Lo stress sul lavoro può causare infarto: quando la Cassazione riconosce il risarcimento, il ruolo del datore e come si calcola il danno.
Negli ambienti professionali moderni, la pressione eccessiva derivante da ritmi intensi, carichi insostenibili e aspettative elevate rappresenta un fattore di rischio documentato per la salute dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda patologie cardiovascolari come l'infarto. Il quadro giuridico italiano individua lo stress da lavoro come una causa sempre più riconosciuta di infortuni e malattie professionali.
Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza della Cassazione ha posto particolare attenzione al legame tra condizioni lavorative usuranti e danni alla salute dei dipendenti, affermando la responsabilità dell'azienda qualora non siano state adottate adeguate misure di prevenzione in ottemperanza all'articolo 2087 del Codice Civile e al Decreto Legislativo 81/2008. In questo contesto, il tema "Stress da lavoro e infarto risarcimento" assume una portata sempre più rilevante, sia per la tutela dei lavoratori, sia per le ricadute su organizzazioni e società.
La Suprema Corte ha consolidato l'orientamento in base al quale uno sforzo professionale che generi uno stato di stress cronico può costituire infortunio sul lavoro, soprattutto quando sfocia in eventi acuti come l'infarto. Non è necessario che il danno derivi da un singolo episodio violento: l'accumulo di situazioni stressanti nel tempo viene pienamente considerato. Ai fini del riconoscimento del risarcimento, la Cassazione richiede che venga dimostrato un nesso causale tra le condizioni lavorative e il danno alla salute:
Nel procedimento volto all'ottenimento del risarcimento per un infarto connesso allo stress professionale, la prima responsabilità è quella di provare la correlazione causale tra l'esposizione al rischio lavorativo e la patologia insorta. Questa dimostrazione può basarsi su documentazione sanitaria, testimonianze, eventuali precedenti riconoscimenti di "causa di servizio" o valutazioni medico-legali dettagliate:
Il datore di lavoro è tenuto a garantire un ambiente sicuro sia dal punto di vista fisico che psicologico. Le sentenze più attuali chiariscono che la semplice presenza di misure formali non è sufficiente; è necessario un monitoraggio reale delle condizioni e l'attuazione di pratiche organizzative che riducano i fattori stressogeni. Questo implica l'obbligo di:
Una volta accertata la responsabilità datoriale, il danno indennizzabile copre una vasta gamma di conseguenze: dal danno biologico temporaneo e permanente, fino a quello morale e patrimoniale. Le più recenti pronunce riconoscono, in casi di malattie come l'infarto da sovraccarico lavorativo, anche il risarcimento per le sofferenze emotive patite, oltre che per i danni materiali:
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Tipologia di danno |
Descrizione |
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Danno biologico |
Compromissione della salute psico-fisica temporanea o permanente |
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Danno morale |
Sofferenza interiore, ansia e timori per il futuro derivanti dall'evento stressante o doloroso |
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Danno patrimoniale |
Perdita di reddito, spese mediche e riduzione della capacità lavorativa |
Un punto di rilievo è l'applicazione della thin skull rule: il responsabile del danno deve rispondere integralmente anche degli aggravamenti prodotti da eventuali fragilità preesistenti della vittima, a condizione che il danno sia conseguenza diretta e prevedibile dell'evento occorso. Questo orientamento amplia la protezione risarcitoria in caso di infarto connesso a stress lavorativo, evitando che particolari condizioni di salute del lavoratore costituiscano motivo di riduzione dell'indennizzo.