Le pressioni commerciali interne a Poste Italiane stanno trasformando il lavoro dei consulenti finanziari, soprattutto i più giovani, in una corsa stressante verso target di vendita.
Sindacati come UILPoste hanno acceso i riflettori su un fenomeno sempre più diffuso: la crescita delle pressioni finalizzate alla vendita di prodotti e servizi finanziari, che si riversano in modo importante sui lavoratori. I resoconti sindacali, le testimonianze raccolte nei podcast di categoria e le dichiarazioni pubbliche delineano un quadro fatto di obiettivi ambiziosi e monitoraggi continui della produttività. All'interno di questo contesto, si assiste a una trasformazione dei tradizionali ambienti lavorativi che rischia di mettere in secondo piano il benessere e la dignità delle persone, aprendo interrogativi sulla sostenibilità e i valori di riferimento che hanno storicamente accompagnato l'azienda.
Secondo le denunce più recenti, l'ossessione per il raggiungimento dei target commerciali rischia di minare la qualità della vita lavorativa, generando sentimenti di ansia e insoddisfazione tra i dipendenti, soprattutto tra i più giovani e meno esperti. Questa situazione, oggetto di attenzione da parte dei sindacati e degli osservatori, chiama in causa anche la missione etica e sociale di Poste Italiane, oltre ad avere ripercussioni sui clienti e sull'immagine pubblica della società.
L'esperienza lavorativa nei centri di consulenza e negli uffici della società, tradizionalmente considerata garanzia di solidità e sviluppo professionale, sta vivendo una rivoluzione. Le continue richieste di risultati e l'intensificarsi degli obblighi commerciali impongono ai dipendenti un ritmo serrato, scandito da monitoraggi giornalieri e da riunioni programmate spesso anche fuori orario. Schermi dedicati visualizzano costantemente le performance individuali e di gruppo, trasformando il lavoro in una corsa contro il tempo, in cui ogni contratto siglato rappresenta non solo un traguardo, ma anche una pressione supplementare verso il prossimo obiettivo.
Alcune delle testimonianze raccolte evidenziano come la cultura del confronto pubblico, tramite la pubblicazione di classifiche di produzione, alimenti la competitività interna oltre i limiti della collaborazione sana e costruttiva. Tale impostazione, secondo i rappresentanti sindacali, non solo accresce lo stress psicologico dei collaboratori, ma può generare un clima di sospetto e condizioni lavorative oppressive. I dipendenti riferiscono di essere chiamati a restare oltre l'orario stabilito per chiudere pratiche e inseguire risultati prefissati, con un impatto negativo sia sulla qualità del tempo personale sia sull'equilibrio vita-lavoro.
Nelle occasioni di formazione e aggiornamento, viene spesso riportato il fenomeno delle convocazioni al di fuori dell'orario lavorativo, senza alcun riconoscimento delle ore supplementari. L'effetto più evidente di questa prassi è l'aumento diffuso dei livelli di ansia e l'emergere di stress correlato alla professione. Il sistema premiante, infatti, tende a valorizzare più la quantità che la qualità delle relazioni commerciali, riducendo il valore della professionalità a una mera performance numerica su tabelle e grafici.
Il rispetto dei contratti nazionali di lavoro viene più volte richiamato dai sindacati, che lamentano l'insufficienza degli strumenti di tutela e di monitoraggio messi in campo finora dall'azienda. Il rischio percepito dai lavoratori è che la costante pressione possa trasformare l'ambiente in un luogo sempre più orientato al profitto a scapito della crescita personale e della motivazione intrinseca.
Tra i soggetti maggiormente esposti a queste dinamiche, spiccano i giovani apprendisti e i consulenti finanziari alle prime esperienze. Assunti con contratti di apprendistato che preludono ad una possibile stabilizzazione, questi collaboratori vivono una condizione di fragilità e spesso si trovano a dover conciliare aspettative altissime con la paura di non vedere riconfermata la loro posizione.
Analizzando il punto di vista dei sindacati, emerge come il percorso formativo previsto dal contratto rischi di trasformarsi in uno strumento di pressione eccessiva. Invece di favorire una crescita graduale delle competenze, si chiede ai giovani subito una forte produttività:
Stando ai dati raccolti nelle sedi sindacali locali e nelle filiali, sempre più giovani scelgono le dimissioni piuttosto che restare in contesti giudicati tossici o poco attenti alla valorizzazione del talento individuale. Il patto formativo che dovrebbe accompagnare gli apprendisti verso la stabilità si riduce, dunque, a una corsa ad ostacoli dove la qualità della formazione viene sacrificata in nome dell'efficienza aziendale. Questa dinamica rischia di penalizzare tanto l'azienda quanto le nuove generazioni di lavoratori, limitando la crescita di professionalità realmente motivate e preparate.
L'accumulo di stress collegato alla richiesta di raggiungere target sempre più sfidanti genera profonde ripercussioni sul clima lavorativo. Molti dipendenti manifestano stati di ansia diffusa, senso di inadeguatezza e, nei casi più estremi, il ricorso a percorsi psicologici di sostegno:
La perdita di motivazione e il senso di delusione che colpiscono coloro che avevano scelto Poste Italiane nel segno della stabilità e della crescita professionale, stanno lentamente minando la fiducia nell'ambiente di lavoro. Il risultato? Un'emorragia di talenti, in particolare giovani, che preferiscono rinunciare all'impiego piuttosto che subire un clima giudicato oppressivo. Questa situazione si riflette su tutto il tessuto aziendale, generando effetti a catena sull'efficienza e sull'immagine stessa della società.
Le pressioni interne non rimangono circoscritte ai dipendenti, ma si riverberano anche sulla clientela. I clienti si aspettano trasparenza, attenzione e personalizzazione nella scelta dei prodotti finanziari. Tuttavia, secondo le denunce raccolte, la spinta costante verso il raggiungimento degli obiettivi può compromettere questa relazione di fiducia.
Una focalizzazione eccessiva sui volumi rischia di indurre comportamenti poco aderenti alle esigenze reali dei clienti:
Alle denunce sindacali e alle tensioni interne, la direzione aziendale ha risposto richiamando il protocollo d'intesa sottoscritto nel 2013, integrato nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, finalizzato a garantire la dignità dei lavoratori e la coerenza con il codice etico. L'azienda sottolinea la presenza di un Osservatorio nazionale paritetico, incaricato di monitorare e prevenire dinamiche di eccessiva pressione commerciale.
Tuttavia, secondo la rappresentanza dei lavoratori, le riunioni dell'Osservatorio sono state poche e spesso inefficaci nell'affrontare in modo strutturale la questione. È stato comunque attivato un canale diretto per la segnalazione di comportamenti anomali da parte dei dipendenti. L'azienda si impegna a compiere ulteriori verifiche puntuali e a rafforzare i meccanismi interni di controllo e tutela.
Le organizzazioni sindacali, in particolare UILPoste, chiedono con fermezza che la persona venga posta al centro delle strategie aziendali. Le principali rivendicazioni includono: