In questo articolo cerchiamo di capire i rischi dei prestiti a leva e del mercato CLO negli Stati Uniti, le similitudini con il 2008, i crolli dei mercati internazionali per la crisi dei mutui subriprime, il ruolo dello shadow banking e le possibili conseguenze per banche e risparmiatori italiani.
L’instabilità dei mercati finanziari americani, alimentata dal recente incremento dei prestiti a leva e da una nuova ondata di fallimenti bancari, sta riaccendendo memorie ancora vive della crisi finanziaria come il 2008.
Eventi quali i default improvvisi di operatori attivi nel credito privato e i segnali di stress nel sistema bancario degli Stati Uniti stanno sollevando interrogativi sulla sostenibilità del modello attuale e sui rischi connessi ai nuovi strumenti finanziari complessi.
Nell’attuale contesto, l’esposizione verso asset rischiosi viene sostenuta da debito, spingendo a livelli record l’indebitamento di aziende e fondi d’investimento.
In Italia cresce la preoccupazione tra investitori e risparmiatori per il possibile effetto contagio, in un momento in cui tassi elevati e volatilità dei mercati aumentano l’incertezza economica cittadina e globale.
Nell’ultimo decennio, il ricorso ai leveraged loans e la diffusione dei Collateralised Loan Obligations (CLO) hanno trasformato il profilo di rischio del sistema finanziario statunitense e globale. I leveraged loans sono prestiti concessi ad aziende con rating creditizio basso; spesso vengono “impacchettati” e rivenduti tramite CLO, veicoli che consentono la suddivisione del rischio tra diversi investitori istituzionali.
Tuttavia, l’improvvisa insolvenza di emittenti come First Brands ha dimostrato la fragilità di questi strumenti: una singola crisi aziendale si propaga rapidamente, producendo perdite miliardarie per i detentori delle tranche più rischiose dei CLO.
Alcuni dati:
Banche e assicurazioni, tramite esposizioni dirette o indirette, restano vulnerabili a shock che possono propagarsi rapidamente dalla periferia del mercato all’intero comparto finanziario.
Il credito privato ha superato i 2.500 miliardi di dollari a livello globale, sviluppandosi come sistema parallelo a quello bancario tradizionale.
Negli USA, la crescita di questo comparto ha replicato alcune dinamiche già osservate nell’epoca pre-crisi subprime:
Le differenze rispetto al passato vanno ricercate nella composizione degli attori in gioco: oggi i grandi fondi privati e i gestori patrimoniali hanno sostituito le banche nella raccolta e distribuzione del rischio.
Anche la platea degli investitori è cambiata: prodotti poco liquidi e spesso valutati solo tramite benchmark interni sono ora accessibili anche a soggetti non professionali.
In aggiunta, la presenza di asset non quotati e la mancanza di trasparenza diffusa possono amplificare il rischio di corse ai riscatti nei momenti di stress finanziario.
I rischi sistemici emergenti dal settore del shadow banking non riguardano solo gli operatori alternativi, ma minacciano anche la solidità delle banche tradizionali, a causa delle strette relazioni di finanziamento e della condivisione delle esposizioni. Oggi la finanza ombra rappresenta circa la metà degli attivi finanziari mondiali: fondi di private debt, veicoli strutturati, hedge fund e società di finanziamento operano in una zona grigia priva di regole rigorose, sfruttando la leva finanziaria e la carenza di trasparenza.
Il rischio di contagio si manifesta nel momento in cui una crisi di fiducia blocca la liquidità: i fondi potrebbero trovarsi costretti a vendere rapidamente asset poco liquidi, generando una spirale di svalutazioni che si riflette sui bilanci bancari. Inoltre, le linee di credito garantite da banche tradizionali e l’interconnessione tramite derivati e operazioni di finanziamento amplificano il potenziale effetto domino.
L’interconnessione tra mercati finanziari globali amplifica i canali di trasmissione dei rischi dagli Stati Uniti verso l’Europa e l’Italia. In particolare:
Le ricadute di una crisi dei prestiti a leva e del mercato del credito privato statunitense rischiano di manifestarsi anche per risparmiatori e investitori italiani. I principali canali di trasmissione potrebbero essere
Inoltre, le banche italiane – pur essendo più capitalizzate rispetto al passato – rimangono collegate ai circuiti finanziari globali anche attraverso la presenza di asset cartolarizzati e operazioni di credito sindacato. L’opacità deriva anche dalla difficoltà di valutazione dei rischi sottostanti e dalla limitata trasparenza informativa per gli investitori non professionali.
Per la clientela retail, la possibilità di subire perdite indirette su fondi multi-asset, ETF tematici e prodotti assicurativi legati al credito alternativo costituisce una minaccia potenzialmente sottostimata.