Tra rischio percepito e realtà, il panorama dei risparmi italiani mostra criticità nascoste anche nei portafogli più diversificati. Esposizione azionaria, volatilità e strategie di gestione tracciano il futuro del patrimonio delle famiglie.
Il panorama degli investimenti delle famiglie italiane ha subito trasformazioni significative negli ultimi anni, contraddicendo luoghi comuni che le vedono concentrate esclusivamente su titoli di Stato ed obbligazioni. La ricerca condotta da Pimco, player dell'asset management, illumina una realtà inedita: la composizione degli asset detenuti, seppur all'apparenza bilanciata, nasconde un rischio azionario rilevante e poco percepito dalla maggioranza.
Questo studio si inserisce in un contesto dominato dall'attenzione crescente ai BTP e dalla propensione alla "diversificazione" tipica dei risparmiatori italiani, elemento ritenuto spesso garanzia di prudenza, ma che, alla prova dei dati, richiede analisi più approfondite e consapevolezza sui veri fattori di rischio.
L'analisi della struttura del patrimonio delle famiglie nel nostro Paese, condotta su dati dei Conti Finanziari di Banca d'Italia e secondo l'impostazione metodologica di Pimco, evidenzia la presenza simultanea di molteplici asset class all'interno dei portafogli: liquidità, fondi comuni, obbligazioni, assicurazioni e previdenza, azioni quotate ed il peso marcato delle aziende familiari. Tuttavia, l'elemento differenziante risulta essere la fonte della volatilità: oltre il 75% del rischio complessivo risiede nell'esposizione azionaria, a fronte di un 10% riconducibile agli strumenti a reddito fisso come i BTP e un 13% legato all'illiquidità.
Questi dati sfatano il mito dell'investitore "prudente", evidenziando come la vera leva dell'instabilità finanziaria non sia data dall'esposizione obbligazionaria, bensì dalla componente equity, spesso non dichiarata esplicitamente. In un contesto caratterizzato da rendimenti obbligazionari comprimibili e movimenti repentino dei mercati azionari, il portafoglio tipico risulta esposto a rischi strutturali ben maggiori di quanto solitamente percepito.
Nella valutazione della risk analysis, il tassello più rilevante è rappresentato dall'azienda di famiglia: questa componente equivale, in termine di struttura di rischio, a un investimento in private equity. Secondo lo studio, tale asset arriva a contare per il 25% sul valore complessivo dei portafogli, salendo al 37% per i nuclei più abbienti. Si tratta di una categoria d'investimento privata, illiquida e ad alta volatilità, in grado di incidere profondamente sul rischio aggregato.
Un dato eloquente emerge dall'andamento di questa componente nella crisi del 2008: il valore medio delle aziende familiari subì un decremento di circa il 50%, con tempi di recupero estremamente lenti. Questa caratteristica rende le imprese familiari un asset prezioso per funzione economica, ma nascosto per implicazioni rischiose, assimilabile a operazioni tipiche dei fondi di private equity per esposizione, dimensione e natura gestionale.
L'asset allocation tipica risulta solo apparentemente diversificata, perché la concentrazione del rischio azionario mascherata dalla presenza di aziende proprie influisce in modo determinante su volatilità e valorizzazione del capitale. Nel dettaglio, la quota attribuibile alle azioni e alla componente aziendale può innescare ampie oscillazioni patrimoniali, con conseguente esposizione a rischi inattesi. Le principali determinanti di questa instabilità sono:
Riconsiderare l'intero Pimco portafoglio famiglie italiane alla luce delle esposizioni reali implica l'adozione di metodologie evolute di risk management. Tra le opzioni strategiche emergono: