I mutui a tasso variabile tornano più appetibili rispetto ai fissi, ma le banche frenano la loro offerta. Vantaggi, rischi, strategie di accesso e prospettive future per chi cerca la soluzione più adatta.
I mutui a tasso fisso hanno rappresentato la soluzione più scelta dai consumatori italiani, con percentuali che, tra il 2023 e la prima metà del 2025, hanno superato il 90% delle preferenze secondo i dati degli osservatori del settore. Questo orientamento è stato dettato da fattori quali la stabilità offerta dalla rata costante, la tutela contro i rialzi dei tassi d'interesse e le condizioni di incertezza macroeconomica, che hanno premiato la prudenza nelle scelte finanziarie delle famiglie.
Negli ultimi mesi, tuttavia, il contesto è cambiato grazie alle politiche monetarie della Banca Centrale Europea, che hanno introdotto nuovi tagli ai tassi ufficiali. Questa dinamica ha favorito una discesa dei parametri di riferimento dei mutui indicizzati, come l'Euribor, e una conseguente rinnovata attenzione verso le opzioni a tasso variabile. Il quadro attuale vede quindi una maggiore articolazione dell'offerta bancaria e una finestra di opportunità per chi valuta l'accesso al credito per l'acquisto di una casa, richiedendo un'analisi attenta delle alternative disponibili.
L'evoluzione dei tassi di interesse ha riportato il finanziamento a tasso variabile sotto i riflettori, soprattutto per chi cerca una rata iniziale più sostenibile. Nel 2025, per la prima volta dopo oltre due anni, i mutui variabili sono tornati ad avere un tasso annuo nominale (TAN) più basso rispetto ai corrispettivi a tasso fisso: nello specifico, per un mutuo ventennale, il TAN medio del variabile si è attestato intorno al 2,88%, contro valori prossimi al 2,98% per il fisso. Questa differenza, seppur contenuta su base mensile, determina un vantaggio economico sensibile nell'arco di più anni, come dimostra la rata mensile inferiore e il risparmio complessivo sui costi dell'operazione.
Le cause dietro questo cambiamento sono molteplici e vanno ricercate principalmente nel ciclo espansivo avviato dalla BCE a partire dal giugno 2024. I continui tagli ai tassi hanno permesso all'Euribor, parametro essenziale dei finanziamenti a tasso variabile, di scendere progressivamente. Nel maggio 2025, i tassi Euribor a un mese e a tre mesi sono scesi intorno al 2%, con previsioni che indicano una possibile ulteriore diminuzione entro la fine dell'anno.
Le banche hanno inoltre abbassato lo spread sui prodotti variabili, portando il differenziale medio sotto l'1% e rendendo gli strumenti a rata flessibile ancora più competitivi. È importante segnalare che, sebbene la convenienza sia tangibile soprattutto per chi stipula ora un nuovo mutuo, anche la possibilità di futura flessione dei parametri di riferimento, come stimano vari analisti, può offrire margini di risparmio aggiuntivi nei primi anni.
La scelta di un finanziamento con rata legata all'andamento dei mercati monetari comporta alcuni elementi di incertezza che non possono essere ignorati. Se oggi il valore dell'Euribor rende più sostenibile l'impegno economico iniziale, occorre considerare che questa tipologia di mutuo presenta un rischio di aumento della rata nel lungo periodo, in particolare in scenari caratterizzati da nuove tensioni finanziarie o da ripartenze dell'inflazione.
Per questa ragione è essenziale adottare strategie di prudenza, quali:
Nonostante la ritrovata convenienza dei prodotti a tasso variabile, la distribuzione di questi strumenti da parte degli istituti di credito rimane contenuta. Nei primi mesi del 2025, solo una quota minoritaria delle nuove erogazioni ha riguardato mutui a tasso variabile, mentre il fisso è rimasto prevalente. Questo atteggiamento riflette la crescente attenzione delle banche alla qualità del portafoglio crediti e alla sostenibilità delle rate per il cliente. Spesso, le proposte a tasso variabile risultano meno evidenziate o presentano condizioni di selettività più stringenti, con spread più elevati rispetto a quelli teoricamente praticabili sul mercato.
Il motivo risiede nella gestione del rischio di credito: il timore che un futuro rialzo dei tassi possa compromettere la capacità dei mutuatari di far fronte ai pagamenti induce gli istituti a preferire formule a rata fissa, giudicate più sicure dal punto di vista patrimoniale. Inoltre, le normative in materia di erogazione del credito richiedono valutazioni rigorose sulla sostenibilità della rata in base alle entrate disponibili e al valore dell'immobile ipotecato. Non di rado, le offerte a tasso variabile vengono concesse solo a clienti con un profilo di rischio particolarmente solido o per importi contenuti rispetto al valore dell'immobile. Questo restringe ulteriormente le possibilità di accesso a una platea più ampia di consumatori, specialmente giovani e nuclei familiari con risorse limitate.
La differenza tra tassi si traduce in variazioni concrete sulla rata mensile e sul costo totale del finanziamento. Prendendo alcuni esempi reali, ecco il confronto tra le due opzioni:
|
Scenario |
Importo |
Durata |
Tasso |
Rata mensile (€) |
|
Variabile |
100.000 |
30 anni |
2,33% |
386 |
|
Fisso |
100.000 |
30 anni |
2,93% |
417 |
|
Variabile |
160.000 |
20 anni |
2,88% |
878 |
|
Fisso |
160.000 |
20 anni |
2,98% |
885 |
|
Variabile |
150.000 |
30 anni |
2,58% |
599 |
|
Fisso |
150.000 |
30 anni |
3,00% |
632 |
Il vantaggio di una rata più bassa appare evidente, con risparmi che vanno dai 6 agli oltre 30 euro mensili, a seconda dell'importo e della durata. Sul periodo ventennale, la differenza può superare 1.900 euro; sulla trentennale, il divario cresce a oltre 11.000 euro. Tuttavia, nel caso del variabile, la maggiore incertezza richiede una valutazione attenta.
Per ottenere condizioni vantaggiose o modificare quelle in essere, sono disponibili diversi strumenti previsti dal quadro normativo vigente: