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Prestiti a leva e fallimenti bancari Usa: ritorna la paura del 2008. Quali rischi per Italia e risparmiatori italiani?

di Marcello Tansini pubblicato il
Prestiti a leva e fallimenti bancari Usa

In questo articolo cerchiamo di capire i rischi dei prestiti a leva e del mercato CLO negli Stati Uniti, le similitudini con il 2008, i crolli dei mercati internazionali per la crisi dei mutui subriprime, il ruolo dello shadow banking e le possibili conseguenze per banche e risparmiatori italiani.

L’instabilità dei mercati finanziari americani, alimentata dal recente incremento dei prestiti a leva e da una nuova ondata di fallimenti bancari, sta riaccendendo memorie ancora vive della crisi finanziaria come il 2008.

Eventi quali i default improvvisi di operatori attivi nel credito privato e i segnali di stress nel sistema bancario degli Stati Uniti stanno sollevando interrogativi sulla sostenibilità del modello attuale e sui rischi connessi ai nuovi strumenti finanziari complessi.

Nell’attuale contesto, l’esposizione verso asset rischiosi viene sostenuta da debito, spingendo a livelli record l’indebitamento di aziende e fondi d’investimento. 

In Italia cresce la preoccupazione tra investitori e risparmiatori per il possibile effetto contagio, in un momento in cui tassi elevati e volatilità dei mercati aumentano l’incertezza economica cittadina e globale.

Prestiti a leva e mercato CLO: come si stanno evolvendo i rischi sistemici

Nell’ultimo decennio, il ricorso ai leveraged loans e la diffusione dei Collateralised Loan Obligations (CLO) hanno trasformato il profilo di rischio del sistema finanziario statunitense e globale. I leveraged loans sono prestiti concessi ad aziende con rating creditizio basso; spesso vengono “impacchettati” e rivenduti tramite CLO, veicoli che consentono la suddivisione del rischio tra diversi investitori istituzionali.

Tuttavia, l’improvvisa insolvenza di emittenti come First Brands ha dimostrato la fragilità di questi strumenti: una singola crisi aziendale si propaga rapidamente, producendo perdite miliardarie per i detentori delle tranche più rischiose dei CLO.

Alcuni dati:

  • Secondo dati recenti, il mercato statunitense dei leveraged loans ha toccato il picco di 404 miliardi di dollari nel terzo trimestre 2025, con investitori che hanno spesso ricevuto i titoli in tempi brevissimi e con poche analisi sui soggetti sottostanti.
  • La rapidità delle operazioni e la scarsità di controlli approfonditi aumentano il rischio di accumulo di attivi illiquidi e non correttamente valutati nei portafogli degli operatori.
Quando il ciclo del credito si interrompe o emergono casi di default, le minusvalenze si estendono a catena sui fondi e sugli investitori istituzionali, come dimostrato dal crollo nei valori dei prestiti scambiati sul mercato secondario a pochi centesimi rispetto al valore originario.

Banche e assicurazioni, tramite esposizioni dirette o indirette, restano vulnerabili a shock che possono propagarsi rapidamente dalla periferia del mercato all’intero comparto finanziario.

Il boom del credito privato e dei leveraged loans: similitudini e differenze con la crisi subprime

Il credito privato ha superato i 2.500 miliardi di dollari a livello globale, sviluppandosi come sistema parallelo a quello bancario tradizionale.

Negli USA, la crescita di questo comparto ha replicato alcune dinamiche già osservate nell’epoca pre-crisi subprime:

  • espansione in aree poco regolamentate,
  • ricerca di rendimenti elevati in un contesto di tassi bassi,
  • opacità delle informazioni sui rischi reali degli strumenti finanziari venduti agli investitori istituzionali e retail.
Le somiglianze con la crisi dei mutui subprime emergono nella pratica della cartolarizzazione, nell’impacchettamento di prestiti a rischio elevato e nella diffusione di titoli che, in assenza di un collasso della fiducia, appaiono stabili e sicuri grazie ai modelli di rischio interni e alle valutazioni talvolta ottimistiche delle agenzie di rating.

Le differenze rispetto al passato vanno ricercate nella composizione degli attori in gioco: oggi i grandi fondi privati e i gestori patrimoniali hanno sostituito le banche nella raccolta e distribuzione del rischio.

Anche la platea degli investitori è cambiata: prodotti poco liquidi e spesso valutati solo tramite benchmark interni sono ora accessibili anche a soggetti non professionali.

In aggiunta, la presenza di asset non quotati e la mancanza di trasparenza diffusa possono amplificare il rischio di corse ai riscatti nei momenti di stress finanziario. 

Shadow banking, opacità e contagio: perché lo shock può propagarsi alle banche tradizionali

I rischi sistemici emergenti dal settore del shadow banking non riguardano solo gli operatori alternativi, ma minacciano anche la solidità delle banche tradizionali, a causa delle strette relazioni di finanziamento e della condivisione delle esposizioni. Oggi la finanza ombra rappresenta circa la metà degli attivi finanziari mondiali: fondi di private debt, veicoli strutturati, hedge fund e società di finanziamento operano in una zona grigia priva di regole rigorose, sfruttando la leva finanziaria e la carenza di trasparenza.

Il rischio di contagio si manifesta nel momento in cui una crisi di fiducia blocca la liquidità: i fondi potrebbero trovarsi costretti a vendere rapidamente asset poco liquidi, generando una spirale di svalutazioni che si riflette sui bilanci bancari. Inoltre, le linee di credito garantite da banche tradizionali e l’interconnessione tramite derivati e operazioni di finanziamento amplificano il potenziale effetto domino.

Meccanismi di trasmissione dei rischi dagli Stati Uniti all’Europa e all’Italia

L’interconnessione tra mercati finanziari globali amplifica i canali di trasmissione dei rischi dagli Stati Uniti verso l’Europa e l’Italia. In particolare:

  • La presenza degli investitori europei e italiani nei fondi di private credit e CLO statunitensi espone direttamente i portafogli continentali a dinamiche di svalutazione e corse ai riscatti.
  • Le banche europee forniscono finanziamenti e linee di credito ai grandi fondi globali, divenendo così vulnerabili alle crisi di liquidità negli USA.
  • Importanti banche d’affari e gestori transnazionali operano in entrambi i mercati, facilitando la trasmissione di eventuali shock.
  • L’eventuale carenza di dollari nei mercati globali può determinare un rialzo dei tassi di interesse nell’Eurozona e una ricaduta sugli spread dei titoli di stato italiani.
L’esperienza della crisi subprime dimostra come il deterioramento delle condizioni finanziarie negli Stati Uniti possa rapidamente manifestarsi in una contrazione del credito in Europa, con effetti su investimenti, consumo e stabilità bancaria. Il rischio di cross-contagion è aggravato dalle incertezze geopolitiche e dalla crescente esposizione dei risparmiatori europei a prodotti non tradizionali tramite canali meno regolamentati.

Le ripercussioni sui risparmiatori italiani: potenziali impatti su banche, obbligazioni e credito

Le ricadute di una crisi dei prestiti a leva e del mercato del credito privato statunitense rischiano di manifestarsi anche per risparmiatori e investitori italiani. I principali canali di trasmissione potrebbero essere

  • I portafogli bancari, esposti direttamente o tramite fondi comuni a strumenti finanziari strutturati e CLO.
  • Le obbligazioni emesse da istituti finanziari nazionali e internazionali, che potrebbero subire perdite in caso di stress sul sistema del credito globale.
  • La possibilità di una stretta generale nel mercato del credito bancario e privato, con impatto sul costo dei finanziamenti per famiglie e imprese italiane.
Storicamente, nei momenti di forte volatilità internazionale, si osserva un aumento del rischio associato ai titoli obbligazionari, che si riflette in spread e rendimenti.

Inoltre, le banche italiane – pur essendo più capitalizzate rispetto al passato – rimangono collegate ai circuiti finanziari globali anche attraverso la presenza di asset cartolarizzati e operazioni di credito sindacato. L’opacità deriva anche dalla difficoltà di valutazione dei rischi sottostanti e dalla limitata trasparenza informativa per gli investitori non professionali.

Per la clientela retail, la possibilità di subire perdite indirette su fondi multi-asset, ETF tematici e prodotti assicurativi legati al credito alternativo costituisce una minaccia potenzialmente sottostimata.

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