I docenti che prestano servizio durante l’orario della mensa scolastica non hanno diritto a un pasto completo: cosa ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n.2844 del 17 luglio 2025
Tra i principali temi di attenzione nel comparto scuola emerge da anni la delicata questione del diritto al pasto durante il servizio. Personale docente e ATA si trovano ad affrontare regole differenti riguardo all’accesso a mensa gratuita e ai buoni pasto, generando disomogeneità e aspettative spesso disattese.
La legislazione italiana individua in modo puntuale i soggetti aventi diritto a consumare il pasto gratuito nelle scuole, dove sia attivo il servizio di refezione.La regola stabilita dal contratto collettivo nazionale della Scuola è la seguente:
Il diritto alla mensa gratuita stabilita per i docenti non si traduce automaticamente nel diritto a un pasto completo con menu fissato. Già diverse ordinanze della Cassazione hanno evidenziato come la prestazione ha natura assistenziale e non retributiva: il suo fine è assicurare continuità al servizio educativo e tutelare il benessere lavorativo, non offrire una controprestazione economica né un indennizzo sostitutivo.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19895/2025, il diritto dei docenti e ATA verte esclusivamente sulla fruizione della mensa gratuita, non su un pasto strutturato su più portate o con menu standard. Le linee guida emanate a livello nazionale sulla ristorazione scolastica non hanno valore cogente, ma rappresentano solo orientamenti.
La stessa pronuncia della Cassazione ha anche chiarito che:
Allo stato attuale, il CCNL Scuola non prevede i buoni pasto come diritto per docenti e personale ATA, pur riconoscendo in determinati casi, come a inizio pezzo accennato, il pasto gratuito durante l’orario di servizio.
L’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) ha ribadito che la mensa può essere fruita solo per esigenze di servizio e non comporta in automatico l’attribuzione di voucher o ticket alimentari. Dal canto suo, il Ministero dell’Istruzione, nel più recente Atto di Indirizzo, ha confermato l’esclusione dei buoni pasto per il personale della scuola anche per il prossimo triennio, privilegiando il rafforzamento della retribuzione tabellare rispetto a benefit accessori nei limiti delle risorse disponibili.
Solo alcune realtà regionali, come la Provincia autonoma di Trento, prevedono la distribuzione di card elettroniche per l’accesso a servizi sostitutivi di mensa al personale scolastico, evidenziando la natura frammentaria del quadro normativo.
A differenza degli altri dipendenti pubblici, chi fa parte del personale scolastico, sia insegnanti che Ata, non ha diritto ad avere i buoni pasto, per acquistare prodotti alimentari o un pasto.
L’assenza di un diritto generalizzato ai buoni pasto per docenti e ATA determina una forte disparità all’interno del settore scolastico e tra le diverse aree geografiche. In alcune realtà, come il Trentino-Alto Adige, si adottano soluzioni alternative, carte elettroniche per servizi sostitutivi di mensa, mentre in altre aree tali strumenti sono assolutamente assenti, creando forti disequilibri tra dipendenti della stessa amministrazione pubblica.
Le differenze non sono solo regionali, ma riguardano anche le specificità delle mansioni: