più bastare.
Nel medio termine, la vigilanza privata rischia una vera e propria crisi di sostenibilità occupazionale. Il turn-over è elevatissimo, i giovani disertano i concorsi, le aziende faticano a mantenere livelli di servizio dignitosi. Non si tratta solo di un problema salariale: è il complesso dell'architettura normativa, contrattuale e gestionale che appare obsoleto rispetto alle esigenze di mercato e alle aspettative di chi lavora. Il contratto nazionale è scaduto da anni, e le trattative per il rinnovo si arenano su nodi economici che nessuna delle parti sembra voler sciogliere.
A oggi lavorare nella vigilanza resta una scelta spesso dettata dalla necessità, più che dalla convinzione.