Si attendono ancora i voti sugli ultimi emendamenti presentati, mentre l'approvazione della Manovra 2026 si vorrebbe chiudere prima di Natale
Con l’avvicinarsi della chiusura dell’anno, il dibattito sulla Manovra Finanziaria torna al centro dell’agenda politica ed economica italiana. Il testo, ancora in Commissione Bilancio al Senato, rappresenta il fulcro delle strategie di finanza pubblica su cui il Paese fonda le proprie priorità per il 2026.
Il rispetto delle tempistiche non è solo una questione procedurale: l’approvazione definitiva deve avvenire entro il 31 dicembre, pena l’attivazione dell’esercizio provvisorio, che imporrebbe allo Stato la gestione limitata della spesa pubblica. Entro questa scadenza, entrambe le Camere dovranno dare il via libera affinché la Manovra possa entrare in vigore dal 1° gennaio dell’anno successivo. Ogni ritardo, di conseguenza, potrebbe tradursi in ricadute rilevanti su programmi, mercati e cittadini.
L’iter di approvazione della Manovra 2026 coinvolge una serie articolata di passaggi, a testimonianza della complessità delle scelte strategiche che dovranno essere prese. Tutto inizia con la stesura e la presentazione della proposta governativa, che, dopo la cosiddetta “bollinatura” della Ragioneria di Stato, viene trasmessa alle Camere. Il Senato, secondo prassi alternata, è la prima sede di esame formale. Le Commissioni Bilancio danno avvio a un intenso ciclo di audizioni e approfondimenti tecnici finalizzati a migliorare e adeguare la proposta alle esigenze di sostenibilità e alle raccomandazioni europee.
In questa fase, le forze politiche parlamentari presentano gli emendamenti destinati a modificare, integrare o correggere quanto proposto dal Governo. Quest’anno, la discussione degli emendamenti è entrata nel vivo solo a dicembre: molte delle proposte, comprese oltre cento richieste di modifica, sono state dichiarate inammissibili, mentre altre attendono ancora il vaglio nei prossimi giorni in Commissione.
Dopodicchè, il testo aggiornato viene calendarizzato per l’approdo in Aula. L’obiettivo dichiarato è giungere al primo voto del Senato prima di Natale, così da permettere alla Camera dei Deputati di completare il secondo passaggio nel tempo utile. In questa fase finale, il testo viene generalmente “blindato”, ossia lasciato sostanzialmente invariato per evitare il ritorno tra i due rami e accelerare i tempi.
Il processo prevede anche il coinvolgimento della Commissione europea, che già a novembre ha formulato una valutazione positiva sul Documento programmatico italiano. Ogni passaggio è scandito da un fitto calendario di audizioni, votazioni e sintesi, il cui esito decide le sorti di interventi chiave in materia fiscale, previdenziale e di investimenti pubblici.
Il calendario di approvazione della manovra finanziaria quest’anno appare particolarmente serrato. La Commissione Bilancio al Senato ha annunciato che le prime votazioni sugli emendamenti potrebbero avvenire fra il 12 e il 14 dicembre, lasciando un margine stretto per un ulteriore dibattito in Aula. Il centrodestra sta lavorando per una "prima sintesi" che raccolga le proposte di modifica ritenute indispensabili, così da non compromettere il percorso verso il voto conclusivo.
Dopo il passaggio al Senato e il relativo voto, il testo, se approvato nei tempi previsti, sarà inviato alla Camera dei Deputati: qui si auspica un iter rapido grazie all’eventuale blindatura del provvedimento. Nel dettaglio, l’approdo a Montecitorio è calendarizzato per il 19 dicembre, lasciando agli ultimi giorni dell’anno la responsabilità del sì definitivo.
| Scadenza chiave | Evento |
| 12-14 dicembre | Prime votazioni emendamenti in Commissione Bilancio Senato |
| 15 dicembre | Possibile arrivo del testo in Aula al Senato |
| 19 dicembre | Avvio dell’esame alla Camera dei Deputati |
| Entro 31 dicembre | Approvazione definitiva per evitare esercizio provvisorio |
Qualora la tempistica non fosse rispettata, l’Italia rischierebbe di entrare nel regime di esercizio provvisorio: questa evenienza limiterebbe la gestione della spesa pubblica allo stretto necessario. Concretamente, ciò equivarrebbe al rinvio di ogni misura straordinaria e della possibilità di lanciare nuovi investimenti.
Le questioni ancora da sciogliere evidenziano la complessità della Manovra di quest’anno. Fra le tematiche più controverse rientrano le proposte di modifica (emendamenti) che toccano pensioni, politiche fiscali e la cosiddetta distribuzione di micro-norme, dette anche "mance", che rispondono a esigenze specifiche di partiti o territori.
Sul fronte previdenziale, parte della trattativa si concentra sui criteri di accesso anticipato, il riconoscimento dei lavori gravosi e altre misure correttive richieste dai vari gruppi politici. Le tensioni emergono inoltre sulla rimodulazione delle aliquote fiscali, in particolare sull’incremento dell'imposta regionale sulle attività produttive per gli istituti bancari, oggetto di intenso negoziato tra esecutivo e settore bancario.
Oltre alle tematiche di carattere generale, non mancano i cosiddetti "aiuti mirati" a vari settori: dall’agricoltura, con interventi per la filiera bufalina, alla cultura, con finanziamenti a progetti come il “museo del vino”, passando per contributi per programmi di mobilità studentesca come l’Erasmus italiano.
I partiti di maggioranza devono mediare, infine, trae esigenze di copertura derivanti da un tesoretto parlamentare di circa 100 milioni destinato a sostenere una platea ampia di microinterventi.
Tra gli emendamenti in discussione in Senato sulla Manovra 2026, diversi riguardano il rafforzamento dei sostegni alle famiglie e alle scuole. Risaltano due proposte prioritarie: l’istituzione di un buono fino a 1.500 euro per le famiglie che scelgono scuole paritarie—misura legata all’indicatore ISEE—e la previsione di libri gratuiti per ciascun alunno fino al termine dell’obbligo scolastico, con uno stanziamento richiesto di 525 milioni l’anno dal 2026.
Fra le altre misure oggetto di trattativa:
L’eventualità che la legge di bilancio per il 2026 non sia approvata entro la fine dell’anno comporterebbe l’attivazione automatica dell’esercizio provvisorio, uno strumento previsto dall’articolo 81 della Costituzione. In questa fase, la gestione delle risorse pubbliche si limita alle spese ordinarie e alle obbligazioni già assunte, impedendo qualsiasi erogazione per nuovi programmi o iniziative straordinarie.
Questo regime può essere concesso per decreto legge e per un periodo non superiore a quattro mesi complessivi. Le conseguenze rischiano di essere rilevanti sotto diversi aspetti: