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Conviene non pagare le tasse in Italia? Certamente sì, secondo gli ultimi dati

di Marianna Quatraro pubblicato il
Conviene non pagare tasse Italia

Quando e prchè risulta sempre più conveniente in Italia non pagare le tasse: ecco cosa emerge da recenti dati in merito

L’Italia si trova periodicamente al centro del dibattito europeo per quanto riguarda il tema del carico fiscale e della platea di chi effettivamente contribuisce al mantenimento della spesa pubblica.

Il non pagamento delle imposte, comunemente definito evasione fiscale, è un fenomeno diffuso che va ben oltre le mere infrazioni dei soliti “furbetti”, abbracciando dinamiche sociali e strutturali profonde. 

Chi paga davvero le tasse? I numeri, dati e percentuali sull’evasione e sulle dichiarazioni fiscali

L’analisi dei dati più recenti sui versamenti fiscali evidenzia una concentrazione elevatissima del carico tributario su una minoranza di contribuenti. Sono, dunque, pochissimi gli italiani che pagano le tasse sulla totalità dei soggetti considerati: su circa 59 milioni di residenti, solo 32,4 milioni presentano una dichiarazione dei redditi positiva, cioè pagano almeno un euro di IRPEF.

Il restante 45% della popolazione, circa 27 milioni di persone, non effettua alcun versamento fiscale diretto, generando una situazione in cui la spesa pubblica viene sostenuta prevalentemente da una minoranza.

Dagli ultimi dati emerge che:

  • Il 93,7% dell’IRPEF è versato da circa 20 milioni di soggetti.
  • Poco più del 15% dei dichiaranti, con redditi superiori a 35.000 euro annui, sostiene oltre il 63% dell’intero gettito IRPEF.
  • La fascia più bassa dei dichiaranti (fino a 15.000 euro) versa appena l’1,28% del totale IRPEF.
  • Sommando i contribuenti con redditi inferiori a 20.000 euro (oltre il 50% del totale), si arriva a meno del 7% dell’IRPEF raccolto.
Pagano sempre meno persone le tasse non solo per mera evasione, ma per impossibilità economica. Si tratta, infatti, anche di pensionati con assegni minimi, giovani, disoccupati e soggetti a carico familiare. Tuttavia, la quota di evasione stimata attorno ai 90-100 miliardi di euro annui (dati MEF e Corte dei Conti) resta significativa, con settori come l’autonomo, il commercio e il terziario tra i più esposti.
Tabella: Distribuzione percentuale dei versamenti IRPEF per fasce di reddito    
Reddito Fino 15.000€ ~40% dei dichiaranti 1,28% IRPEF
Fino 20.000€ 53% dei dichiaranti 6,2% IRPEF
Oltre 35.000€ 15% dei dichiaranti 63% IRPEF

L’analisi dei dati più recenti sull’evasione fiscale in Italia rivela un quadro strutturale di lungo periodo caratterizzato da tassi sensibilmente superiori alla media europea. Si stima che circa il 60% degli italiani non versi imposte dirette significative, mentre un ulteriore 24% si limiti al pagamento del minimo indispensabile per accedere ai servizi di base.

Ne consegue che solo una minoranza, corrispondente al 17% della popolazione, dichiara redditi annuali superiori ai 35.000 euro lordi, contribuendo in modo sostanziale al finanziamento del sistema. La seguente tabella sintetizza la distribuzione del carico fiscale per classe di reddito:

Classe di reddito annuale % contribuenti Contributo al gettito IRPEF
< 8.500 € ~40% Marginale/Nullo
8.501 € – 28.000 € ~35% Modesto
28.001 € – 50.000 € ~12% Significativo
> 50.000 € ~5% Preponderante

L’evasione, su cui gravano fenomeni come il sommerso, l’elusione tramite false dichiarazioni e raggiri contributivi nei confronti dell’INPS, si concentra in maniera decisa su segmenti professionali legati al lavoro autonomo, alle microimprese e ai settori informali, tra cui agricoltura, edilizia, commercio al dettaglio e servizi non regolamentati.

L’ISPAT e la Corte dei Conti stimano il tax gap italiano vicino ai 90-100 miliardi di euro l’anno, un valore che penalizza gravemente la sostenibilità del debito pubblico e la qualità della spesa sociale. 

Efficacia dei controlli fiscali in Italia: strumenti, limiti e risultati concreti

Se è vero che sono sempre meno gli italiani che pagano le tasse è anche vero che, pur avendo i diversi governi negli ultimi anni potenziato i sistemi di controlli e accertamenti fiscali, le attività di verifica e riscossione sono poco efficaci e quindi non incentivano (o, forse, spaventano) particolarmente. 

Ogni anno vengono svolti accertamenti su una minima parte del totale delle posizioni fiscali aperte: nel 2023, sono stati circa 300.000 i controlli, a fronte di oltre 40 milioni di contribuenti individuali e centinaia di migliaia tra imprese e partite IVA. Questo si traduce in una probabilità statistica di controllo inferiore all’1% per la maggior parte delle categorie.

