La Corte di Cassazione ha affrontato più volte la questione del controllo a distanza dei dipendenti tramite Gps, delineando i confini entro cui tale pratica è legittima.
L'implementazione di dispositivi di localizzazione geografica (GPS) sui mezzi di trasporto aziendali rappresenta una prassi sempre più frequente tra le imprese che desiderano razionalizzare la gestione del parco veicoli, incrementare l'efficienza operativa e salvaguardare i propri beni strumentali e il personale. In alcuni casi, questi sistemi vengono adottati semplicemente per monitorare l'attività lavorativa. Tuttavia, l'utilizzo di tali tecnologie solleva interrogativi significativi riguardo alla protezione della riservatezza dei collaboratori e ai vincoli giuridici che il datore di lavoro deve rispettare nel supervisionare le attività dei propri dipendenti.
La regolamentazione relativa al monitoraggio a distanza dei lavoratori è disciplinata dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, successivamente modificato con le riforme del mercato del lavoro. Questa disposizione stabilisce che l'installazione di apparecchiature che possano consentire un controllo remoto dell'attività lavorativa è ammessa esclusivamente per necessità organizzative, produttive, per garantire la sicurezza sul luogo di lavoro o per tutelare il patrimonio aziendale.
L'implementazione di tali tecnologie richiede un accordo preventivo con le rappresentanze sindacali o, in mancanza di questo, l'autorizzazione dell'Ispettorato nazionale del lavoro. È importante sottolineare che le informazioni raccolte attraverso questi strumenti possono essere utilizzate per fini disciplinari solo se il dipendente è stato preventivamente informato sulle modalità di utilizzo dei dispositivi e sulle procedure di controllo.
Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) impone ulteriori requisiti per il trattamento dei dati personali raccolti mediante sistemi di geolocalizzazione, richiedendo che tale trattamento rispetti i principi di liceità, correttezza e trasparenza, oltre a limitare la raccolta dei dati allo stretto necessario rispetto alle finalità dichiarate.
La Suprema Corte ha esaminato ripetutamente la questione del monitoraggio a distanza dei collaboratori tramite dispositivi GPS, definendo i limiti entro cui tale pratica può considerarsi legittima. I giudici di legittimità hanno evidenziato che l'utilizzo di sistemi di localizzazione geografica è consentito solo se rispetta i principi di proporzionalità e necessità, evitando un tracciamento continuo e invasivo che potrebbe compromettere la dignità e la privacy del lavoratore.
In diverse pronunce, la Cassazione ha sottolineato l'importanza di trovare un equilibrio tra le esigenze aziendali di organizzazione e controllo e il diritto alla riservatezza del dipendente. Ad esempio, in una recente sentenza, i giudici hanno stabilito che l'uso del GPS per verificare l'effettiva presenza del lavoratore sul luogo di lavoro assegnato è legittimo, purché tale controllo sia proporzionato e non costante.
La giurisprudenza ha inoltre chiarito che i dati di localizzazione raccolti non possono essere utilizzati per valutare la produttività o l'efficienza del lavoratore, ma solo per le finalità espressamente indicate e comunicate al dipendente.
L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha emanato diversi provvedimenti riguardanti l'impiego dei localizzatori GPS sui veicoli aziendali. In un caso significativo, ha sanzionato un'impresa di autotrasporto per aver condotto un monitoraggio non autorizzato delle attività lavorative di circa 50 dipendenti mediante sistemi di geolocalizzazione, violando i principi di necessità, pertinenza e non eccedenza stabiliti dalla normativa sulla protezione dei dati.
Il Garante ha ribadito che l'adozione di tecnologie avanzate per il monitoraggio deve avvenire nel rispetto delle normative sulla privacy, prevenendo sanzioni e assicurando un'adeguata protezione delle informazioni personali. Le aziende devono quindi:
Tuttavia, la Corte ha anche evidenziato l'importanza di informare adeguatamente i dipendenti sull'installazione e sull'utilizzo di tali dispositivi. Questa decisione si allinea con i principi generali del diritto europeo, che richiede un bilanciamento tra gli interessi legittimi del datore di lavoro e i diritti fondamentali dei lavoratori.
L'implementazione di sistemi di geolocalizzazione sui mezzi aziendali deve rispettare alcuni limiti ben definiti per essere conforme alla normativa vigente:
L'installazione e l'utilizzo di dispositivi di localizzazione in violazione delle norme può comportare diverse conseguenze negative per il datore di lavoro: