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Fatture taxi gonfiate per pagare meno tasse e non esiste nessun controllo e possibilità di verifica GdF e AdE

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Ccontrolli GdF, AdE

Le ricevute classiche, compilate a penna, sono considerate carta straccia e non hanno valore fiscale per l'Agenzia delle entrate.

Il caso di Sabrina di Stefano, manager di Fincantieri, che ha chiesto a un tassista romano di gonfiare la ricevuta e, di fronte al rifiuto, ha reagito con insulti, non è isolato. Roberto Mantovani, noto come Red Sox, tassista bolognese impegnato contro i colleghi "No Pos" e intervistato da Emanuela Giampaoli per il quotidiano la Repubblica, racconta episodi simili.

A differenza di molti altri casi, quello della manager si è concluso con il licenziamento grazie al video che ha ripreso la scena e ha spinto Fincantieri a interrompere il rapporto di lavoro con la dirigente. Ecco alcuni dei passaggi più interessanti:

  • Il fenomeno delle ricevute gonfiate nei taxi per pagare meno tasse
  • Le difficoltà dei controlli di Guardia di finanza e Agenzia delle entrate

Il fenomeno delle ricevute gonfiate nei taxi per pagare meno tasse

Commentando il caso della manager di Fincantieri, Roberto Mantovani sottolinea come il suo collega abbia reagito correttamente. Fortunatamente, la maggior parte dei clienti, di fronte a un rifiuto di gonfiare la ricevuta, si limita a esprimere dissenso senza insultare, spesso con frasi del tipo "ma cosa le costa?".

Per Mantovani, il fastidio è enorme, sia che si tratti di tentativi di frode ai danni di aziende private che pubbliche, poiché si tratta sempre di rubare. Nel settore pubblico, aggiunge, la situazione è peggiore, perché si tratta di denaro pubblico.

Mantovani spiega che queste richieste sono quotidiane. Non solo è all'ordine del giorno la richiesta di gonfiare la ricevuta, ma c'è anche chi pretende ricevute in bianco. Lui, invece, si diverte a compilarle nei minimi dettagli: data e ora esatta, tragitto preciso, chilometraggio. Durante i turni notturni, spesso incontra clienti che si fanno accompagnare in giro alla ricerca di escort e poi chiedono di segnare un orario diurno sulla ricevuta. In questi casi, non può trattenersi dal dire: "Ma lei davvero vuole farsi rimborsare questa cosa?". Di solito, i clienti ammutoliscono.

Molti colleghi di Mantovani, per cui è in corso il dibattito sui guadagni reali, sarebbero complici di queste truffe. Per una mancia di 20 euro, gonfiano il costo della corsa e distribuiscono ricevute in bianco. A Milano e Roma, esiste persino una compravendita di blocchetti di ricevute. I clienti usano la metropolitana e lucrano sul rimborso spese.

Le difficoltà dei controlli di Guardia di finanza e Agenzia delle entrate

Le ricevute classiche, compilate a penna, sono considerate carta straccia e non hanno valore fiscale. Dovrebbero indicare almeno il numero del taxi o della licenza, ma pochi lo fanno. La ex cooperativa di Mantovani ha creato un sistema di ricevute di qualità, con dati reali e precisi al momento del pagamento, ma non è obbligatorio usarle. Ora che è autonomo, Mantovani usa blocchetti acquistati dal tabaccaio, perché non esistono alternative.

Nessuno ha mai controllato le sue ricevute. Né le aziende né l'Agenzia delle entrate possono verificare la veridicità delle ricevute se non è indicato il tassista e il numero di licenza. L'unica soluzione praticabile, secondo Mantovani, è quella di utilizzare le carte di credito. Molte aziende hanno iniziato a richiederlo e i clienti più giovani tendono a preferirlo. Questa rimane una strada in salita.

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