I conti deposito promettono rendimenti elevati, ma spesso i guadagni effettivi risultano ben inferiori. I motivi di questa discrepanza, analizzando tasse, costi, inflazione e diversi tipi di conto.
Negli ultimi anni, la percezione diffusa verso i conti deposito si è formata sulla base di tassi pubblicizzati dalle banche, spesso attrattivi soprattutto nelle campagne promozionali. Tuttavia, l'esperienza concreta degli utenti evidenzia un rendimento effettivo frequentemente inferiore rispetto alle aspettative iniziali.
Questa distanza tra tassi messi in evidenza nelle offerte commerciali e guadagni reali deriva da una molteplicità di fattori tecnici e normativi che vanno approfonditi per comprendere appieno la natura di questo strumento. Le condizioni di mercato, la struttura delle offerte e la complessità della fiscalità contribuiscono a generare una differenza sostanziale tra ciò che viene percepito all'apertura del rapporto e ciò che effettivamente si ottiene a fine periodo.
I conti deposito rappresentano strumenti bancari destinati alla gestione della liquidità con finalità remunerativa. Il sistema bancario italiano offre due varianti principali: conti deposito vincolati e conti deposito liberi. Entrambe le soluzioni sono accomunate dalla protezione del capitale fino a 100.000 euro, garantita dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, ma divergono in termini di accessibilità ai fondi e tasso d'interesse applicato. Si tratta di:
Il rendimento effettivo dei conti deposito subisce un drastico ridimensionamento a causa dell'imposizione fiscale e delle voci di costo accessorio. In Italia, l'aliquota fiscale sugli interessi è pari al 26%, prelevata direttamente dall'istituto bancario al momento dell'accredito degli interessi maturati.
Oltre all'imposta sugli interessi, occorre considerare l'imposta di bollo pari allo 0,20% annuo sulle giacenze superiori a 5.000 euro. Questo onere viene proporzionalmente calcolato in relazione al periodo di permanenza dei fondi sul conto. Alcuni istituti applicano anche commissioni di apertura o gestione, che possono incidere sul rendimento finale. Riassumendo:
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Importo depositato |
10.000 euro |
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Tasso lordo annuo |
3% |
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Interesse lordo maturato |
300 euro |
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Tassazione (26%) |
78 euro |
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Imposta di bollo (0,20%) |
20 euro |
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Interesse netto effettivo |
202 euro |
Il risultato, peraltro, potrebbe essere ulteriormente ridotto da:
Considerare il rendimento reale di un conto deposito significa valutare il tasso d'interesse al netto dell'inflazione. Dopo il 2022, la crescita dei tassi d'interesse nell'Eurozona non è stata sufficiente a compensare totalmente l'impatto dei prezzi in rialzo. Negli ultimi anni, nonostante un miglioramento dei tassi lordi sui depositi vincolati, questi sono spesso inferiori o appena allineati ai livelli d'inflazione.
Se il tasso d'inflazione supera il tasso di interesse netto del conto deposito, il potere d'acquisto dei risparmi si riduce. In scenari di inflazione sostenuta, la funzione più razionale del conto deposito riguarda la gestione della liquidità destinata a spese certe in breve termine.
Un esempio pratico:
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Tasso netto effettivo |
2,4% |
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Inflazione annua |
3,0% |
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Rendimento reale |
-0,6% |
Di conseguenza, anche nei periodi in cui il contesto dei tassi risulta favorevole, affidare importi rilevanti per lunghi periodi a un deposito bancario rischia di non preservare il potere d'acquisto. L'utilità del prodotto si conferma dove la priorità è la sicurezza, non il rendimento reale.
I due modelli di conto deposito offrono differenti livelli di rendimento, rischi e flessibilità. La scelta tra le due tipologie non può prescindere da esigenze di liquidità e orizzonte temporale dell'investitore:
Moltissime banche propongono tassi pubblicizzati particolarmente elevati, soprattutto per attirare nuovi clienti o liquidità. Nel dettaglio, tali condizioni promozionali sono quasi sempre soggette a limiti temporali stringenti (ad esempio primi 6-12 mesi), importi minimi o massimi vincolabili, oppure obblighi aggiuntivi come l'apertura contestuale di altri prodotti collegati.
I tassi promozionali vengono poi sostituiti da valori ben più bassi al termine del periodo promozionale. La concorrenzialità delle offerte decade se si considerano, a regime, i costi accessori e la fiscalità. Sono diffuse condizioni complesse e penalità implicite in caso di mancato rispetto delle regole dell'offerta. Facendo esempi concreti:
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Banca |
Tasso promozionale |
Durata promo |
Tasso a regime |
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IBL Banca |
3% |
3 mesi |
2,85% |
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ING |
4% |
12 mesi |
1,25% |
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Consorsbank |
3,5% |
5 mesi |
1% |
Dunque la distanza tra tassi illustrati nelle campagne e risultati reali ottenuti dagli utenti dipende dall'esaurirsi delle condizioni agevolate e dall'incidenza dei costi successivi.