Ciò non significa, ovviamente, che la situazione attuale e i dati sono un invito a non pagare le tasse, ma motivano il perchè si continua ad evadere. Manca attuazione reale ed efficacia delle 'pene'. 

I tempi sono sempre troppo lunghi, cartelle, sanzioni e interessi azzerabili o ridotti oltre la metà per le diverse rottamazioni che si susseguono, i pignoramenti complessi da trasformare effettivamente in realtà.

Negli ultimi anni sono stati introdotti numerosi strumenti di controllo, come la fatturazione elettronica, lo scontrino digitale e l’utilizzo dei dati bancari incrociati, ma le poche risorse pubbliche e i vincoli nell’incrocio dei dati personali per finalità di tutela della privacy riducono le percentuali di successo di tali strumenti, considerando che:

  • L’Agenzia delle Entrate gestisce un sistema articolato di controlli automatici, ma solo una minima percentuale delle dichiarazioni viene sottoposta a verifica approfondita.
  • La Guardia di Finanza, secondo i rapporti annuali, effettua ogni anno diverse decine di migliaia di accertamenti, ma il numero di soggetti controllati, in proporzione alla popolazione fiscale, rimane molto basso.
  • Sistemi come il redditometro e lo spesometro sono stati depotenziati o sospesi per ragioni di equità e privacy.
La conseguenza concreta è che il rischio di subire un accertamento o un controllo effettivo resta statisticamente modesto per la maggior parte dei contribuenti, soprattutto per le fasce di reddito medio-basso e per chi opera nel sommerso o in nero.

Cos’è successo con rottamazioni e sanatorie: numeri, ricadute e successo delle misure di recupero

Le misure di rottamazione delle cartelle e le sanatorie fiscali sono state tra gli strumenti più utilizzati dal legislatore per tentare di recuperare il pregresso evasivo senza inasprire eccessivamente i conflitti tra fisco e contribuente.

Negli ultimi dieci anni, sono stati varati numerosi provvedimenti di pace fiscale, con la possibilità di estinguere i debiti tributari pagando solo il capitale e riducendo gli interessi e le sanzioni e da ciò che emerge:

  • Nel triennio 2022-2024, l’adesione alle sanatorie è stata elevata ma il tasso di incasso effettivo si è spesso rivelato inferiore alle aspettative, a causa di rate non pagate o decadute.
  • Secondo il MEF, nel 2023 le somme iscritte a ruolo e teoricamente incassabili ammontavano a oltre 1.153 miliardi, ma la quota recuperata mediante sanatorie resta minoritaria (meno del 10%).
  • Le sanatorie hanno effetti positivi sul breve periodo (recupero immediato di liquidità), ma generano dibattito circa l’equità, inducendo parte dei contribuenti a posporre i pagamenti confidando in future dilazioni o condoni.

Sanzioni e rischi per chi non paga le tasse: multe, pignoramenti e quando scatta la vera convenienza

Sul piano amministrativo, le conseguenze del mancato pagamento delle imposte in Italia sono regolate da un sistema di sanzioni progressive. Le sanzioni pecuniarie variano, in caso di ritardo, dal 30% dell’imposta non pagata fino a percentuali superiori in caso di recidiva o frode accertata. A queste si sommano interessi moratori e spese di notifica e per:
  • Inadempienza di lieve entità: Per pagamenti tardivi o errori formali, è spesso possibile avvalersi del ravvedimento operoso, che consente la riduzione delle sanzioni effettuando il saldo tempestivo;
  • Mancato pagamento grave: Superati i termini previsti dalle cartelle di pagamento, si avvia la procedura di riscossione coattiva, che può culminare in pignoramenti di conti, stipendi o immobili;
  • Sanzioni penali: I comportamenti elusivi più gravi, come la dichiarazione fraudolenta, sono perseguibili penalmente con reclusione.
I tempi perchè effettivamente scattino tali multe e sanzioni, costringendo i contribuenti italiani ad essere adempienti, sono lunghissimi, per cui un soggetto piuttosto che pagare le tasse regolarmente, privandosi di soldi che altrimenti verrebbero utilizzati per spese familiari, evitare i dovuti versamenti, O li ritarda.

Stesso discorso vale per i pignoramento che, secondo gli ultimi dati, pur se minacciato, viene realmente stabilito solo dopo moltissimo tempo e, nei casi di ravvedimento del contribuente, può essere anche subito bloccato.

Precisiamo inoltre che, nei casi di nullatenenza formale, il rischio effettivo di pignoramento si riduce, motivo per cui la domanda sull’effettiva convenienza del mancato pagamento non ha una risposta universale e unica per tutti ma varia a seconda dei diversi casi e dei diversi soggetti coinvolti. 

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